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“FREE PALESTINE”? SU GAZA TUTTI RAGIONANO SOLO PER SLOGAN – LO STORICO GIANNI OLIVA: “LE PIAZZE PECCANO DI SEMPLICISMO, TANTO QUANTO LE VOCI DELLA DIPLOMAZIA CON ‘DUE POPOLI, DUE STATI’ SANNO DI ARTIFICIO LINGUISTICO E I RESORT TRUMPIANI DI BULLISMO SOCIAL” – “CHE COSA DEVE ESSERE UN FUTURO STATO PALESTINESE? IL MODELLO SARÀ UNO STATO LAICO, LA TEOCRAZIA OSCURANTISTA DEGLI AYATOLLAH, L'ASSOLUTISMO SAUDITA? HAMAS È IL PARTITO CHE HA VINTO LE ELEZIONI DEL 2006. NESSUNA PRETESA DI IMPORRE IL MODELLO DEMOCRATICO OCCIDENTALE, MA L'INTERROGATIVO SUL MODELLO È D'OBBLIGO…”

Estratto dell’articolo di Gianni Oliva per “La Stampa”

 

free palestine - manifestazione pro gaza al festival di venezia

«Free Palestine»: di fronte ai massacri di Gaza, il "cuore" dice «Free Palestine», l'istintiva avversione per i "troppo forti" genera l'altrettanto istintiva solidarietà per i "troppo deboli".

 

La diplomazia europea, pressata dalla comunicazione, evoca la formula articolata dei «due popoli, due Stati», il principio disatteso che già aveva ispirato la deliberazione delle Nazioni Unite del 1947. Entrambi sono slogan, più o meno prudenti o radicali, che rassicurano dicendo «la soluzione è quella, è già pronta».

 

gianni oliva

Ma la storia non procede né per slogan, né per schemi, ma per "nodi" che vanno sciolti, uno dopo l'altro. Al netto delle buone intenzioni, le piazze di «Free Palestine» peccano di semplicismo, tanto quanto le voci della diplomazia sanno di artificio linguistico e i resort trumpiani di bullismo social. In Palestina tutto è da costruire. […]

 

 

In primo luogo, c'è da garantire protagonismo al popolo palestinese, da ottant'anni prigioniero di logiche esterne. Nel 1948, quando i britannici si ritirarono dopo la decisione di spartire la Palestina tra Israele e Stato palestinese, una lega di Paesi arabi entrò in guerra contro Israele in nome della difesa dei "fratelli palestinesi".

 

Progetto Great Trust per trasformare la striscia di gaza in un resort di lusso

Il risultato di quella prima guerra arabo-israeliana fu un armistizio firmato nel 1949 che disegnò una geografia completamente diversa da quella prevista dall'Onu: Israele occupò i tre quarti della Palestina, mentre la striscia di Gaza passò sotto controllo egiziano, la Cisgiordania venne annessa al regno di Giordania, Gerusalemme fu divisa in due.

 

In questo modo lo Stato arabo di Palestina scompariva prima ancora di nascere, travolto sia dall'espansionismo israeliano, sia dalle ambizioni di "Paesi fratelli", anticipando il carattere strumentale che la questione avrebbe assunto nei decenni successivi.

 

Come ha scritto Mahmoud Darwich, poeta palestinese, «noi sappiamo in che modo siamo diventati arabi nelle prigioni di Israele; e sappiamo in che modo siamo diventati palestinesi nelle prigioni arabe». Un popolo disperso geograficamente e trasformato in strumento deve in primo luogo trovare la sua identità e la sua coesione.

 

Keir Starmer Emmanuel Macron

In secondo luogo, il sistema valoriale di riferimento. Che cosa deve essere un futuro Stato palestinese? Certamente spetterà al popolo palestinese deciderlo, nel rispetto della sua autodeterminazione. Ma, da osservatori esterni, non possiamo pensare sia indifferente se il modello sarà uno Stato laico, la teocrazia oscurantista degli ayatollah, i regimi costituzionali di Giordania e Marocco, l'assolutismo saudita o che altro ancora.

 

 

Non confondiamo la simpatia per le vittime con la legittimazione pregiudiziale: Free Palestine, ma "quale" Palestine? Hamas non è un gruppo rivoluzionario che ha preso il potere con le armi, ma il partito che alle elezioni legislative del 2006 (a Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est) ha ottenuto la maggioranza assoluta dei consiglieri, 74 su 132. Nessuna pretesa di imporre il modello democratico occidentale, ma l'interrogativo sul modello è d'obbligo.

 

MILIZIANI DI HAMAS A GAZA

In terzo luogo, l'economia del futuro Stato palestinese. I modelli politici riflettono le condizioni interne di un Paese, il suo sviluppo, il suo grado di istruzione. […]

 

In una comunità senza prospettive trionfano coloro che rimestano nella rabbia: la convivenza civile, il rispetto delle regole, la "misura" sono figlie di una società che ha saputo crescere. Chi garantirà tutto questo al futuro (ci auguriamo prossimo) Stato palestinese? Da dove si attingeranno le risorse? Quali programmi internazionali saranno garantiti?

 

CARRI ARMATI ISRAELIANI A GAZA - FOTO LAPRESSE - 2

Non mi sembra di aver ascoltato nulla dai diplomatici che parlano di «due popoli, due Stati»; e non mi pare che si pongano la domanda le piazze di «Free Palestine».

 

Nel 1979 sono stato tra i giovani che hanno esultato per la caduta dello Scià Reza Phalevi: nessuno di noi si è domandato che cosa ci sarebbe stato dopo. E sono arrivati Khomeini, i pasdaran della rivoluzione, la lapidazione delle adultere. Non voglio accada la stessa cosa in Palestina. Il futuro non è un atto di fede, è un percorso da costruire, prima ancora che cominci.

PALESTINESI IN FUGA DA GAZA CITY free palestine - manifestazione pro gaza a romaMILIAZIANI DI HAMAS A GAZALA MAPPA DELLA STRISCIA DI GAZA E DELLA CISGIORDANIA

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