BUTTAFUOCO AL ROGO – CHE UN TIPINO COME GIORGIO MULÈ CACCI DA “PANORAMA” PER LESA MAESTA’ PIETRANGELO BUTTAFUOCO CI STA TUTTO; QUELLO CHE LASCIA BASITI È CHE LA STESSA DECISIONE L’ABBIA PRESA UNO COME FERRARA CHE HA SEMPRE ‘’SPANZATO’’ LIBERTINAMENTE – P.B.: “NON CREDO SI SIA FATTO IMBECCARE DA QUALCUNO. LA CONTROPROVA VIENE DAL FATTO CHE QUELLA STESSA MATTINA LA MONDADORI MI HA CHIESTO DI REALIZZARE IL LIBRO DAL TITOLO “I DESTRUTTI

Maurizio Caverzan per "il Giornale"

È il caso giornalistico e culturale del giorno. Caso che sfiora i piani alti della politica di area berlusconiana. Pietrangelo Buttafuoco, scrittore siciliano anticonformista assai, è in odore di licenziamento da Panorama per aver firmato sulla prima pagina di Repubblica con cui collabora dalla primavera scorsa «Il dizionario dei destrutti». Ovvero, da Alfano Angelino a Zanicchi Iva passando per Rai Radiotelevisione Italiana, uomini e luoghi della destra, distrutti dal ventennio berlusconiano.

La collaborazione con il quotidiano «nemico» era autorizzata. Come lo era quella con Il Foglio «amico» di Giuliano Ferrara. Entrambi revocate dopo l'uscita dell'articolo incriminato. Il direttore di Panorama Giorgio Mulè ha dichiarato che Buttafuoco «ha tradito la mia fiducia». E su Twitter si è scatenato un putiferio, protagonisti lo stesso Mulè e Pigi Battista del Corriere della Sera.

Pietrangelo, te le vai a cercare?
«Francamente cado dalle nuvole. Avevo un accordo verbale e scritto con l'autorizzazione per una collaborazione saltuaria con Repubblica. E di collaborazione saltuaria si è trattato, senza che ci fossero mai stati problemi».

Ma com'è nata questa collaborazione con uno dei giornali più invisi a una buona fetta dei tuoi lettori di riferimento?
«Me l'hanno chiesto. A Repubblica interessavano il mio punto di vista e la mia scrittura. Certamente non sono di sinistra, ma non ho appartenenze. La mia identità è integra, non mi hanno chiesto nessun lavacro. È stato un riconoscimento alla mia scrittura: oltre ad Adriano Sofri c'era un altro che collaborava con Il Foglio e Repubblica. Il quale è il primo giornale d'Italia e ha la forza per contenere le differenze».

Remore?
«Non ne ho avute. Al di là del mestiere, è un giornale di cui mi nutro. Molti di quel mondo sono miei maestri».

Nomi.
«Da Eugenio Scalfari a Francesco Merlo allo stesso Michele Serra. Soprattutto ho sempre avuto attenzione per lo stile di Berselli. I Destrutti nasce nel solco dei Sinistrati».

E Mulè ti aveva autorizzato a collaborare.
«In modo quasi affettuoso».

Ma c'era quel vincolo a scrivere di cultura e di spettacoli o no?
«Questa degli spettacoli mi giunge nuova. Era chiaro che Repubblica mi chiamava in virtù della mia identità di scrittore. Il famoso pezzo incriminato era un esercizio di scrittura, un dizionario. Una formula giornalistica che avevo sempre utilizzato, per esempio sul Foglio».

Quindi cadi dalle nuvole.
«Ero in assoluta buona fede. Mi era venuta questa idea e l'ho realizzata. Oltretutto questo argomento l'avevo proposto anche a Panorama. Quando mi ha chiamato Malcom Pagani del Fatto riferendomi le dichiarazioni di Mulè mi sono sentito nell'obbligo di rispondere perché non sono mai venuto meno ad accordi verbali o scritti».

Non sarà una burocrazia giornalistica ad aver provocato il divieto a proseguire le collaborazioni.
«Constato una certa ostilità nei miei confronti. E mi dispiace perché a Mulè ho visto fare un'azione di altissimo profilo etico di cui conservo buona memoria».

Panorama è la testata di punta della Mondadori diretta da Marina Berlusconi. Mulè si sarà consultato?
«Non credo si sia fatto imbeccare da qualcuno. La controprova viene dal fatto che quella stessa mattina dai piani alti di Segrate mi hanno chiesto di realizzare il libro dal titolo I Destrutti in continuazione ideale con Sinistrati di Berselli, edito da Mondadori. E poi, oltre a parecchi colleghi di Panorama, anche molti politici di destra si sono detti entusiasti dell'articolo».

Non ti sentirai anche tu un martire al centro di un caso politico?
«Lo sta diventando. È strano che tutto questo sia capitato dopo quel pezzo e non dopo un articolo sul centrosinistra o sul festival di Sanremo. Ora sembra una rappresaglia. Invece...».

Invece?
«Anche un importantissimo collaboratore di Berlusconi peraltro citato non benevolmente si è complimentato».

Complimenti veri o di circostanza?
«No, è un uomo intelligente, ironico, un personaggio da romanzo».

Come finirà tutta questa faccenda?
«Male, stando alle dichiarazioni indiavolate di Mulè. Comunque, in fondo c'è una cosa bella».

E sarebbe?
«Che ne stiamo parlando sul giornale che fu di Montanelli».

Il quale poi però finì alle feste dell'Unità.
«Se è per questo io andrò a tenere una lezione a Eataly di Oscar Farinetti».

Allora è un vizio quello di cascare a sinistra.
«Te l'ho detto, non ho appartenenze. Come mi dice sempre Michele Serra, lo scrittore di destra è doppiamente sfortunato. Sai perché? Perché quelli di sinistra non lo leggono perché è di destra. E quelli di destra non leggono».

 

LA FRASE MAI DETTA SULLE ORECCHIE DI ALFANO
Lettera di Cesare Previti a "la Repubblica"

Leggo su Repubblica che Pietrangelo Buttafuoco mi attribuisce un apprezzamento da me mai pronunciato su Angelino Alfano. In questi anni mi sono dato una consegna alla riservatezza che non intendo violare, ma poiché di fronte alle notizie totalmente destituite di fondamento non intendo porgere né orecchie né guance, voglio precisare che mai ho pronunciato, nei confronti di Alfano le parole che mi vengono attribuite.

Risposta di Pietrangelo Buttafuoco
Conosco tutta la destra dell'Urbe e riguardo alla battuta attribuita all'avvocato Cesare Previti sull'onorevole Alfano - "È uno che se gli mozzi un orecchio ti porge subito l'altro", una battuta peraltro assai bella - il numero delle mie fonti è tanto enorme da dover accogliere la smentita nel segno dell'uso di mondo. Detto ciò, se non è proprio vero, non posso che essere contento per le orecchie di Alfano.

 

 

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