
“PAPA LEONE XIV SARÀ L'ANTI TRUMP” – LO STORICO DELLE RELIGIONI ALBERTO MELLONI: “IL 4 FEBBRAIO, DA CARDINALE PREVOST HA POLEMIZZATO FRONTALMENTE CON J.D. VANCE E HA ASSUNTO UNA POSIZIONE CHE IN QUALCHE MODO ERA UNA CONTROFIRMA ALLA LETTERA DI FRANCESCO AI VESCOVI AMERICANI CHE STIGMATIZZAVA LA POLITICA DELLE DEPORTAZIONI CON TONI CHE NON SI VEDEVANO DAI TEMPI DI PIO XI. E HA CERTIFICATO CHE TRUMP PUÒ VANTARSI DI AVER VINTO IL VOTO CATTOLICO, MA NON PUÒ ASPETTARSI DI AVER VINTO IL CATTOLICESIMO”
Estratto dell’articolo di Gianluca Mercuri per www.corriere.it
Professor Melloni, Leone XIV sarà l’anti-Trump?
Uno magari si aspetterebbe una risposta circospetta […] ma i lettori […] conoscono bene lo stile dritto […] dello storico delle religioni […]:
«Sì, lo sarà oggettivamente. […] Qualunque papa eletto in questi giorni sarebbe stato l’anti-Trump. Nessuno sarebbe arretrato di un millimetro di fronte alla sua offensiva. E sa perché? Perché la Chiesa cattolica ha tanti guasti e tanti mali, dalla corruzione alla pedofilia, ma non cederà mai sulla sua stessa ragione d’essere, l’unità della famiglia umana».
[…] la chiacchierata con Melloni ha molti altri punti stimolanti, a cominciare dal ruolo che Prevost ha avuto fin da prima di diventare papa, e che il professore ha sintetizzato così sul Corriere:
ROBERT FRANCIS PREVOST - PAPA LEONE XIV
«Il 4 febbraio, da cardinale Prevost ha polemizzato frontalmente con J.D. Vance e ha assunto una posizione che in qualche modo era una controfirma alla lettera di Francesco ai vescovi americani che stigmatizzava la politica delle deportazioni con toni che non si vedevano dai tempi di Pio XI. E ha certificato che Trump può vantarsi di aver vinto il voto cattolico, ma non può aspettarsi di aver vinto il cattolicesimo».
[…] Tutto è cominciato col macigno lanciato dal vicepresidente, convertitosi alla Chiesa di Roma nel 2019 […] A fine gennaio, J.D. Vance ha affiancato energicamente il suo capo quando Trump ha cominciato a deportare emigrati latino-americani in modo del tutto arbitrario, senza che le loro presunte attività delinquenziali fossero mai state accertate e in virtù di una criminalizzazione collettiva e pregiudiziale che, come vedremo, rappresenta il vero limes invalicabile per Bergoglio come per Prevost.
jd vance e donald trump discorso della vittoria
In appoggio a Trump, Vance ha arruolato addirittura sant’Agostino che […] ha amato fin da giovane – «Sono un fan di Agostino da quando un teorico politico all'università mi ha assegnò la Città di Dio» – ed è stato decisivo nella sua svolta religiosa. Così, il vicepresidente ha tirato fuori, prima in un tweet e poi in un’intervista a Fox, l'amato santo e la teoria dell’ordo amoris, rielaborata da san Tommaso d’Aquino nella sezione della Summa dedicata alla carità.
RITRATTO UFFICIALE PAPA LEONE XIV
L’ordine giusto dell’amore, nell’assai controversa interpretazione vanceiana, è questo: «Il concetto cristiano è che si ama la propria famiglia, poi si ama il prossimo, poi si ama la propria comunità, poi si amano i propri concittadini e poi si dà la priorità al resto del mondo. Gran parte dell'estrema sinistra ha completamente invertito questo concetto».
