mario andreose

“IL NOME DELLA ROSA? NON LO VOLEVA NESSUNO. PAULO COELHO? NON CI AVREI SCOMMESSO UNA LIRA” – L’EX DIRETTORE EDITORIALE DI MONDADORI E BOMPIANI, MARIO ANDREOSE, OGGI ALLA NAVE DI TESEO, FA 90 ANNI E RICORDA LA STRONCATURA DEL ROMANZO DI ECO DA PARTE DI MORAVIA - "IL MAGGIOR RIMPIANTO? CALVINO. CHIAMAI LA VEDOVA, CHICHITA, E LE DISSI CHE IN BOMPIANI STAVAMO INAUGURANDO UNA COLLANA DI CLASSICI CONTEMPORANEI. E LEI, PRIMA DI CHIUDERMI IN FACCIA IL TELEFONO, MI DISSE: “MAI CON LO STESSO EDITORE CHE PUBBLICA MORAVIA” – GLI SPAGHETTI AL SUGO DA MARELLA AGNELLI: "SOLO UNA VOLTA L’HO VISTA SBUFFARE: QUANDO L’AVVOCATO…”

Roberta Scorranese per corriere.it - Estratti

 

 

mario andreose

Mario Andreose, che regalo vorrebbe per i suoi 90 anni?

«Un bel regalo della vita è poter continuare a fare quello che sto facendo: occuparmi di libri».

 

Lo fa da sempre: oggi è alla Nave di Teseo, ma, dopo essere stato un forte lettore, è stato per anni in casa Mondadori, Saggiatore, Fabbri e Bompiani, quasi sempre come direttore editoriale. In fondo, Andreose si occupa stabilmente di libri sin da quando, sul finire degli anni Cinquanta, giovane veneziano alto e charmant, arrivò a Milano con l’idea di fare il giornalista.

 

 

Poi però rispose a un’inserzione sul giornale: Il Saggiatore cercava un correttore di bozze.

«Dovevo pur pagare le bollette. Papà faceva il fornaio e qualche volta beveva troppo, mamma era casalinga e io sono cresciuto con l’ossessione di mantenermi. Sin da quando, a Venezia, prendevo il cappuccino con Arrigo Cipriani in uno dei tanti caffè delle Zattere».

 

(...)

Umberto Eco, con Il nome della rosa, fece un connubio perfetto tra nicchia e popolarità.

umberto eco

«Pensi che quel libro non lo voleva nessuno e all’estero arrivò con fatica. Ricordo bene la sentenza di Moravia: “Ha messo in romanzo le sue conoscenze da professore”. Il thriller medievale di un professore di semiotica aveva fatto storcere il naso sia agli accademici che ai critici letterari in Italia.

 

In America l’editor di Farrar, Strauss & Giroux, David Rieff, gli preferì Il giorno del giudizio di Salvatore Satta. Lo storico editore francese di Eco, Seuil, lo rifiutò, anche se poi se ne pentì e fece carte false per avere Il pendolo di Foucault».

 

Poi arrivò lei e divenne il suo responsabile dei diritti internazionali.

«Quando ci incontrammo, io ed Eco ci trovammo subito in sintonia perché io, per lui, potevo essere un buon gancio internazionale. Lui aveva lavorato alla Bompiani da diciassette anni, come redattore e consulente editoriale, conosceva benissimo i meccanismi dell’editoria».

 

Infatti oggi i libri di Eco continuano ad essere venduti anche all’estero.

mario andreose 68

 «Quando cominciai a lavorare con lui mi confidò che da otto anni aveva pronto quello che considerava il suo capolavoro. Poi un bel giorno, in un caffè di Bologna, mi passò un sacchetto di plastica del supermercato: dentro c’era il dattiloscritto del Pendolo di Foucault. Umberto era così: coltissimo e divertente».

 

È vero che amava fare l’attore e suonare il flauto dolce?

«In estate organizzava delle messe in scena teatrali per gli amici. Lui e il pittore Emilio Tadini recitavano antiche commedie in francese, con la scenografia di Gae Aulenti e le musiche di Gianni Coscia. Fingevano di litigare ma qualche volta il risultato era così realistico che qualcuno di noi si precipitava a separarli. Poi, cosa che non tutti sanno, faceva a gara con Moni Ovadia a chi raccontava la barzelletta più politicamente scorretta».

 

Eco ha scritto fino alla fine, nonostante la malattia.

«Lo accompagnavo io in auto a fare la chemio, ascoltavamo Chopin e ridevamo di tutto. D’altra parte, anche Leonardo Sciascia scrisse racconti bellissimi mentre era in dialisi».

il nome della rosa cover

 

C’è qualche autore o autrice che in passato lei avrebbe voluto portare in una delle sue squadre senza riuscirci?

«Le dico un nome eccellente: Italo Calvino».

 

Da Mondadori a Bompiani?

«Sì, chiamai la vedova, Chichita, e le dissi che in Bompiani stavamo inaugurando una collana di classici contemporanei. E lei, prima di chiudermi in faccia il telefono, mi disse: “Mai con lo stesso editore che pubblica Alberto Moravia”».

