BUSI E ALTRI COSTUMI – DOPO 25 ANNI RITORNA IN LIBRERIA “SENTIRE LE DONNE”, FORMIDABILE LIBRO RIPIENO DI HUMOR SUL MISTERO CHE L’ALDISSIMO CONOSCE MEGLIO: IL MISTERO DELL’ETERNO FEMMININO

Un racconto di Aldo Busi tratto da ‘’Sentire le donne’’ pubblicato da “Il Fatto Quotidiano”

 

aldo busi sentire le donnealdo busi sentire le donne

Montichiari, 23 aprile 2012. Ah, quanto mi piace insegnare e che gioia mi dà tuttora constatare che ciò che insegno va a segno! Stamane ho iniziato la giornata alla grande: sono appena rientrato dal bar tabaccheria di Regina, lì al Total, che apre alle cinque, ero rimasto senza sigarette e senza caffè da ieri e ho fatto il pieno, ne ho bevuti cinque, i primi due doppi.

 

Conosco Regina da una decina di anni, da quando ha preso in gestione col marito il bar del Total, che sta aperto ben diciannove ore al giorno e è il ritrovo degli operai di tutte le nazionalità e dove regna sovrana la quiete più assoluta, non c’è consumazione che non sia accompagnata dal suo scontrino, ha tre tavolini fuori dove ci si mette a fumare, ognuno per conto suo, senza alcun tipo di conversazione, perché gli uomini non parlano o quelli che si servono lì non ne hanno il tempo, arrivano, consumano e se ne vanno al lavoro, salvo un paio di sfaccendati o di invalidi di chissà cosa con un qualche tipo di pensione sociale che stanno lì tutto il giorno, bevono bianchini, fanno una pisciatina, danno un colpo alla slot, buttano lì un “Dio figa” sia che sentano il canto della sirena nello scroscio delle monete sia che contino gli ultimi spiccioli con una collera quasi indifferente,

aldo busi sentire le donne vecchia coveraldo busi sentire le donne vecchia cover

 

prendono uno spritz coll’Aperol, fumano una sigaretta fuori, si rimettono sul loro sgabello dentro, si guardano intorno come gufi sul trespolo, grattatina alla barba di più giorni, ti guardano sempre in attesa di una parola, se nessuno, dopo avergli dato un’occhiata, gliela rivolge, cominciano a parlare sottovoce da soli e lei e le sue ragazze non dicono niente, anzi, gli dicono qualcosa, frasi fatte di pazienza, discorsi tanto per smuovere la lingua finché la voce ai due fissi sperduti ritorna per un po’ alta normale e tacciono tutto d’un colpo, pisciatina, sigaretta, colpo di slot, altra decurtazione della pensione sociale, “Dio figa”, e intanto hanno fatto giornata senza gravare anche sulla Sanità;

 

Regina è di origine brasiliana, di un’intelligenza non meno affascinante delle sue treccine color miele con perline e nastrini lunghe fino alle natiche, ben brasiliane anch’esse, come gli zigomi alti e vagamente indi, che ipnotizzano se ti fissano un istante di più, chiaro che vanno tutti lì, guardare e non toccare, è come se dal suo corpo sempre ben vestito in abitini interi color pastello o in pantaloni aderentissimi e stretti sopra la caviglie sprigionasse al contempo il magnete che attira e il filo elettrico che tiene a distanza, e le ragazze che fanno i turni sono croate o rumene, rare le italiane, sempre belle... e secondo me bellissime tanto sono inappariscenti, visto che neppure si truccano o in modo tale da sembrare più naturali del naturale... e affabili, ma di polso, gli uomini non si permettono alcuna confidenza e non ho mai saputo di una battuta pesante, a parte le mie che aspettano come pioggia in un deserto;