Si può discutere a lungo quanto la crudezza di Vance sveli l’ipocrisia che tipicamente i conservatori attribuiscono alla sinistra […] o quanto invece nasconda […] la voglia di vellicare e incoraggiare l’egoismo e l’individualismo più spinti […] Quello che interessa qui è però lo scatto immediato di Bergoglio e di Prevost. Sollecitati oltretutto dal fatto che negli stessi giorni in cui si era improvvisato esegeta di sant’Agostino, Vance si era scagliato anche contro la Conferenza episcopale degli Stati Uniti, accusandola di sostenere gli immigrati solo per i cospicui finanziamenti federali che le diocesi americane ricevono per contribuire al loro inserimento.
Anche il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo conservatore di New York e favorito di Trump, gli rispose a tono, definendo la sortita vicepresidenziale «scurrile» e «molto sgradevole».
Ma la risposta più forte a Vance la diede Francesco in persona […] sotto forma di una lettera indirizzata proprio ai vescovi americani. Così forte che la si può considerare l’autentico testamento politico e spirituale del papa argentino. Scriveva Bergoglio:
«Sto seguendo da vicino la grande crisi che si sta verificando negli Stati Uniti con l’avvio di un programma di deportazioni di massa. La coscienza rettamente formata non può non compiere un giudizio critico ed esprimere il suo dissenso verso qualsiasi misura che tacitamente o esplicitamente identifica lo status illegale di alcuni migranti con la criminalità».
Poi, senza citarlo, il papa si rivolgeva chiaramente al cattolico J.D. Vance:
«I cristiani sanno molto bene che è solo affermando la dignità infinita di tutti che la nostra identità di persone e di comunità giunge a maturazione. L’amore cristiano non è un’espansione concentrica di interessi che poco a poco si estendono ad altre persone e gruppi. […] La persona umana è un soggetto dotato di dignità che, attraverso la relazione costitutiva con tutti, specialmente con i più poveri, un po’ alla volta può maturare nella sua identità e vocazione. Il vero ordo amoris che occorre promuovere è quello che scopriamo meditando costantemente la parabola del “Buon Samaritano”, ovvero meditando sull’amore che costruisce una fratellanza aperta a tutti, senza eccezioni».
E qui arriviamo a Prevost, alla sua sortita social del 4 febbraio citata da Melloni. […]
JD VANCE INCONTRA PAPA FRANCESCO
Intanto, professore, possiamo immaginarci nei prossimi anni un lungo duello in punta di dottrina tra il sedicente agostiniano Vance e l’agostiniano effettivo - in quanto appartenente all’Ordine di Sant’Agostino - Leone XIV?
«Ma per carità. Sarebbe come una partita Brasile-Brescello. Infatti è stato il Brasile, cioè Prevost, a stroncare immediatamente l’attacco inaudito del Brescello, cioè Vance».
In che modo?
«Prevost è andato dal Papa e gli ha detto: bisogna reagire. Da qui la lettera di Bergoglio ai vescovi americani, un gesto enorme che non a caso ha un solo precedente storico».
Quello di Pio XI cui lei ha accennato.
robert francis prevost papa francesco
«Appunto. Una lettera con quei toni fu scritta da un pontefice solo quella volta, nella Pasqua del 1937. Pio XI si rivolse ai vescovi tedeschi per dire: ma vi rendete conto di quello che sta facendo il vostro governo? Questa cosa va capita bene: solo due volte nella storia della Chiesa un papa ha fatto un passo del genere. […]».
Perché?
«Bisogna immaginare quanto fossero irritati il papa e Prevost. Non c’è nulla di sant’Agostino che possa essere utilizzato o equivocato nei termini tentati da Vance […] Per fare di sant’Agostino un suprematista ci vuole una faccia di tolla intollerabile. Oppure qualcosa di più».
Cosa?
«Dietro a ogni sortita del vicepresidente degli Stati Uniti c’è uno staff composito. Dietro quella su sant’Agostino c’era un’operazione precisa: qualcuno nell’amministrazione Trump si era lanciato alla conquista del cattolicesimo romano. Da qui la risposta durissima e fulmicotonica del duo Bergoglio-Prevost. A quel punto, Vance ha ripiegato su una proposta carolingia».
