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“SILVIA ROMANO È VIVA” – LA POLIZIA KENIOTA NON HA DUBBI: LA VOLONTARIA ITALIANA DI 23 ANNI RAPITA MERCOLEDÌ “SI TROVA NELLA FORESTA IN MANO A TRE ASSALITORI. I RESPONSABILI SARANNO INDIVIDUATI IL PRIMA POSSIBILE” – A CHAKAMA, IL VILLAGGIO SPERDUTO DOVE LA RAGAZZA INSEGNAVA A DUE BAMBINI, SI INSINUA LA PAURA DELL’ABBANDONO: “QUI NON VERRÀ MAI PIÙ NESSUNO…”

Da "www.tgcom24.mediaset.it"

 

SILVIA ROMANO 2

"Silvia Romano è viva. Non abbiamo dubbi". A dirlo è Noah Mwivanda, comandante regionale della polizia di tutta la regione costiera kenyana, all'inviata di Repubblica. "Silvia si trova nella foresta, in mano a tre degli assalitori. Gli altri cinque sono scappati, e ne abbiamo perse le tracce. Di lei invece abbiamo la localizzazione e le impronte".

 

SILVIA ROMANO 1

La polizia keniota ha anche identificato tre sospetti coinvolti nella vicenda e ha offerto una ricompensa di un milione di scellini, pari a circa 9mila dollari, a chiunque fornirà informazioni utili sui rapitori. 

 

Le autorità hanno espresso ottimismo e hanno dichiarato che i responsabili verranno individuati "nel più breve tempo possibile". La ventitreenne italiana, Silvia Costanza Romano, è stata sequestrata mercoledì 21 novembre da un commando di uomini armati nella contea di Kilifi, sulla costa del Kenya.

silvia costanza romano

 

 

Francesco Battistini per il "Corriere della Sera"

 

Camera 7. Sul filo per stendere il bucato, di Silvia Romano ciondola un' ormai inutile maglietta nera filata e sottile con l' etichetta tricolore made in Italy: ultima ombra della ragazza milanese, che per tre mesi non aveva lasciato traccia di sé nemmeno nei registri dell' ambasciata italiana.

 

Nel cortiletto stretto stretto fra due muri di pietre a vista, oltre un tavolo di plastica tondo e uno di legno rettangolare, tre sedie da giardino verde e azzurre spaiate, la porta è chiusa con un ormai inutile lucchetto: l' unica protezione da una strada che Silvia credeva amica e in meno di dieci minuti invece, negli schiaffi e nelle urla e negli spari, l' ha fatta perdere dentro la foresta di Gilore tutt' intorno, oltre le rive del Galana, in Somalia, chissà dove.

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«Where are you, my friend?». L' amico Francis scrolla il display del telefonino - Silvia che scherza con un pareo, Silvia che nella foto del passaporto non sembra manco lei - e gli si ferma la voce. Può essere ovunque e in nessun luogo: Chakama è il nulla nel niente, uno sterrato ocra e ai lati le baracche d' un Kenya lontano dai resort briatoreschi di Malindi, ottanta chilometri in là. Per arrivare allo stradone e ai turisti che vanno ai safari, ai camion di cemento diretti in Uganda, a un po' di viavai di contadini, bisogna guidare tre quarti d' ora su un sentiero fangoso.

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Chakama è tre-rivendite-tre di ricariche per i cellulari (Dream Sounds Modern), uno spaccio, un paio di bar (Club Africa Lambrusco), una chiesetta chiusa, due uomini che giocano a dama e i ragazzi a guardarli, in mezzo la scuoletta gialloverde dei volontari.

 

Altro che Africa Milele, Africa per sempre: il mondo che Silvia voleva aiutare è un posto che il nostro autista nato qui non aveva mai visitato, «This is not Kenya, this is Somalia». Eppure a lei piaceva e come Agatha Christie, che in Kenya narrava d' aver passato i suoi anni più belli, a Chakama lei diceva d' aver trovato i suoi mesi più felici.

 

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«Stava qui ad ascoltare sempre musica inglese, le piace ballare anche da sola», racconta Ronald Kazungo Ngala, che c' era al momento del sequestro: «Da agosto a oggi, dopo che è arrivata da Mombasa, mi ha insegnato tante cose. Adesso mi piacerebbe tornasse per finire il progetto. Ma ho paura che sia finito tutto, a Chakama non verrà mai più nessuno: lei è la mia migliore amica, non dormo e non mangio più, se non la trovano vado a cercarla io». In Italia, qualcuno ha criticato l' imprudenza di restare qui da sola «Chi non voleva che stesse sola, perché non è venuto assieme a lei?».

 

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Appiccicato all' ingresso della piccola scuola dove Silvia insegnava a due bambini soltanto, un foglietto in swahili e a pennarello turchese raccomanda esclamativo ( asanteni , grazie!) di presentarsi alle 10 del mattino. La banda dei sei è stata ancora più puntuale: per almeno un giorno ha curato i movimenti della ragazza, sapeva che i due guardiani notturni arrivavano da Kakoneni solo alle otto di sera, e così è entrata in azione con mezz' ora d' anticipo. Sparando. Ferendo. Rapendo.

 

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Che lavoro facile. La baracca di lamiera nella Chakama Guest House proprio al di là della strada, non più di trenta passi, dove i sei hanno dormito almeno una notte, è una delle stanze che portano il nome d' un Paese africano: Mali, Sudan, Tanzania Loro stavano nella Togo. È bastato affacciarsi, attraversare. E non lasciare molti indizi: la polizia kenyana ha perquisito, sequestrato, portato via il cellulare di Silvia, ora il poco a disposizione viene studiato assieme a una squadra di carabinieri del Ros, appena atterrata.

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«Erano di sicuro somali», dice Ronald, l' unico che abbia provato a salvare l' amica, mostrando il bernoccolo lasciato dal calcio d' un mitra: «La polizia m' ha interrogato per due giorni. Io dico che sapevano che cosa cercavano. Quando sono comparsi, mi hanno gridato: dov' è l' europea? Io ho provato a spiegare che non lo sapevo. Poi hanno sentito la musica da dentro e mi hanno guardato: e questa allora chi è? In quel momento, ho avuto paura mi sparassero come agli altri. Se ho capito di che gente si tratta, ho paura che se la tengano per un bel po'».

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Dire somali, è dire tutto e niente. Nessuno parla più degli shabaab, i qaedisti della Somalia, ma nessuno esclude che Silvia possa essere tenuta, trattata, venduta da pastori Orma che con gli shabaab hanno avuto spesso scambi. Il precedente dell' inglese Judith Tebbutt, riavuta con un riscatto, fa essere ottimisti.

 

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Quello della francese Marie Dedieu, disabile in carrozzella lasciata morire di malattia, no. L' uomo chiave dell' indagine è Said Abdi Adan, che vive nella contea di Tana River e avrebbe affittato la camera Togo a nome dei sei, sparito da qualche giorno. Ma questo lo dice la polizia di Nairobi, tanto solerte negli arresti (una ventina) quanto nel prospettare risultati. «Siamo fiduciosi, è questione di ore», garantisce il capo, Joseph Boinnet, lo stesso che ci raccontava d' avere militarizzato la costa con elicotteri, droni e corpi speciali.

 

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Muovetevi pure senza scorta, ci ha raccomandato ieri Francis Musumba, commissario di Malindi: quattro ore d' auto avanti e indietro da Chakama, e neanche un check-point.

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