SIGNORI SI NASCE, NOBILI SI DIVENTA (PAGANDO) - DUCHI, CONTI E MARCHESI SONO DECADUTI 70 ANNI FA MA OGNI ANNO CI SONO 20MILA ITALIANI CHE METTONO MANO AL PORTAFOGLI O RICORRONO A TRUFFE PER ACQUISTARE UN TITOLO NOBILIARE

signori si nascesignori si nasce

1 - ECCO LA REPUBBLICA DEI NOBILI TAROCCATI

Fabrizio Boschi per “il Giornale”

 

«Lo sa cos'è questo circolo, lo vuol sapere cos'è? Ebbene glielo dico: è un letamaio, sì un letamaio! Insisto! E non gliel'ho detto prima lo sa perché? Perché sono un signore e signori si nasce; e io lo nacqui, modestamente!».

 

Totò nel film capolavoro del 1960 Signori si nasce interpretava il barone Ottone Spinelli degli Ulivi, detto Zazà. Quello stesso Totò che spese parte del suo patrimonio in studi genealogici e araldici al fine di ottenere i titoli di principe, conte Palatino, nobile e, addirittura, altezza imperiale, tanto che il suo nome lievitò esponenzialmente in Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, più semplicemente Antonio De Curtis.

 

signori si nasce 1signori si nasce 1

Chi meglio del principe della risata può rappresentare i destini dell'attuale nobiltà, termine ormai obsoleto e svuotato del suo antico significato? Anche in quel vecchio film Totò raccontava la vita di un nobile decaduto, che dopo aver dilapidato il patrimonio di famiglia, nonostante l'indigenza economica, continuava a vivere da nobile, alloggiando in un albergo e facendosi servire dal fedele (e mai pagato) maggiordomo Battista. La parodia perfetta di ciò che è accaduto veramente a molti nobili decaduti di oggi.

 

In Italia ci sono ancora oltre 7.500 famiglie nobili, per un totale di oltre 78mila persone concentrate perlopiù a Firenze (Antinori, Corsini, Frescobaldi, Guicciardini, Torrigiani), Milano (Borromeo, d'Adda, Melzi, Pallavicini, Sforza, Visconti), Venezia (Foscari, Giustinian, Trevisan, Tron, Venier), ma anche Roma, Torino, Napoli e Palermo. Circa un terzo rappresenta la nobiltà semplice, cioè senza titoli al di sopra di quello di nobile, due terzi, invece, possono sfoggiare titoli nobiliari superiori: principe (rappresentano circa il 6,5 per cento di tutti i titolati), duca (4 per cento), marchese ( 24 per cento), conte (oltre il 52 per cento), visconte (lo 0,1 per cento), barone (13 per cento).

toto?? aspiranti nobilitoto?? aspiranti nobili

 

I nobili di oggi mantengono il titolo ma hanno perso quasi completamente lo smalto di un tempo. Non assomigliano più nemmeno lontanamente a quelli di Roma antica, detti della «nobiltà di fatto», legata a funzioni di amministrazione. Una nobiltà di diritto si formò solo nell'XI secolo, ed era legata prevalentemente a funzioni militari e a privilegi legati al possesso di terre.

 

Tra le tradizionali prerogative nobiliari c'erano l'ammissione esclusiva ai più prestigiosi collegi professionali (dei giureconsulti, dei fisici, dei medici, etc.), l'esenzione dal pagamento delle tasse, il diritto di essere giudicati solo da nobili. Insomma per dirla alla Marchese del Grillo «me dispiace, ma io so' io... e voi nun siete un c…!». Noblesse oblige.

 

Eppure con il trascorrere dei secoli la pacchia è finita anche per loro. Durante il Regno d'Italia la nobiltà era regolata dallo Statuto Albertino («... i titoli di nobiltà sono mantenuti per coloro che vi hanno diritto; il re può conferirne dei nuovi») e i provvedimenti nobiliari erano suddivisi in due categorie: quelli reali (di grazia) e quelli ministeriali (di giustizia). I primi discrezionali, i secondi in applicazione di norme dello Statuto.

marchese del grillomarchese del grillo

 

Dall'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana e cioè dal 1º gennaio 1948 è cambiato tutto. I titoli nobiliari sono diventati pura facciata, privati di qualsiasi valore giuridico. Non possono più essere inseriti nei documenti di riconoscimento. Venne reso possibile però avere «cognomizzati i predicati», qualora antenati nobili avessero avuto titoli riconosciuti anteriormente al 28 ottobre 1922 (il giorno della marcia su Roma). Un esempio: se i trisavoli si fregiavano del titolo di principe di Collereale, nei documenti di Mario Rossi sarebbe stato possibile inserire Mario Rossi di Collereale.