La spieghi bene.
donald trump - deportazione dei migranti
«Prima bisogna inquadrare storicamente le relazioni tra Stati Uniti e Santa Sede. Fino al 1983, per dire, un presidente americano che volesse scrivere al papa doveva usare la propria carta personale e pagarsi il francobollo, per legge. Un simile retaggio cozza enormemente con la visita di Vance in Vaticano, così impropria, in piena settimana santa. C’era dietro un’altra operazione».
Quale?
«Un tentativo di compromesso e una minaccia. Il messaggio di Vance era: ok, niente conquista, mettiamoci d’accordo, noi possiamo rinunciare agli evangelici, ai toni fanatici, se voi ci date qualcosa, un riconoscimento, per esempio un sostegno esplicito alle nostre politiche contro l’aborto. […] Vance offriva al papa uno scambio preciso: protezione in cambio di una corona».
E la minaccia?
«Se dite no, vi tratteremo come Zelensky».
Risposta di Bergoglio?
«Gli ha dato tre ovetti Kinder per i suoi figlioletti con sopra il prezzo. Puro sadismo gesuita».
Ecco dunque il gigantesco scontro che c’è dietro il post di Prevost del 4 febbraio sul suo account X attivo fino a ieri: uno scontro sull’interpretazione dei valori cristiani, sui voti cattolici in America e sul ruolo evangelico e geopolitico della Chiesa di Roma.
Per questo è istruttivo andare a vedere cosa postò Prevost. Due articoli, con titoli e link e senza commenti, come a dire che li condivideva in toto: uno del direttore della rivista gesuita America Media, Sam Sawyer, dal titolo «La lettera di Papa Francesco, l'“ordo amoris” di JD Vance e ciò che il Vangelo chiede a tutti noi sull'immigrazione»; l’altro, firmato dalla biblista Kat Armas sul National Catholic Reporter, dal titolo ancora più eloquente: «JD Vance si sbaglia: Gesù non ci chiede di classificare il nostro amore per gli altri».
MIGRANTI IN CATENE DEPORTATI DA TRUMP
Sawyer dà un quadro molto chiaro dello stato della Chiesa americana e della divisività del tema immigrazione: sullo sfondo, spiega, «ci sono, da un lato, il chiaro insegnamento della Chiesa e la coerente testimonianza dei vescovi statunitensi sulla dignità umana dei nostri fratelli e sorelle migranti e, dall'altro, il fatto che il 56% degli elettori cattolici, e il 60% degli elettori cattolici bianchi, hanno votato per il presidente Donald J. Trump nel 2024, e molti lo hanno fatto a causa della sua posizione e retorica sull'immigrazione».
donald trump - muro anti migranti al confine usa messico
Aggiunge il gesuita americano che «nessuno, tranne coloro che travisano la difesa e l'assistenza della Chiesa ai migranti, sostiene che i cattolici siano a favore dell'immigrazione illegale o delle frontiere aperte», ma ciò «non significa che tutte le regolamentazioni e le limitazioni all'immigrazione siano giuste», e per questo «i vescovi spiegano che il diritto delle persone a migrare, anche per motivi economici, e il diritto dei Paesi di controllare i propri confini devono essere armonizzati nella misericordia e nella giustizia. […]
Professore, che papa sarà Leone XIV?
«[…] Di questo papa non sappiamo niente. Niente di quello che pensa. Non c’è un libro, una raccolta di omelie, niente. Quello che è prevedibile è che non arretrerà […]».
[…] «Mi convince la tesi di una certa continuità con Leone XIII: uno alle prese con la rivoluzione industriale, l’altro con la rivoluzione tecnocratica. Centrale sarà il tema della guerra e della pace. È stato eletto mentre il mondo si avvicina come mai prima alla guerra tra due potenze nucleari, India e Pakistan». […]