Beppe Convertini saluta Aldo Busi Beppe Convertini saluta Aldo Busi

 

ovvio che il bar ha molto successo, perché il sorriso di prima mattina o prima di andare a letto di una ragazza così nostrana e così irraggiungibile non ha prezzo. Va be’, io ho una adorazione personale per Regina, e anche per Monica, la sua socia, sono sempre così alla mano con tutti, mai un gesto di stizza o un pettegolezzo maligno, accolgono con lo stesso calore il clandestino giornaliero e l’integratissima, esorbitante Brunella, sempre impellicciata per principio, una trans sessantenne tutto tette e gigantesche parrucche

Aldo Busi Aldo Busi

 

rosse che ha fatto la notte e si prepara a fare il tramonto sin dall’alba assistita dai termos e dai panini della moglie ancella muta e fedele, e anche innamorata, ammirata e grata, la santa lucida, le bariste del bar Regina sono tutte donne che arricchiscono la vita sociale e economica di Montichiari, brave, perbene, delle gran lavoratrici con un passato di sacrifici e di strenua difesa della loro dignità, poi che ognuno faccia come crede, se passa qualche troia e si guarda attorno, non sono affari loro, la servono e la riveriscono come se fosse la sindaca in persona o una mariavergine, non fanno differenza, ci mancherebbe altro, e neppure la vedrebbero se ci fosse, faccia quel che faccia e sia quel che sia,

 

ognuna fa la propaganda che crede, è una donna come loro, la rispettano e la accolgono per quel poco che può accogliere un bar e, come tutti coloro che hanno sofferto rinunciando alle proprie radici, possiedono un senso dell’umorismo e della disinvoltura sdrammatizzante ignoto ai cittadini stanziali che si sono ritrovati tutto attorno alla culla e da lì non si sono mai spostati coltivando il tratto più sintomatico della mediocrità: la suscettibilità, che va a braccetto col razzismo verso chiunque non sia nato e cresciuto lì, in questa angusta zolla di terra di leghisti di messa, di merda, volevo dire, anche se ormai, persino nel mio caso di affetto da megacolon, la merda è la cosa più preziosa che ambirei a fare e se la offendo capace di punirmi mineralizzandosi del tutto, e me con lei.

Aldo Busi e Pippo Baudo Aldo Busi e Pippo Baudo

  

Be’, siccome non c’era ancora nessuno, tra un caffè e l’altro, chiedo a Regina come sta il suo bambino, che ora ha dodici anni e che ho visto solo una volta, un cinque anni fa, che già ne dimostrava nove; mi dice che sta bene, che gioca a calcio, che è alto come lei e che non dice mai una parolaccia, che gli piace tanto andare a scuola e che persino gli insegnanti sono stupiti di quanto sia educato e volonteroso, però ha già fatto lo sviluppo e “non lo tengo più, è un angioletto con gli istinti sessuali di un gorilla, adesso pretende anche di passare il sabato sera a dormire dalla sua ragazza, che ne ha quattordici, e da notare che la madre della ragazza sarebbe d’accordo, ma io la ammazzo prima... be’, è mio figlio, da qualcuno avrà preso...”,

Aldo Busi Cinzia Monteverdi Aldo Busi Cinzia Monteverdi

 

e fa così slanciando in alto il collo e girandolo socchiudendo gli occhi con orgoglio, e poi che gli insegnanti le hanno detto che “è un bambino fino”, la correggo, “A parte il fatto che dati gli insegnanti, tutto è possibile, ma si dice fine, non fino, riferito a una persona”, e nel dire così sia lei che la giovane aiutante croata o kosovara o rumena o serba ma che importa, mica devo farle le carte di soggiorno che peraltro ha già da quel dì, per me fino a che sta qui è una monteclarense come tutte le altre, si fermano incantate nemmeno le avessi toccate con la bacchetta magica.

