orchestrali della fenice protestano a venezia

VIDEO! "OH MIA PATRIA SI’ BELLA E PERDUTA..." – A VENEZIA GLI ORCHESTRALI DELLA FENICE SCENDONO IN PIAZZA PER PROTESTARE CONTRO LA NOMINA DI BEATRICE VENEZI A DIRETTORE MUSICALE E SUONANO IL VA’ PENSIERO DI VERDI E L’INNO DI MAMELI – “NON CONSEGNEREMO IL TEATRO NELLE MANI DI VENDITORI DI PACCOTTIGLIA. NO ALLA TRASFORMAZIONE DELLA CULTURA IN UNO SPAZIO DI PROPAGANDA” - LA PIAZZA CHIEDE PIÙ VOLTE LE DIMISSIONI DEL SOVRINTENDENTE COLABIANCHI, CHE HA IMPOSTO LA SCELTA DI VENEZI, E DEL SINDACO BRUGNARO - IL MINISTERO REPLICA: “CHI NON LAVORA NON FA CULTURA” – VIDEO

 

https://www.lastampa.it/spettacoli/2025/10/18/video/protesta_in_campo_venezia_la_fenice_suona_il_va_pensiero_contro_la_nomina_di_venezi-15357583/

 

 

Simonetta Sciandivasci per lastampa.it - Estratti

 

Campo Sant’Angelo è già pieno alle 17, mezz’ora prima che l’orchestra del Gran Teatro La Fenice di Venezia cominci la sua protesta lirica, pubblica, aperta, metà suonata e metà parlata, contro la nomina di Beatrice Venezi a direttrice musicale. Tutti vogliono un posto in prima fila.

 

orchestrali della fenice protestano a venezia

 

La prima del Wozzeck di Alban Berg non si terrà: il coro e l’orchestra, 300 professionisti e professioniste, sono in sciopero. Suonano, ma fuori, in strada. Dicono: «Mario Rigoni Stern, un grande intellettuale di questa terra, parlava del coraggio di dire no: noi siamo qui a dire no». Molti no.

 

A Venezi, naturalmente, che però definiscono “vittima”, una pedina; no alla cultura svilita a marketing; no al dialogo ridotto a diktat; (...) no alla svendita di Venezia; no alla trasformazione dell’Italia in parco giochi e della cultura in uno spazio di propaganda. È una mobilitazione profonda, è la voce di un mondo che si sente aggredito e violato, colonizzato, stravolto.

 

orchestrali della fenice protestano a venezia

«Siamo qui per difendere una cosa che non si vede ma che si sente: la dignità», dice Marco Trentin, violoncellista. Quando dice: «Non consegneremo il teatro nelle mani di venditori di paccottiglia», la piazza esplode. Il punto cruciale della protesta non è Beatrice Venezi, la sua biondezza, il suo genere, l’egemonia culturale, l’ideologia: è la rivolta a un assedio, a una svendita. Quello che da anni viene fatto a tv, giornali, cinema, e cioè la semplificazione in (presunto) favore di popolo, lo scadimento in (presunto) favore di inclusione, qui, non trova sponda ma muro. Insistono: «La nostra è una battaglia professionale, artistica e profondamente culturale».

 

Sanno di parlare a nome loro, dell’orchestra, per il teatro, ma non solo: sanno di parlare per un Paese intero che non ha saputo opporsi a troppi espropri. Venezia sembra essere tutta qui, in questo campo enorme, intorno al suo teatro e ai suoi orchestrali che suonano il Va’ Pensiero, la Cavalleria Rusticana, La Traviata. Il pubblico, tra gli applausi, urla continuamente grazie. Oltre al coro, ai professori e alle professoresse dell’orchestra, ai sindacalisti, prendono la parola in questa assemblea lirica, i membri di associazioni cittadine vicine al teatro o nate ora per sostenerlo.

 

I LAVORATORI DELLA FENICE SCENDONO IN PIAZZA A VENEZIA

Giorgio Peloso Zantaforni, 35 anni, fondatore del comitato Sconcerto Grosso, dice: «Guardatemi, non sono vetusto: ho la stessa età di Beatrice Venezi. E mi offende che la sua nomina sia stata giustificata come mezzo per avvicinare i giovani all’opera: noi non abbiamo bisogno di personaggi da social per amare Verdi, ma di competenza e qualità. Non è in nostro nome che si può decidere di rovinare un’eccellenza. Ci opponiamo a questa strumentalizzazione». Boato di applausi.

 

 

È il primo sciopero della storia in difesa della raffinatezza, della complessità, dello studio, della vocazione, del sacrificio, della responsabilità: tutte cose che credevamo estinte e che, invece, questa orchestra che da settimane viene accusata con malagrazia di snobismo e sessismo, sa di avere il dovere di tutelare.

 

 

BEATRICE VENEZI

«Richiedere eccellenza non è un reato né un gesto di discriminazione. È un dovere morale verso l’arte, il pubblico e noi stessi», si legge sui volantini che vengono distribuiti alle persone che riempiono la piazza e che sono in ascolto silenziosissimo. Tantissimi i bambini. Silenziosi anche loro.

 

È la prima volta che un’orchestra viene estromessa dalla scelta del direttore musicale che la dirigerà, quindi è la prima volta che a un’orchestra non viene riconosciuto titolo per prendere parola sul suo lavoro. Certo, la procedura lo consente, ma se una procedura consente un abuso, non significa che quell’abuso sia legittimo: sarebbe come appellarsi al libero arbitrio per legittimare un crimine.

BEATRICE VENEZI

 

(…) Quello che l’orchestra riesce perfettamente a spiegare è che rendere l’arte di tutti è un lavoro per pochi. Su questo punto è la frizione più grande tra il governo e La Fenice (che ha dalla sua tutti gli enti lirici e sinfonici italiani).

 

 

«Il sottosegretario alla Cultura Mazzi oggi ci ricorda quanti soldi ci vengono assegnati dal suo ministero: proprio per questo dovrebbe rendersi conto che la scelta del sovrintendente Colabianchi sta creando un danno erariale. Oggi non abbiamo suonato, e quindi il teatro non ha incassato, 163 abbonati hanno disdetto l’abbonamento, e siamo solo all’inizio. Noi non arretreremo anche se ricordarci che il ministero eroga i fondi è un modo per dire che potrebbe tagliarceli se non stiamo buoni, soprattutto in questi giorni, mentre sono in corso a Roma le trattative per il rinnovo del contratto nazionale», dice a La Stampa Marco Trentin.

brugnaro colabianchi

 

 

Gli chiedo se a Venezia ci sia qualcuno contro l’orchestra della Fenice, e risponde: «Nessuno. A parte il sovrintendente Colabianchi, che ha imposto la scelta di Venezi, e il sindaco Brugnaro». Di entrambi, e con enfasi, la piazza chiede più volte le dimissioni. «Sa, sindaco, io non l’ho mai visto una volta all’opera, e sono una signora di una certa età», dice la fondatrice della fondazione Amici della Fenice, la contessa Barbara di Valmarana.

 

lavoratori della fenice

Povera Patria, sì bella e perduta.

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