IL CINEMA CONTRO I TAGLI DI GIULI MANI DI FORBICE: “IL GOVERNO CI RIPENSI O AVREMO FALLIMENTI A CATENA E LA SCOMPARSA DI UNA PARTE IMPORTANTE DEL SETTORE” - L’APPELLO DI ANICA, APA E CNA PER CAMBIARE LA LEGGE DI BILANCIO CHE PREVEDE UN TAGLIO DEL FONDO CINEMA DI 150 MILIONI: “75 MILA POSTI DI LAVORO SONO A RISCHIO” - I TAGLI RIGUARDANO SOLO IL CINEMA PERCHÉ GIULI QUANDO PARLA CON IL SUO ENTOURAGE, DICE “TANTO IL CINEMA È DI SINISTRA”
Luca Monticelli per lastampa.it - Estratti
LUCIA BORGONZONI ALESSANDRO GIULI
Una dissolvenza in nero sul cinema e sull’intero comparto audiovisivo italiano, che rischia di non lasciare spazio a nuove immagini. È lo scenario drammatico prospettato dalle associazioni industriali del settore se non cambieranno le norme inserite nella legge di bilancio.
Il taglio ai fondi per il cinema e le nuove regole per accedere al Tax credit– il credito d’imposta – hanno messo in allarme i produttori e tutte le maestranze. Alessandro Usai, presidente di Anica, la sigla di Confindustria che rappresenta diverse categorie della filiera, lancia l’allarme:
«Se la politica non emenderà la manovra avremo una crisi di produzione e un impatto occupazionale senza precedenti nel nostro mondo. Rischiamo fallimenti a catena e la scomparsa di una parte importante del settore».
Il taglio del fondo cinema di 150 milioni, e gli effetti della revisione del Tax credit – che secondo gli operatori può comportare una perdita di altri 320 milioni di euro di investimenti – «mette a repentaglio l’esistenza di tutte le produzioni del 2026, che siano grosse, medie o piccole».
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Con la manovra il plafond del credito d’imposta non è stato definito, lamentano i produttori, e questa incertezza potrebbe indurre i committenti a chiudere i set dal primo gennaio, proprio perché verrebbe a mancare un terzo del budget. «I nostri lavoratori sono per il 98% macchinisti, costumisti, tecnici vari che dalla sera alla mattina potrebbero trovarsi in disoccupazione perché sono tutti assunti a progetto», insiste il presidente dell’Anica. La ricaduta occupazionale potrebbe essere pesantissima: tra i 50 mila e i 75 mila addetti sono i posti di lavoro in pericolo.
«Ci sono 2.400 aziende in Italia che si occupano di audiovisivo, la maggior parte nel Lazio, in Campania, Lombardia ed Emilia Romagna», evidenzia Gianluca Curti, presidente della Cna cinema e audiovisivo, che aggiunge: «Queste regioni avrebbero le ripercussioni più pesanti e i colpiti sarebbero i giovani under 40, in particolare le donne. Noi chiediamo alla politica di mettersi attorno a un tavolo con noi per modificare le tempistiche del nuovo credito di imposta ed evitare il collasso».
La necessità di concordare i tempi del nuovo Tax credit è evidenziata anche da Chiara Sbarigia, presidente di Apa, l’associazione dei produttori audiovisivi. «I progetti hanno bisogno di una programmazione che dura 8-10 mesi, cambiare le regole senza preavviso è insostenibile».
TAGLIO AL FONDO PER CINEMA E AUDIOVISIVO IN MANOVRA
Sbarigia snocciola i numeri del settore delle serie che vale quasi 800 milioni di euro: 130 milioni provengono da investimenti privati, coproduzioni e distributori; 400 milioni sono gli investimenti delle grandi committenti e 250 milioni arrivano dal Tax credit. «Senza questa quota, l’equilibrio economico salterebbe», sottolinea.
La polemica sui fondi pubblici destinati al cinema è nata quest’estate quando la premier Giorgia Meloni si scagliò contro il sistema denunciando abusi e truffe, con sovvenzioni erogate persino a Francis Kaufmann, il sedicente regista accusato dell’omicidio della compagna a Villa Pamphili. «La storia di Kaufman è un’anomalia – rimarca Sbarigia – non ha nulla a che vedere con il Tax credit che è destinato ai produttori, i quali sono obbligati a consegnare una copia del girato».
Gli operatori si aspettano un intervento del Parlamento per ripristinare i fondi: «Abbiamo trovato ascolto e comprensione da tutti i gruppi politici», rivela Sbarigia che qualche giorno fa ha incontrato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Gli ho spiegato come funziona il mondo dell’audiovisivo e l’impatto del Tax credit anche sulle serie della Rai, compresi i documentari e l’animazione».