  

Aldo Busi Aldo Busi

“Una persona educata è fine, essere fine singolare o fini d’animo al plurale, il sale, per esempio, che è una cosa sottile sottile, è fino opposto a quello grosso”, continuo, e Regina, “Ma fine non si dice di una donna? Sai, io ho imparato l’italiano di giorno in giorno, oltre che da mio figlio, che lo insegna anche a suo padre che in casa ha sempre parlato dialetto”, “Fine va bene sia per il femminile che per il maschile, un ragazzo fine, una ragazza fine, il sale invece è fino e la sabbia è fina”, e l’aiutante mi dice, “Io vorrei tanto imparare quei vostri verbi così difficili!”, e tra il secondo doppio e il quinto caffè, spiego a entrambe alcune nozioni elementari del congiuntivo,

 

“Per esempio: se io volessi, e sottolineo adesso, bere anche cinque grappini, significherebbe che ho un problema di alcolismo; se, l’anno scorso, avessi voluto bere cinque grappini appena sveglio, avrebbe significato che avevo un problema di alcolismo. Poi, facciamo un esempio del tutto diverso ma sempre col congiuntivo: io vado al cinema, ma non so se tu voglia... non ‘se tu vuoi’...

 

Aldo Busi con Cinzia Monteverdi Aldo Busi con Cinzia Monteverdi

venire con me, che comunque ‘se tu vuoi’ non è sbagliato, e poi io direi ‘non so se hai voglia di venire con me’, sono tante le sfumature, e ho scelto un esempio non del tutto felice. Non è sempre vero, ma di solito quando una frase inizia con ‘se’ ci vuole il congiuntivo tranne nei casi in cui... ‘ieri non sapevo se avrebbe accettato l’offerta’ e ‘ieri non sapevo se avesse accettato l’offerta’ significano due cose completamente diverse accadute o che stanno per accadere in due tempi diversi, una nel futuro, ‘ieri non sapevo se l’indomani avrebbe accettato l’offerta’, l’altra nel passato, cioè ‘ieri ancora non sapevo se avesse già accettato l’offerta’ mettiamo ‘l’altro ieri’, cioè prima che io mi chiedessi se aveva accettato o no...

 

Aldo Busi Aldo Busi

Poi, prendiamo la frase fatta, fatta perché o la dici così o non la dici, ‘che tu, che lei, che lui lo voglia o no’, ‘voglia’ è un congiuntivo, anzi, per assurdo, tutto ciò che è una voglia ma che da solo non puoi soddisfare è un congiuntivo, un modo di congiungere due cose, due persone, due possibilità, due visioni, due stati d’animo, uno dentro e uno fuori, che non si sa ancora se andranno d’accordo, se ci stanno a starci, per esempio, io dico, ‘vorrei tanto che il benzinaio venisse a letto con me che poi la pompa ce la metto io’, be’, esprimo un desiderio, ma non so se il benzinaio ci starà a venire a letto con me e, soprattutto, se al caso non voglia, non voglia, portarsi dietro anche la pompa...”

 

e, tra uno scoppio di risate e l’altro, continuo a spiegare per filo e per segno, entrambe immobili che riproducono le frasi con le labbra senza emettere i suoni, “Il congiuntivo si usa anche per dare ordini o suggerimenti o consigli nel tempo detto imperativo, cioè che impera, che comanda, che impone o che suggerisce a un altro una certa azione.

ALDO BUSI AL FESTIVAL DEL LIBRO ALL AUDITORIUMALDO BUSI AL FESTIVAL DEL LIBRO ALL AUDITORIUM

 

Guardate che nemmeno gli italiani lo sanno coniugare. Proprio ieri, il mio insegnante di ginnastica, con quale ci si dà del lei, mi chiama e mi fa, ‘Sono un po’ in ritardo, abbi pazienza’ e quando è arrivato gli ho spiegato che ‘abbi’ lo dice a sua sorella, a me deve dire ‘abbia’, facendogli altri esempi intanto che stendeva i tappetini di plastica”. E glieli ripeto anche a loro due.

