STRASBURGO SALVACI TU! - UNA BELLA CRICCA DI VECCHI ARNESI, DA D’ALEMA A DE MITA PASSANDO PER SCAJOLA E CASARINI, SPERA NELLO SCRANNO EUROPEO, CHE VALE 16 MILA EURO AL MESE

Paolo Fantauzzi per "l'Espresso"

Pensavate fossero spariti. Li avevate dimenticati. Invece presto torneranno a chiedere il vostro voto. E a campeggiare dai poster coi loro faccioni in tutte le città. Molte sorprese attendono gli italiani in vista delle elezioni europee. Sottotraccia, in queste settimane avanza infatti un plotone composito fatto di trombati, rottamati, riciclati, vecchie glorie del passato. Tutti pronti a dare l'assalto al carro che porta a Strasburgo.

I posti disponibili sono 72 e il sistema di voto non fa sconti: proporzionale senza liste bloccate. L'ideale per i signori delle preferenze, vezzeggiati e coccolati dai partiti in cerca di consenso e attesi da una busta paga ancora più pesante di quella nostrana: oltre 16 mila euro al mese tra indennità varie e forfait cui aggiungere il rimborso delle trasferte, un gettone giornaliero da 304 euro e uno per le riunioni extra-Ue da 152 euro.

Chi (e da tempo) non nasconde le proprie ambizioni internazionali è Massimo D'Alema, che lo scorso anno ha rinunciato a uno scranno in Parlamento dopo 26 anni. Già nel 2009 in ballo come ministro degli Esteri europeo, in questi mesi il Líder Maximo ha intensificato i rapporti all'estero quale presidente della Feps, la fondazione che riunisce i centri studi dei partiti d'ispirazione socialista.

Una ritirata strategica dalle beghe di casa nostra culminata con l'affermazione: «Non ho ruoli nel Pd, sono un dirigente del Pse». Con un successo dei progressisti e il tedesco Martin Schulz alla presidenza della Commissione, il governo italiano potrebbe indicare proprio D'Alema come commissario. D'altronde che sia in atto il disgelo con Matteo Renzi è innegabile: il 18 marzo sarà proprio il premier a presentare al Tempio di Adriano a Roma l'ultima fatica letteraria dell'ex ministro. Titolo non casuale: "Non solo euro".

CHI SI RIVEDE
Per gli elettori il piatto forte sarà però servito direttamente sulla scheda elettorale. Dentro Forza Italia, ad esempio, oltre al consigliere politico di Berlusconi, Giovanni Toti a dar aria nuova, si rivedrà Claudio Scajola, che da tempo ambiva a rientrare. Forte di una riserva di voti e redivivo dopo l'assoluzione in primo grado nel processo per la casa al Colosseo, l'ex ministro sta girando la Liguria per riorganizzare le truppe. Obiettivo: mostrare di non essere affatto morto politicamente. Alla faccia del rinnovamento e delle facce nuove senza seguito elettorale.

Al Sud, sempre con gli azzurri, è quasi certa anche la presenza di un altro grande desaparecido di casa nostra: Clemente Mastella. Spedito in Europa col Pdl giusto un anno dopo aver affondato il secondo governo Prodi, il ras di Ceppaloni sta trattando con Silvio Berlusconi la ricandidatura.

Numeri alla mano, non dovrebbe incontrare troppe difficoltà: cinque anni fa raccolse 113.061 mila voti e a Benevento distaccò di duemila preferenze perfino il Cavaliere, all'epoca premier. Ironia del destino, lungo la strada incrocerà uno suoi dei più tenaci detrattori a sua volta sparito, Antonio Di Pietro. Affondato dagli scandali Idv e dal fiasco elettorale subito con Antonio Ingroia, l'ex pm dovrà tuttavia rinunciare al sogno (coltivato in un primo momento) di fare da capolista in tutta Italia: l'ipotesi non è andata giù al segretario Ignazio Messina.

Rumors irpini danno in movimento nelle manovre centriste perfino un dinosauro politico come Ciriaco De Mita (classe 1928): nel 2009 con l'Udc 56.967 elettori scrissero il suo nome sulla scheda e lo spedirono in Europa. Preferenze che ora pesano sul piatto per una ricandidatura. O per cedere il testimone alla figlia Antonia, in nome del ricambio generazionale.

