craxi vereni

"AVREMMO DOVUTO AMMAZZARE CRAXI…” - LA SCENA DELLE MONETINE CONTRO BETTINO AL RAPHAEL RACCONTATA CON FEROCIA DA PIERO VERENI, OGGI PROF DI ANTROPOLOGIA A TOR VERGATA: “IO C'ERO. E COME TUTTI QUELLI CHE FANNO LA STORIA, NON HO CAPITO CHE OCCASIONE AVEVO PER LE MANI. AVREMMO DOVUTO FAR FUORI CRAXI A PEZZI, GETTARE LE SUE (LUNGHISSIME) BUDELLA SULLA PORTA DEL RAPHAËL E SACRIFICARE ANCHE QUALCUNO DI NOI IN NOME DEL PAESE, PER FAR CAPIRE A TUTTI CHE…" (QUALI INSEGNAMENTI PUO' DARE UN PROF CHE HA QUESTE IDEE?)

 

Filippo Facci per “Libero quotidiano”

 

CRAXI MONETINE RAPHAEL

La scena dell' Hotel Raphaël e delle monetine contro Bettino Craxi la conoscono anche i più giovani, ma a loro sembra una protesta come tante, non conoscono il nesso tra un prima e un dopo, è come se fosse il trailer di un film  che non hanno visto. Non si trova documentario su quel periodo che abbia quelle immagini come epicentro: ma quanti - vi è da chiedersi - sanno che la notizia del tentato linciaggio non fu neppure pubblicata sulle prime pagine dei giornali? Né il giorno dopo né i successivi.

 

Il simbolo di quegli anni: ma neanche una riga. Anche l' unica foto, poi vista e rivista negli anni a venire, fu scattata da un freelance che si era arrampicato sulla pedana del ristorante Santa Lucia, affianco all' hotel.

 

craxi monetine raphael 4

Dobbiamo tutto al Tg4 e alle telecamere Rai di Mixer, immagini sgangherate e sbollate come ad anticipare youtube. Un salto verso il futuro come lo furono la trascrizione di centinaia di telefonate o telegrammi giunti nelle redazioni dei giornali e pubblicati senza filtri, futuro popolo di internet.

 

Non era mai capitato che la residenza privata di un personaggio pubblico (Craxi abitava all' Hotel) fosse cinta d' assedio per una decisione votata dal Parlamento. Quel giorno finì la politica e iniziarono le forme della sua assenza: la tecnocrazia, l' illusione della società civile, la pan-penalizzazione della società italiana, il neopopulismo, il declino, l' impoverimento del Paese; le piazze diventarono virtuali e l' odio e l' invidia sociale nascosero la mano nella solitudine domestica: la famosa folla solitaria. Doveva comunque succedere, probabilmente: è cambiato tutto, ma solo da noi è cambiato in questo modo.

craxi

 

L' ANNO ZERO Spariti interi partiti, istituzioni, simboli, reputazioni, rispetto dei ruoli, soprattutto si è smembrato quel poco di tessuto civico che la nostra giovane democrazia aveva faticosamente ordito, e che il detersivo rivoluzionario ci ha restituito bianco e pulito come un cencio inservibile. Siamo tornati a un misterioso anno zero. Chissà, magari andrà meglio. Nell' attesa, sappiamo che il nostro è l' unico Paese europeo che non ha (più) un partito liberale, socialista, verde o democratico cristiano. Il debito pubblico si è più che triplicato, il ceto medio si è proletarizzato, la crescita economica è all' ultimo posto d' Europa, le aziende più importanti sono espatriate o sono state vendute, quelle rimaste sono state maltrattate da una classe dirigente a dir poco neofita.

 

Mancano i politici mentre «politica» e «politici» continuano a essere termini dispregiativi. Spesso si incolpa un recente passato per giustificare il presente. Spesso, per esempio, si incolpa Craxi. Sul quando e sul dove ebbe inizio il piano inclinato dal quale cominciammo a rotolare si possono avere idee diverse, ma non su una cosa: la scena del Raphaël fu un linciaggio «simbolico» solo perché non riuscì.