 

ALDO BUSI ALL AUDITORIUM DI ROMA ALDO BUSI ALL AUDITORIUM DI ROMA

Poi, come vedo che la porta del bar si sta aprendo e cominciano a entrare in cinque, faccio in tempo a spiegargli la differenza tra “dà”, che si può scrivere anche senza accento e “da’” e “va’” – e gli spiego la ragione di quell’apostrofo - e “vada” e “vadano” e “andate” e me ne vado io, abbracciando Regina con gratitudine, come se stringessi a me il discepolo ideale.

  

Se ripenso agli occhi rapiti delle due giovani donne e dell’insegnante di ginnastica, vedo che la loro mente ricollocava nel posto giusto cose fino a quel momento nel posto sbagliato, vedo qualcosa illuminarsi in loro come a dirsi ‘ma come è possibile che non ci sia arrivato prima?’, vedo che in un baleno escono sul balcone per riportare in camera un cassettone con la biancheria che gli creava mille problemi anche solo per cambiarsi le mutande e spostare da sopra la testata del letto la scansia coi rasoi e la crema da barba e la lacca per le unghie che normalmente dovrebbe stare sopra il lavabo del bagno e stendere sopra il letto la trapunta che erano costretti, con grande inconfessabile imbarazzo, a usare come tovaglia fino a un istante prima.

DA OGGI ALDO BUSI DA OGGI ALDO BUSI

 

Il problema è sempre lo stesso: insegnare a chi vuole apprendere è una gratificazione tale per chi insegna e chi apprende che finiscono per rispecchiarsi annullando ogni gerarchia e si perde la cognizione di chi insegna a chi, ma nessuno ha ancora scoperto come e cosa insegnare a chi non vuole apprendere e a chi usa i tuoi insegnamenti solo per perfezionare la sua ignoranza, la sua arroganza, la sua smania di distruzione, di “una vita piena di guai” cominciando a confondere gli apostrofi con gli accenti.

DA OGGI ALDO BUSI DA OGGI ALDO BUSI

  

Io ho speso immani energie fisiche e materiali nella mia vita non rassegnandomi a non insegnare innanzitutto il desiderio di apprendere a chi addirittura ha trattato con disprezzo, e senza alcun costrutto per sé e i suoi dislocati mobili mentali, i miei sforzi, anche economici, per migliorare l’assetto della sua abitazione linguistica e pertanto professionale e sociale e politica e sentimentale, e non rimpiango niente e i miei fallimenti non mi hanno affatto reso cinico e rassegnato in generale e mai accetterò di lasciar stare una cateratta che occlude un occhio sano sotto senza fare di tutto per intervenire contando sulla cooperazione dell’orbo, però alla mia età devo imparare a individuare i non discepoli, gli sfruttatori della mia buonafede che ha sempre la meglio su ogni mia stanchezza e nausea pregressa, devo imparare a non insegnare a chi mi prende in giro e a accettare che i più vivono benissimo col cristallino opacizzato e non vogliono più luce di quella che già hanno, basta non mi rompano i coglioni per avere da me gli strumenti e i costi per l’operazione per poi correre a sputtanarseli in occhiali firmati.

  

aldo busi aldo busi

Però, come dire, spero e di riuscirci e allo stesso tempo di non riuscirci a essere così categorico, perché la migliore soluzione non è ancora stata inventata e tra sbagliare perché non fai e sbagliare perché fai non c’è scelta. Ma sarà l’ultima volta – proprio come la precedente, lo sento, e ne sono terrorizzato, invano. E pensare che non dovrebbe essere difficile mettersi nella zucca che chi scrive “be’” è destinato all’umanità e chi scrive “bè” è destinato all’ovile, e che chi dice “da un po’” pensando “da un pò” si sta preparando una brutta fine, anzi, che l’ha già fatta. Però, per imparare qualcosa, occorre l’umiltà di un’intelligenza orgogliosa a proposito, lungimirante, occorre come base essere o almeno voler essere re e regine di sé.

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