Si riciclerà con Forza Italia l'imprenditore Gianpiero Samorì, affondato alle politiche coi suoi Moderati in rivoluzione (82mila voti, pari allo 0,24 per cento). Ci starebbe ancora pensando Goffredo Bettini (Pd), a lungo eminenza grigia della sinistra romana, regista delle vittorie in Campidoglio di Ignazio Marino, Walter Veltroni e Francesco Rutelli (e della débâcle degli ultimi due nella corsa per Palazzo Chigi). Eppure ad alcuni circoli Pd è già arrivata la direttiva di sostenerlo in campagna elettorale.

Il fascino discreto di un seggio a Strasburgo ha colpito anche un extraparlamentare d'antan come Luca Casarini, scomparso di scena dopo la dissoluzione del "movimento dei movimenti" (copyright Fausto Bertinotti) e ora in lizza con la lista Tsipras. Il suo nome ha portato al passo indietro Andrea Camilleri, per via della fedina penale non proprio immacolata (l'ultima condanna, per l'occupazione di un appartamento Ater a Venezia in cui aveva vissuto per anni, è stata confermata in appello appena due mesi fa). E pensare che nel 2006 Casarini accusò di tradimento e opportunismo il leader dei Disobbedienti campani, Francesco Caruso, per la candidatura con Rifondazione. Ora deve aver cambiato idea.

ALLEANZA ELETTORALE
Spera nell'usato garantito la nuova An. A cominciare da Gianni Alemanno, relegato a consigliere d'opposizione in Campidoglio dopo la sconfitta. Considerato il ricordo lasciato nella capitale, con un mandato costellato di scandali e inchieste, il timore è di una bocciatura elettorale e di "azzoppare" il partito proprio nella città in cui è più forte. Meglio allora la candidatura al Sud o, extrema ratio, lasciare il posto alla moglie Isabella Rauti.

Sotto la rediviva fiamma di Alleanza nazionale potrebbe trovare posto al Nord-ovest anche l'ex ministro degli Esteri del governo Monti, Giulio Terzi di Sant'Agata, entrato nell'ufficio di presidenza dopo il congresso di Fiuggi. Nel Nord-est, invece, la pole position è già ufficiale: l'uscente Magdi Cristiano Allam.

Nel 2009 fu eletto con l'Udc ma ora - dopo un mancato incontro col Pdl e le critiche alla Chiesa per l'eccessiva condiscendenza verso l'Islam - si è riposizionato sulla destra. Incerta la rentrée di Guido Crosetto: An lo vorrebbe candidare governatore in Piemonte ma Berlusconi (che non gli perdona le critiche sulla ridiscesa in campo e l'addio al Pdl), considera persa la partita e vuole puntare sul vice di Cota, Gilberto Pichetto (FI).

RISARCITI E RIMORCHIATORI
Capitolo a parte, i sacrificati sull'altare della ragion di partito. Mercedes Bresso ha lasciato la corsa per la presidenza del Piemonte a Chiamparino e per risarcirla il partito dovrebbe mandarla a Strasburgo. Idem per il sindaco di Bari Michele Emiliano, dato per certo al governo: dovrà accontentarsi di fare il capolista al Sud. Nel Triveneto è probabile la corsa dell'ex ministro Flavio Zanonato, a spasso dopo la caduta del governo Letta.

Ma non mancano i vari "cavalli da tiro" che poi rinunceranno al seggio. Destino che accomuna il falco forzista Raffaele Fitto e il nemico giurato Angelino Alfano, che ha già messo il nome sul simbolo (Silvio docet). Del resto Nuovo centrodestra rischia di morire in culla e tutti sono precettati, da Maurizio Lupi a Roberto Formigoni. A sinistra anche Barbara Spinelli e l'attore Moni Ovadia (L'Altra Europa con Tsipras) hanno già fatto sapere che, se eletti, non andranno a Strasburgo. Sempre che la lista non ricalchi il naufragio della Sinistra arcobaleno e di Rivoluzione civile. Parafrasando il proverbio, finché c'è voto c'è speranza.

 

 

CLAUDIO SCAJOLA Matteo Renzi e Ciriaco De MitaLuca CasariniMERCEDES BRESSO Mercedes BressoLATORRE PIGLIA A SCHIAFFI MICHELE EMILIANOlogo mir samori MICHELE EMILIANO

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