FILIPPO FACCI - 30 APRILE 1993

 

Fabrizio Rondolino, al tempo giornalista dell'«Unità», era lì fuori: «Il clima cambiò di colpo, ero spaventato, cominciai a indietreggiare, c' era sempre più gente. Vedevo i fascisti, tanta gente mai vista, senz' altro anche tanti militanti che venivano dal comizio di Occhetto Io avevo militato nei giovani comunisti, di manifestazioni ne avevamo fatte tante anche contro Craxi, ma quella era una cosa completamente diversa». Un agente della scorta: «C' era una tensione fortissima nell' aria. Noi sotto al Raphaël ad aspettare che il Presidente scendesse; d' un tratto iniziarono ad arrivare persone provenienti da Piazza Navona e da altre viuzze del centro, poco dopo è sopraggiunto il dirigente del commissariato di zona seguito da altri colleghi. La gente iniziava ad essere veramente tanta e in un attimo alcuni di loro cominciarono ad urlare, altri a sputare e inveire verso di noi».

 

I gruppi furono tre: una maggioranza pidiessina proveniente dal vicino comizio di Achille Occhetto, una minoranza di missini sopraggiunti dalla vicina via della Scrofa, infine una minoranza di gente di passaggio, mentre i leghisti furono bloccati in piazza Zanardelli.

craxi

Il missino Teodoro Buontempo reggeva due sacchettini cambiati nella tabaccheria di un camerata: 10 mila lire, 100 monete, poca roba rispetto alle 250mila lire che rimasero infine per terra. E intanto nessuno riusciva a dissuadere Craxi: «Io da dietro non esco». «La macchina è pronta?». «Sì».«Bene». Una pausa. «Allora andiamo». Craxi caricò la giacca blu sulla spalla e diede alla porta un calcione tipo saloon, ed era fuori.

 

Alle 20:05 fu un boato, un' esplosione, un unico grido ininterrotto, tre poliziotti in borghese anticiparono di corsa Craxi che uscì subito dopo mentre volavano sassi, sampietrini, monetine, accendini, pezzi di vetro, bottiglie di plastica, un ombrello: «Eccolo, eccolo», urla la cronista di Mixer, «tirano di tutto, stanno tirando di tutto».

 

craxi hotel raphael

Tre faretti di telecamere illuminano la scena, Craxi sale in auto per primo, dietro, sulla destra, poi segue l' autista Nicola alla guida con a fianco Cicconi - che ha la testa sanguinante - e ancora dietro, sulla sinistra, c' è il fido Luca Josi, che si è preso qualcosa in un occhio. I poliziotti in borghese si muovono qua e là e fermano degli esagitati che cercano di arrivare alla macchina, si lanciano in avanti, poi la Thema parte, sgomma e fa partire incalza la sirena, e poi sono pugni sul vetro, calci, colpi di casco e sassi sulla carrozzeria, d' un tratto non c' è più nessun filtro tra l' auto e i dimostranti, i poliziotti sono spersi, travolti, impegnati a bloccare la pressione dei dimostranti a destra e a sinistra,

 

Craxi sorride rivolto al finestrino. «Tiratori di rubli», mormora. «Dopo di questo», si chiede.

bettino craxi hotel raphael

«Che cosa c' è ? Oltre questo, che cosa c' è?». La folla tentò in tutti i modi di bloccare le macchine in fuga, molti le hanno rincorse, ma questo nei filmati non si vede, perché le immagini si interrompono prima.

 

LE DICHIARAZIONI Secondo l' autista Nicola Mansi, invece, «la polizia non fece nulla». Stando a un' agente della scorta: «Ci buttarono addosso monetine, sampietrini, mattoni, sassi, bottiglie, sputi e tutto ciò che trovavano nelle tasche o ai loro piedi». Ancora Rondolino: «Quella sera davanti al Raphaël capii che cosa effettivamente fosse il giustizialismo, che cosa fosse Mani pulite, che cosa fosse l' anticraxismo che Berlinguer ci aveva insegnato e che Occhetto andava coltivando: nient' altro che una folla inferocita che tenta il linciaggio».

craxi

 

Anche Pino Ciocioli di «Avvenire»: era lì: «Fu una cosa violenta, molto violenta. Probabilmente quella sera qualcosa è finito, e qualcos' altro è cominciato. Ancora Rondolino: «I poliziotti erano pochi, troppo pochi. Io non avevo temuto per Craxi, ma per me. Fossimo stati in America, dove le armi circolano più facilmente, forse qualcuno gli avrebbe sparato. Io non l' avevo mai visto, un linciaggio».

 

ANTONIO DI PIETRO E BETTINO CRAXI

Tra la folla c' era anche uno dei pochi testimoni che ha avuto il coraggio di ammetterlo anche molti anni dopo: fu persa l' occasione storica di uccidere Craxi. Costui, Piero Vereni, nel 1993 era uno studente neolaureato, ma oggi è professore di antropologia all' Università di Tor Vergata: «Le monetine sono state evidentemente troppo poche, e gli insulti pure. Dovevamo fare di più. L' uccisione rituale del sovrano è una pratica comune a tutte le culture, di tutti i tempi Quella sera, per parlare spiccio, stavamo facendo fuori il re, e in questo non c' è nulla di male o di sbagliato.

