xi jinping cina

VIENI AVANTI, PECHINO - LA NUOVA RIVOLUZIONE CULTURALE CINESE A RITMO DI POP: IL PARTITO LANCIA UNA CAMPAGNA CON STAR DELLA MUSICA E IDOLI DEL WEB PER RINVERDIRE GLI SLOGAN MAOISTI E DAR LUSTRO A XI JINPING

XI JINPINGXI JINPING

Giampaolo Visetti per “la Repubblica”

 

Ritornello: «Mi piace come mi guardi mentre recito i valori fondamentali socialisti». Lui cita a memoria gli slogan del presidente Xi Jinping e lei si innamora. Lo stile è manga giapponese, video-fumetto e musica sono made in China.

 

Su Weibo, il social del partito-Stato, è un successone. Un altro video mostra un uomo che spiega a una donna i “Quattro Complessivi”: i fondamentali dei piani di sviluppo comunisti vengono cantati a ritmo di rap, mentre il compagno si contorce sulla schiena e lei gli balla sopra.

 

CINA POPCINA POP

Ingaggiata dal governo anche la boy-band “TFboys”, il gruppo più caldo del momento, tre star non ancora maggiorenni, 13 milioni di followers su Sina Weibo. Il cantante Han Geng, grida «Noi siamo gli eredi del comunismo », brano del 1961, passione di Mao Zedong: l’arrangiamento però adesso è rock, nella clip compare l’ex campione di basket Yao Ming che sorridente garantisce «Io amo Papà Xi». È la propaganda web al tempo del pop.

 

Anche in Cina il potere ha un problema: far sapere ai giovani che esiste e perché. L’ultima generazione dei figli unici dalla rivoluzione si è però convertita allo shopping, dal libretto rosso all’i-Phone. Quasi settant’anni di vecchia ideologia e di glorioso lavaggio del cervello finiscono così al macero, per l’unico comunismo di successo della storia scocca perfino l’ora dell’indottrinamento via video-games.

 

XI JINPINGXI JINPING

A lanciarlo, la Gioventù comunista cinese di Hainan. Il cellulare pone una serie di quiz su parole-chiave: «patriottismo », «prosperità», «armonia ». Più le risposte sono esatte e più la scheda si ricarica. L’ordine è del «nuovo Mao»: conquistare i millennials cinesi con i consumi e con il sogno del successo, ma prima di tutto «trasformando il partito nell’amico che ti entra in stanza e che parla come te».

 

Per la Cina è una nuova «rivoluzione culturale». Dall’immaginario della propaganda scompaiono operai e contadini, pionieri ed eroi della resistenza, per far posto a stelle della musica, idoli della Rete, campioni dello sport, attrici e modelle. Eclissati anche poemi nazionali e tomi di dottrina: ai figli del boom ora parlano in gergo vietato ai maggiori video e fumetti, musica e film, chat e telefonino.

CINA RAGAZZICINA RAGAZZI

 

Anche Xi Jinping, ossessionato dalla missione di reclutare giovani sembrando uno di loro, è diventato il protagonista di un cartoon: combatte contro i cattivi e vince eliminando tutti «i corrotti che vogliono prendersi il mondo». La sorpresa, per il via a Pechino della Conferenza consultiva del popolo e del Congresso nazionale del popolo, è un video animato che spiega il 13esimo piano quinquennale 2016-2020: aria pop, musicisti inglesi, la crescita del Pil al 6,5% e lo «sviluppo sostenibile» sono un mantra pensato per essere ballato in discoteca.

 

«Anche il partito invecchia – dice He Hui, docente di comunicazione all’università di studi stranieri di Pechino – e coglie il rischio di non comunicare più con gli adolescenti. Sono nati con Internet e cresciuti con Lady Gaga, non hanno la più pallida idea di chi sia stato Sun Yat-sen». Nelle democrazie il racconto del presente è compito dell’informazione.

 

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Nell’autoritarismo cinese tocca ancora alla propaganda, che tra i teenagers si scopre però delegittimata, superata e clamorosamente «out». Mentre gli attempati leader nazionali si riuniscono per due settimane in piazza Tiananmen, facendosi riprendere imbalsamati, capelli tinti di nero e tazza di thè sul banco, sul web impazza così la caricatura “emoticon” del partito. Gorgheggia di aver «già messo un piede nel futuro» e che su quel pianeta «la Cina è ok».

 

Alla riduzione del potere socialista ad un giovanilista mix tra un concerto e un cartoon, mancano solo le ex guardie rosse. Sono scomparse d’incanto il 9 settembre di 40 anni fa, pochi istanti dopo l’annuncio della morte di Mao. Nel Paese i cacciatori di “nemici di classe” sono ancora milioni: quelli che hanno il coraggio di ricordare e di raccontarsi ai figli, recuperando tazebao e manoscritti-confessione per la gogna, si contano sulle dita di una mano.

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