 

Magra consolazione: fregiarsi di titoli nobiliari ereditari (specialmente per i «non nobili» nati dopo il 1948) risulta tutto sommato un anacronistico divertissement . Insomma, dopo la sconfitta della monarchia per la nobiltà è iniziato un rapido declino. Un destino ben rappresentato dalla fine dei Savoia, umiliati ed esiliati.

 

Il risultato è che oggi, a parte alcune antiche casate che vantano un sangue blu purissimo, è sopravvissuta una pallida imitazione relegata a dubbi riconoscimenti nobiliari da parte dello Stato, e ordini cavallereschi i cui nomi fanno venire in mente più un film di Fantozzi che un titolo di prestigio. In particolare l'ordine di San Giovanni di Gerusalemme, detto di Malta, continua ad ammettere nelle sue fila cavalieri di provata nobiltà, anche se nella categoria di «cavaliere di grazia magistrale» sono ammessi anche i non nobili che costituiscono la maggioranza dei membri dell'ordine.

marchese del grillo 1marchese del grillo 1

 

Ma la sostanza è ancora peggiore. Secondo l'ordinamento italiano i titoli nobiliari non solo non possono essere comprati o venduti (si trasmettono solo per discendenza) ma dall'entrata in vigore della Costituzione repubblicana sono decaduti e privi di ogni effetto giuridico. Allora che fare, se si nutre il sogno di diventare marchese, conte, duca, barone o cavaliere? Basta pagare.

 

La nobiltà tarocca è una pratica più diffusa di quanto si possa immaginare. Circa 20mila persone all'anno utilizzano questi stratagemmi per tingere di blu il loro sangue, aggiungendo, ad esempio, il prefisso De o ancor meglio De'. Come è il caso della famiglia De Benedetti: l'ex senatore Franco Debenedetti è fratello del super editore Carlo che però si scrive De Benedetti. Forse un errore da parte dell'ufficiale di anagrafe o forse la voglia dell'Ingegnere di darsi un tono araldico.

conte mascetticonte mascetti

 

Una piccola vanità condivisa con migliaia di connazionali, molti dei quali pur di vantare uno straccio di titolo sono perfino disposti a dichiararsi discendenti di quei «nobili della scaletta» che il 13 giugno 1946 re Umberto II di Savoia pare abbia nominato proprio sulla scaletta dell'aeroplano, pochi attimi prima di volare in Portogallo. Gli aspiranti nobili che invece non riescono neppure ad attaccarsi alla regia «scaletta», possono optare per il doppio cognome (il paterno e il materno).

 

Non serve ma fa comunque scena. Insomma, nonostante il mondo della monarchia sia solo un antico ricordo e la nobiltà ostentata oggi faccia quasi sorridere, sono evidentemente tanti coloro che ambiscono ad un titolo nobiliare da spiattellare in faccia ad amici e conoscenti. E per riuscirci sono disposti a spendere soldi o stringere contatti o garantire lauti finanziamenti a gruppi ed associazioni in grado di rilasciare roboanti attestati. Piccoli/medio borghesi desiderosi di inserire un titolo «nobile» nel proprio biglietto da visita o sull'elenco telefonico.

 

otello cellettiotello celletti

Roba utile solo ad aggiungere sul citofono di casa un gentilizio stemma di famiglia. Non necessariamente si tratta di persone frustrate o non realizzate. Spesso sono professionisti o facoltosi imprenditori attratti dal fascino della nobiltà. Anche molte vecchie star di Hollywood, per esempio, ne sono rimaste contagiate: Charlie Chaplin, Humphrey Bogart, Clark Gable, Anthony Quinn. Perfettamente inutile scandalizzarsi. Da decenni in Italia la pratica che più dovrebbe far rabbrividire è quella della richiesta di titoli di commendatore e cavaliere a politici di vario rango, i quali, sponsorizzano i futuri titolati, raccomandandoli alle commissioni preposte.

 

L'incorruttibile pizzardone Otello Celletti (Alberto Sordi) nel film Il vigile, ospite a una festa di nobiluomini, diceva al padrone di casa: «Io credo che, sotto sotto, siamo tutti un po' nobili...». E in Italia a pensarla come il vigile Celletti pare siano davvero in tanti.