 

1993. bettino craxi raphael con luca josifabrizio rondolino

Ma vorrei andare oltre e mi chiedo: cosa sarebbe successo se ci fossimo veramente impossessati del corpo di Bettino? Se lo avessimo fatto a pezzi sul serio, se l' avessimo magari mangiato a brani (era grande e grosso, ce n' era per tutti)? Io dico che alcuni di noi sarebbero morti negli scontri, altri andati in galera, ergastolani, ma il paese ne avrebbe beneficiato: avremmo dichiarato, scrivendolo sul corpo del potere, l' irrevocabilità di quello che stava succedendo Mani Pulite non fu quel Terrore che stanno spacciando la nostra controreazione doveva essere altrettanto simbolica: tu vuoi fregartene ma io ti sdereno, ti smantello, ti annullo.

FILIPPO FACCI

 

Quella sera, insomma, non stavamo facendo altro che il nostro dovere di italiani Il nostro vero errore è stato quello di non andare fino in fondo. Dovevamo sbranare Craxi, avremmo dovuto farlo fuori a pezzi, gettare le sue (mi immagino lunghissime) budella sulla porta del Raphaël e trascinarle fino al Parlamento. Poi la polizia avrebbe (giustamente) fatto il suo dovere, ammazzato i più assatanati direttamente sul posto, e portato via un bel po' d' altri Avremmo quindi dovuto andare fino in fondo. Sacrificare Craxi e qualcuno di noi in nome del paese, per far capire a tutti che era finita Io c' ero. E come tutti quelli che fanno la storia, non ho capito che occasione avevo per le mani».

piero vereni

Ultimi Dagoreport

xi jinping donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING E VLADIMIR PUTIN A BRACCETTO SULLA PIAZZA ROSSA, VENERDÌ 9 MAGGIO ALLA PARATA PER IL GIORNO DELLA VITTORIA - IL PRIMO MENTECATTO DELLA CASA BIANCA AVEVA PUNTATO TUTTO SULLO "SGANCIAMENTO" DELLA RUSSIA DAL NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA: LA CINA - E PER ISOLARE IL DRAGONE HA CONCESSO A "MAD VLAD" TUTTO E DI PIU' NEI NEGOZIATI SULL'UCRAINA (COMPRESO IL PESTAGGIO DEL "DITTATORE" ZELENSKY) - ANCHE SUI DAZI, L'IDIOTA SI È DOVUTO RIMANGIARE LE PROMESSE DI UNA NUOVA "ETA' DELL'ORO" PER L'AMERICA - IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO HA COMPIUTO COSI' UN MIRACOLO GEOPOLITICO: IL REGIME COMUNISTA DI PECHINO NON È PIÙ IL DIAVOLO DI IERI DA SANZIONARE E COMBATTERE: OGGI LA CINA RISCHIA DI DIVENTARE LA FORZA “STABILIZZATRICE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE...

alfredo mantovano gianni de gennaro luciano violante guido crosetto carlo nordio alessandro monteduro

DAGOREPORT – LA “CONVERSIONE” DI ALFREDO MANTOVANO: IL SOTTOSEGRETARIO CHE DOVEVA ESSERE L’UOMO DI DIALOGO E DI RACCORDO DI GIORGIA MELONI CON QUIRINALE, VATICANO E APPARATI ISTITUZIONALI (MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, SERVIZI. ETC.), SI È VIA VIA TRASFORMATO IN UN FAZZOLARI NUMERO 2: DOPO IL ''COMMISSARIAMENTO'' DI PIANTEDOSI (DOSSIER IMMIGRAZIONE) E ORA ANCHE DI NORDIO (GIUSTIZIA), L’ARALDO DELLA CATTO-DESTRA PIÙ CONSERVATRICE, IN MODALITA' OPUS DEI, SI E' DISTINTO PER I TANTI CONFLITTI CON CROSETTO (DALL'AISE AI CARABINIERI), L'INNER CIRCLE CON VIOLANTE E GIANNI DE GENNARO, LA SCELTA INFAUSTA DI FRATTASI ALL'AGENZIA DI CYBERSICUREZZA E, IN DUPLEX COL SUO BRACCIO DESTRO, IL PIO ALESSANDRO MONTEDURO, PER “TIFO” PER IL “RUINIANO” BETORI AL CONCLAVE...

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)