
“GIOCA JOUER? I CRITICI MI RIMPROVERAVANO PERCHÉ A LORO PIACEVANO I LED ZEPPELIN, MA PIACCIONO ANCHE A ME, CHE CAZZO C'ENTRA” – CLAUDIO CECCHETTO MEMORIES: “A ‘RADIO INTERNATIONAL’ LAVORAVO GRATIS, LE RAGAZZE CI TELEFONAVANO E PRENDEVAMO UN APPUNTAMENTO. PER RICONOSCERCI CI DICEVAMO COME ERAVAMO VESTITI, MA MI PRESENTAVO CON UNA GIACCA DI UN ALTRO COLORE: SE NON MI PIACEVA ME NE ANDAVO” – LO SCAZZO CON MAX PEZZALI, LA “SCOPERTA” DI JOVANOTTI E FIORELLO: “QUANDO LO PRESI IN RADIO, DOPO TRE MESI MI CHIAMÒ CELENTANO AL TELEFONO: MI DISSE ‘QUESTO RAGAZZO QUA CURALO, È UNA POTENZA, MAI SENTITO UNO COSÌ’. IN REALTÀ ERA FIORELLO CHE STAVA IMITANDO LA VOCE DI ADRIANO…”
Estratto dell’articolo di Franco Giubilei per “la Stampa”
[…] 1975, agli albori della disco music, […]Claudio Cecchetto ci vedeva già lungo, mostrando di saper fiutare il vento in fatto di gusti del pubblico: nel giro di pochi anni avrebbe scalato prima l'etere, nel periodo del boom delle emittenti private, e poi il mondo televisivo legato alla musica giovane, approdando a Discoring e al Festival di Sanremo come conduttore.
Con Gioca Jouer, brano bollato come una cretinata dalla critica engagé, si è anche preso il lusso di entrare in classifica con uno dei pezzi più venduti del 1981: «Mi dicevano "sono capace anch'io di fare una canzone con i verbi", al che rispondevo "e allora perché non l'hai fatta" – recita il Cecchetto-pensiero nelle parole del diretto interessato, oggi 73enne -. Il fatto è che bisognava avere coraggio a farlo, perché una cosa così non esisteva. Ho fatto un gioco, per questo è durato negli anni e anche adesso, a fine serata, lo mettono ancora. Mi rimproveravano perché a loro piacevano i Led Zeppelin, ma piacciono anche a me, che cazzo c'entra…».
[…] Negli Anni 70 ha anche fatto politica, a scuola e all'università.
«La politica mi appassionava, mi interessavano i problemi dei ragazzi. Presto però mi sono accorto che i leader erano proiettati verso un avvenire da politici e ho lasciato stare. All'università poi sono entrato in Avanguardia operaia, ma anche lì il piano non era tanto occuparsi degli studenti, quanto costruirsi una carriera».
Quando è cambiata la sua vita?
«Ho sempre pensato che lo studio servisse a prendere tempo per trovare la mia via, alimentarista non mi piaceva, pensavo va bè, succederà qualcosa, e intanto facevo il dj in discoteca a Milano. Una sera venne da me Angelo Borra di Radio Milano International e mi chiese se volevo fare la radio. Gli ho chiesto quanto si guadagna? E lui: niente. Il giorno dopo ero lì. Ho fatto un provino terribile ma proprio quel giorno mancava un dj e mi chiesero se me la sentivo di andare in onda.
È cominciata così: ho lasciato l'università e i miei genitori si sono preoccupati moltissimo, ma io mi divertivo e andavo a letto contento, non vedevo l'ora di andare a lavorare. Facevamo pubblicità al ristorante sotto la radio e mangiavamo gratis lì, parlavamo dei vestiti al microfono e i negozi li regalavano».
Serviva anche a far colpo con le ragazze?
«È logico, le occasioni aumentano quando fai lo speaker. Le ragazze telefonavano in radio e prendevamo un appuntamento: per riconoscerci ci dicevamo come eravamo vestiti, al che io dicevo che avevo una giacca blu, ma mi presentavo con una giacca di un altro colore: se non mi piaceva me ne andavo, se mi piaceva le dicevo che ero io, scusandomi per aver sbagliato giacca».
Poi nel 1978 la scoprì Mike Bongiorno.
«Era direttore artistico di Tele Milano, quando venne a trovarmi in radio quasi non ci credevo… Fece anche una gaffe, mi disse che mi ascoltava ogni mattino, ma io trasmettevo solo di pomeriggio. […] Ma la svolta delle svolte è arrivata nel 1979, quando Boncompagni lasciò Discoring e a sostituirlo chiamarono tre dj, fra cui io. Poi nell'80, '81 e '82 ho condotto Sanremo».
Fra le sue creature c'è Jovanotti, come si accorse di lui?
«C'era una gara fra i TuTu, un gruppo che producevo io, e questo Jovanotti, che non conoscevo, per arrivare al Festivalbar, e vinsero i TuTu. Me lo descrissero come uno un po' fuori di testa e andai a vederlo: saltava da una parte all'altra del palco, si proiettava sul pubblico: di colpo a me i TuTu non interessavano più, dissi ai miei: andiamo a prendere questo qua. È l'artista a cui sono rimasto più legato, è anche il padrino di mio figlio Jody».
[…] Un aneddoto con Fiorello?
«Quando lo presi in radio, dopo tre mesi mi chiamò Celentano al telefono: mi disse questo ragazzo qua curalo, è una potenza, mai sentito uno così. Qualcosa mi insospettì e gli chiesi ma perché non me l'hai detto ieri sera, quando ti ho visto di persona. Lui mi rispose che non gli sembrava il caso, ma io la sera prima mica l'avevo visto Adriano. Era Fiorello, che stava imitando la voce di Celentano…».
Con Max Pezzali invece è finita male, vi siete riappacificati?
«Parliamo di cose belle che è meglio. La situazione non è risolta, ma niente parte o è partito da me, non ho litigato con nessuno, bisognerebbe chiedere a lui da cosa è nata, io posso solo immaginarlo».
[…] Lei ha anche provato a farsi eleggere sindaco.
«Sì, e a Misano nel 2019 ho rischiato di vincere. Ho ottenuto un buon risultato anche a Riccione nel 2022. Pensavo che, oltre alla sicurezza che è scontato dover fornire, bisogna cercare di soddisfare il lato ludico, che le persone si divertano». […]
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