IL CINEMA DEI GIUSTI - JASMINE TRINCA DO BRASIL (POLITICAMENTE BANALE)

Marco Giusti per Dagospia

"Girare un buon film in Brasile è facile", diceva Gustavo Dahl, teorico del Cinema Novo, "basta andare in viaggio per il paese, è l'India". In fondo le parti più riuscite di "Un giorno devi andare" di Giorgio Diritti, regista di opere cupe e serissime, come "Il vento fa il suo giro" e "L'uomo che verrà", sono proprio quelle di puro viaggio per il Brasile povero e selvaggio intorno al Rio delle Amazzoni, il fiume, gli indios, le palafitte di Manaus.

C'è un funzionamento rosselliniano che agisce al di là dei desideri di cinema e di racconto cattolico di Diritti. Il viaggio nel cuore del Brasile, lo scontro con una natura selvaggia che assorbe le tue domande è già un film. E' lì, comunque, che la bella Augusta, una ben ritrovata Jasmine Trinca dopo troppi film morettiani, meno cupa delle consuete reginette della sfiga dei film italiani visto che si esibisce anche in una partita di calcio, è finita alla ricerca di una risposta, di una illuminazione, forse di una fede che non ha più.

Trentenne abbandonata dal marito perché non può avere figli, vive il suo stato di non procreatività come la maledizione di tutta la borghesia occidentale in un mondo dove i maschi sembrano inesistenti o sfuggenti e le donne costrette a soffrire. Un po' come nell'ultimo film di Alina Marazzi, che ha meno complicazione cattoliche, la crisi della nostra società sembra riversarsi interamente nel senso di colpa delle donne che non riescono a avere figli. Una società sterile.

"Ormai per noi è difficile essere felici sconfitti da millenni di sensi di colpa", dice la stessa Augusta all'inizio del film come se fosse Martin Sheen in "Apocalypse Now" mentre risale il Mekong. Questa maledizione, nel film, colpisce diverse generazioni di donne. Sia quelle rimaste a Trento per dovere di copione e di Film Commission Trentina, cioè la tristissima madre di Augusta, l'intensa Anne Alvaro già eroina dei film di Raoul Ruiz e di Noémie Lvovky, la più allegra nonna Sonia Gessner, già vecchia ai tempi di "Colpire al cuore" di Gianni Amelio e nella vita vedova dell'architetto Aldo Rossi.

Sia quella che divide il viaggio con lei, Sorella Franca, la notevolissima Pia Engleberth già suora comica nella sitcom tv "Belli dentro", che ha visto nella fede l'unica risposta ai disastri del mondo: "La fede sei tu, quello che senti, nel profondo della tua anima". Per rispondere alle sue domande e trovare una soluzione alla sua crisi, non riuscendo a sentire la chiamata della fede, Augusta lascia Franca e si butta tra i più poveri di una favela sulle palafitte di Manaos.

"Se vuoi cambiare le cose, devi andare dove le cose vanno cambiate" le dice un militante cattolico molto serio. Ma neanche lì, alla ricerca di un inserimento in una comunità povera e primordiale, Augusta riuscirà a trovare le sue risposte e finirà per ripercorrere il fiume, naufraga su una spiaggia dove potrà essere illuminata solo dal volto del bambino che non può avere. Tristissimo, con qualche pesantezza, ma ottimo film da esportare senza fare brutte figure, interpretato con grande intensità e freschezza da Jasmine Trinca e da tutto il bel cast femminile, soprattutto da Pia Engleberth, "Un giorno devi andare", come i precedenti film di Diritti, dividerà la critica.

Troppo facile, troppo cattolico, troppo dichiarato per alcuni, perfetto per altri. Diciamo subito che la prima parte del film, con Augusta e Sorella Franca in giro sulla barchetta per il Rio delle Amazzoni alla ricerca di indios da indottrinare, è la migliore. Proprio perché è vero quello che diceva Gustavo Dahl, agisce l'effetto l'India, il viaggio rosselliniano in un paese ancora naturale e selvaggio dove le contraddizioni occidentali si scontrano con una realtà della terra e dell'acqua.

Nella prima parte del film poco e niente sappiamo di Augusta e del perché del suo viaggio e la coppia delle donne sul fiume che mangiano riso e fagioli è misterioso e poetico. Quando entriamo in contatto con la storia alle spalle di Augusta, la mamma e la nonna che vivono a Trento e si tormentano a vicenda, e arriva un esercito di suore, il film perde intensità e diventa banale.

La storia nelle palafitte di Manaus per il nostro cinema è notevole, anche se nel reparto tragedia della miseria nelle favele nei festival si vede di meglio. Il film riprende quota però nella parte finale con la crisi di Augusta, grazie anche a Jasmine Trinca. Certo, la copia Adelphi del libro di Simone Weil che non si rovina dopo tempeste e situazioni disperate alla "Lost" ai critici più bastardi fa un po' ridere, per non parlare dell'invadenza della Film Commission Trentina, ma abbiamo visto di molto peggio. In sala dal 28 marzo.

 

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