 

Mamma mia.

«Confesso che non ho ancora capito il perché di quella reazione così veemente».

 

(...)

 

mario andreose 24

In Bompiani, però, arrivarono Andrea De Carlo e Pier Vittorio Tondelli, due autori che hanno ridisegnato l’idea di «giovinezza» novecentesca.

«Molto si deve allo straordinario talento di Elisabetta Sgarbi. Pensi che lei cominciò come ufficio stampa alla Bompiani. La convocai, le dissi quanto avrebbe preso di stipendio e lei, con educazione — e devo dire anche un po’ di timidezza —, salutò e se ne tornò nella sua dimora in campagna, nel Ferrarese. Iniziai allora a “corteggiarla” e qualcuno mi suggerì di ingraziarmi la madre.

 

Presi l’auto e andai fino a Ro Ferrarese, dove viveva la signora Rina Cavallini. Mi ricevette in salotto e io cominciai a parlare di Eco, Moravia, Cunningham. Dopo due minuti capii che era fatta, la mamma era stata convinta. Poi anche Elisabetta accettò».

mario andreose 22

 

Sgarbi ha un fiuto editoriale raro. Chi avrebbe mai preso Jon Fosse? Ed ecco che il norvegese ha vinto il premio Nobel.

«Sì, le faccio un altro esempio, forse il più eclatante: quando si mise in testa di far entrare in Bompiani uno come Paulo Coelho, nemmeno io la spalleggiai, non ci scommettevo una lira. E invece oggi Coelho è un successo commerciale che dura da decenni».

 

Poi, ad un certo punto, con i Berlusconi che si profilavano all’orizzonte del nuovo assetto Mondadori-Rizzoli (con Marina alla guida), lei, Sgarbi, Eco e altri «usciste» per fondare una nuova casa editrice, La Nave di Teseo.

«Era Umberto che premeva più di tutti, perché non voleva che i proventi dei suoi libri, ormai alle stelle, finissero a Berlusconi, uno che aveva avversato per tutta la vita. Molto importante fu anche la presenza di Sandro Veronesi. E ovviamente, cardine di tutto, oggi è Elisabetta».

 

calvino moravia

Qualche rimpianto per un’autrice o un autore che non vi hanno seguito?

 «Ma se ci hanno seguito quasi tutti!»

 

Scurati no, per esempio.

«È vero, qualche “big” non lo ha fatto. Un rimpianto ce l’ho, a dire il vero: avrei voluto portarmi dietro le opere di Camus. E anche Yasmina Reza, che è invece andata alla Adelphi».

 

Qual è stata la grande lezione, per lei, di Valentino Bompiani?

«Innamorarsi degli autori ancor prima che dei libri. Lui fece tradurre Uomini e topi di Steinbeck da Pavese, non dimentichiamolo».

 

Andreose, sia sincero: chi è un’autrice o un autore che secondo lei, negli anni, è invecchiato male, sul piano letterario?

«Domandona. Non saprei, perché, vede, anche lo stesso Moravia nella sua vastissima produzione ha scritto cose importanti e meno importanti, ma possiamo dire che sia invecchiato male? No, a mio avviso».

 

mario andreose foto di bacco

(...)

Lei corteggia benissimo.

«A Moravia, per dire, ero solito portare il libro fresco di stampa, nella sua casa romana. Un giorno, però, arrivai la mattina presto e trovai l’ambulanza. Mi precipitai nell’appartamento e vidi che era già arrivato Enzo Siciliano. Capii subito, ma volli lo stesso andare in bagno, per vedere un’ultima volta il grande scrittore.

 

Era riverso sul pavimento, con indosso ancora l’asciugamano, aveva appena fatto la doccia. Il libro che gli avevo portato era Vita di Moravia scritto in forma d’intervista con Alain Elkann e in cui dedicava solo sei righe al rapporto con Bompiani».

 

Patricia Highsmith era da tempo residente in Canton Ticino e lei andò a trovarla fin lì.

marella gianni agnelli

«Negli Anni 90, quando si era ritirata in quell’angusto ritaglio di Svizzera. Ho ancora sulla pelle una sensazione di claustrofobia: la casa umida, i gatti, lei che beveva tanto».

 

Lei ha lavorato anche con gli Agnelli, quando Marella scriveva qualcosa c’era l’Adelphi che volentieri la accoglieva. Che tipo era?

«Colta ma gaudente. Ogni riunione nella sua villa era seguita da ottimi spaghetti al sugo. Solo una volta l’ho vista sbuffare: quando l’Avvocato insistette per appendere in camera uno splendido dipinto di Renoir, la Bagnante bionda.

 

Una bellissima donna nuda.

«Esatto».

 

edith bruck elisabetta sgarbi mario andreose dario franceschini foto di baccoelisabetta sgarbi e andreoseangelo gugliemi e mario andreose moraviaalberto mondadorimario andreose 3andreose uomini e libri coverliana orfei elisabetta sgarbi mario andreose eugenio lio foto di baccofulvio abbate mario andreose eugenio lio foto di baccovoglia di libri mario andreose

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....