 

2 - C’E’ UN SUPERMARKET PER TUTTE LE TASCHE: DA 40 EURO A 500 MILA

Fabrizio Boschi per “il Giornale”

 

duchi Serra di Cassano duchi Serra di Cassano

La corsa alle bufale blasonate è divenuta una vera e propria ossessione. C'è chi farebbe carte false e spenderebbe qualsiasi somma per fregiarsi di un titolo nobiliare, sebbene non suo. Ogni anno un esercito di italiani si affida a fantomatici «istituti di ricerca genealogica» con la speranza di trovare, se non un principe, almeno un marchese, fra i loro avi. Il web è pieno di siti che propongono l'acquisto legale di titoli nobiliari: ci vogliono, ad esempio, 900 sterline per fregiarsi del titolo di conte o duca su freebooter.com.

 

C'è poi royaltitles.net che propone vari titoli che vanno da barone o baronessa (il titolo più basso) a principe elettore reale e margravio (superiore a arciduca e inferiore solo a re, granduca o imperatore) passando per principe o principessa di Pomerania e Livonia, oppure se si preferisce marchese o conte.

I PRINCIPI BUCOLICI I PRINCIPI BUCOLICI


Tutti non meglio precisati titoli reali e nobiliari tedeschi che comprendono un pacchetto completo con la nomina a capitano dei lancieri di Pomerania e Livonia (o grand'ammiraglio di Pomerania e Livonia, feldmaresciallo ereditario di Pomerania e Livonia) e cavaliere o dama dell'ordine sacro militare di merito di Pomerania e Livonia. «Inclusa nel prezzo – spiegano – c'è la prestigiosa medaglia di merito di Livonia blu e oro, la Livonian Blue Max». Per qualsiasi di questi titoli, senza alcuna distinzione, bastano 199 euro. E per una coppia di titoli reali e nobiliari e una coppia di medaglie reali c'è pure lo sconto: 299 euro. Il tutto acquistato comodamente on line e ricevuto a casa bello impacchettato con soli 20 euro in più di spese di spedizione. 


Ma c'è di più. Su lairdofblackwood.org per sole 29,99 sterline (circa 41 euro) si può comprare il titolo di laird, lord o lady di Blackwood che come scrivono loro è «perfettamente legale, feudale e la proprietà della trama molto personale di terra in un podere in Scozia». Per finire c'è anche la possibilità di comprare a prezzi molto alti (anche 500mila euro per un duca) alcuni titoli nobiliari francesi da «La fondazione Svizzera dell'ordine dei cavalieri di Rondmons».

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Esistono poi decine di agenzie specializzate nell'attribuire titoli cavallereschi o nobiliari a cifre modeste (poche centinaia di euro). Patacche, certo, ma la sindrome di lord Brummell è virale con un'escalation di truffe e denunce da parte di chi, dopo aver sborsato fior di quattrini, ha scoperto che la pergamena nobiliare è solo un pezzo di carta. Normalmente i siti che chiedono il cognome promettendo di fornire informazioni sulla storia della famiglia sono una truffa, specie quelli stranieri.

 

C'è però anche un mercato regolare che prevede la cessione di titoli dietro pagamento di cifre consistenti. Fa parte di questa categoria, ad esempio, il conte Corrado Brunori di Senigallia in provincia di Ancona, che essendo l'ultimo discendente di una antica famiglia nobile risalente alla seconda metà del 1800 (per nomina papale) e avendo un'unica figlia femmina, ha deciso, da pochi mesi, di disfarsi del suo fregio araldico a patto che il titolo di conte venga acquisito da una persona di un certo rango. Per questo ha pubblicato un annuncio su internet: «Se realmente interessati per comprare un titolo nobiliare di conte contattare...» aggiungendo «sorry, no perditempo».

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Il costo varia a seconda della libertà di uso che verrà concessa al titolo (stemma, pubblicità, eccetera) e per questo il conte decaduto ha indetto un'asta privata presso lo studio del suo legale. Il titolo andrà al miglior offerente: per il momento ha ricevuto tre offerte la più bassa delle quali è di 150mila euro.

 

Niente in confronto ai 700 milioni di lire sborsati per ottenere il titolo di conte da Aldo Brachetti Peretti, magnate italiano del petrolio (presidente e ad dell'Api-Ip), proprietario dell'azienda vitivinicola «Il Pollenza» a Tolentino nelle Marche e villa di famiglia nel cuore del quartiere Pinciano a Roma.
 

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Rimane un dilemma: quale sia la soddisfazione di questi finti nobili. Perché una cosa è certa, i soldi potranno anche comprare tutto ma non la vita degli altri.

 

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