kissinger

KISSINGER È STATO DAVVERO “THE IDEALIST”? - L’ULTIMA BIOGRAFIA SMONTA TUTTE LE ACCUSE DI CINISMO E DI TRAME OSCURE - KENNEDY: “E' UN MAESTRO DEL DOPPIO GIOCO, INFEDELE E UN CONSUMATO BUGIARDO” - JOHNSON: “E' CORROTTO E ALCOLIZZATO”

Massimo Gaggi per “la Lettura - Corriere della Sera”

KISSINGER - THE IDEALISTKISSINGER - THE IDEALIST


Gli incarichi ufficiali di governo — consigliere per la sicurezza nazionale alla Casa Bianca e, poi, segretario di Stato — li ha esauriti negli anni Settanta del secolo scorso. Eppure, quasi quarant’anni dopo, Henry Kissinger continua a far discutere, a essere oggetto di studio e fonte di analisi e consigli richiesti ai più alti livelli: sono sei i presidenti americani che si sono rivolti a lui. Non quello attuale, che ha cercato, senza grande fortuna, di portare aria nuova nella politica estera.

 

Ma qualche sera fa, premiato durante un gala dell’Atlantic Council, Kissinger è stato preceduto sul palco dal vice di Obama, Joe Biden, che — pur avendo visto di tutto nella sua vita politica piena di incontri con i leader che contano — ha detto di sentirsi ancora intimidito ogni volta che si trova davanti a questo monumento vivente della diplomazia americana. 

HENRY KISSINGER HENRY KISSINGER


Un monumento al quale, dopo quella del 2005 di Walter Isaacson, ora dedica un’imponente biografia (edita negli Usa da Penguin) anche il celebre storico di Harvard Niall Ferguson. Maestro di Realpolitik, Kissinger ha sempre diviso: i più lo considerano un uomo lungimirante e pragmatico, che con l’apertura alla Cina, la tormentata gestione della guerra del Vietnam e l’avvio della distensione con l’Urss, ha inciso profondamente non solo sul ruolo dell’America nel mondo, ma anche sullo stato d’animo e la psicologia degli americani, tra i quali c’è chi pensa che nel 2003 George Bush invase l’Iraq anche per dimostrare che la sconfitta in Vietnam non aveva reso gli Stati Uniti un Paese imbelle. 

henry e nancy kissingerhenry e nancy kissinger


Ma ci sono anche tanti altri che lo considerano un cinico, che ha sacrificato i più sacri principi etici e democratici sull’altare del realismo. Fino al punto di essere complice del colpo di Stato di Pinochet in Cile, di autorizzare bombardamenti illegali in Cambogia che poi apriranno la strada ai Khmer rossi e alle stragi di Pol Pot.

 

Chi ama le teorie dei complotti sostiene addirittura che Kissinger (consigliere dei repubblicani ma anche dei democratici) tramò durante la campagna elettorale del 1968 per far fallire i negoziati di pace in Vietnam imbastiti dall’amministrazione democratica di Lyndon Johnson. E questo per non dare un vantaggio al democratico Hubert Humphrey nel testa a testa per la Casa Bianca col repubblicano Richard Nixon. 


Genio o criminale di guerra? Nel libro dello storico scozzese trapiantato in America una risposta nero su bianco ancora non c’è perché, nonostante le sue dimensioni (986 pagine), il volume racconta solo i primi 45 anni di vita di Kissinger, oggi 92enne: la nascita (1923) e l’adolescenza in Germania, la fuga negli Stati Uniti nel 1938 per le persecuzioni del Terzo Reich contro gli ebrei.

KISSINGER PUTINKISSINGER PUTIN

 

Gli studi, l’attività accademica e quella di consigliere del presidente democratico John Kennedy alla Casa Bianca (e di Johnson dopo l’assassinio di Jfk). Ma anche il contemporaneo, strettissimo rapporto di collaborazione col governatore repubblicano dello Stato di New York Nelson Rockefeller, che poi divenne vicepresidente a metà degli anni Settanta, quando alla Casa Bianca c’era Gerald Ford. 


Dell’altra metà della vita di Kissinger, e dell’attività di governo, si parlerà tra qualche anno, nel secondo volume. Ma il giudizio di fondo di Ferguson è già chiaro: c’è aria di «assoluzione annunciata». Pur non avendo scritto un’agiografia, lo storico conservatore — un personaggio sempre controcorrente — mostra sempre grande considerazione per il personaggio.

 

KISSINGER OBAMAKISSINGER OBAMA

Un contropiede c’è anche qui, ma è riservato ai critici che gli danno del cinico. Invece Ferguson, fin dal sottotitolo di questo primo volume, fa diventare Kissinger L’Idealista : un personaggio che, una volta al governo, avrà anche dovuto abbracciare la Realpolitik, ma che negli anni giovanili venerava la democrazia ed era convinto che la politica avesse valore solo se capace di affermare e difendere alcuni fondamentali valori etici. 

Henry combattè valorosamente in Europa durante il secondo conflitto mondiale e dopo la guerra, arruolatosi nel controspionaggio americano, diventò un efficace cacciatore di criminali nazisti. Una personalità comunque complessa e controversa, come emerge dai giudizi di Oriana Fallaci (sua una celebre intervista a Kissinger del 1972) con i quali Ferguson apre il suo saggio: «Un’anguilla più fredda del ghiaccio.

 

henry kissingerhenry kissinger

Un uomo troppo famoso, importante e fortunato che tutti si affannano a chiamare Superman, Superstar, Superkraut. Uno che mette insieme alleanze paradossali, raggiunge accordi impossibili e tiene il mondo col fiato sospeso come se il mondo fosse l’aula dei suoi studenti ad Harvard. Uno che non spara, non fa a pugni, non guida a velocità folle come James Bond. Ma pretende di cambiare il nostro destino. E ci riesce». 


Quanto all’unico caso controverso esaminato in questo volume — la presunta strumentalizzazione del conflitto del Vietnam per una congiura contro Humphrey — l’autore ha scritto ben 150 pagine per dimostrare che non ci furono manovre sotterranee di Kissinger. Tra le cose più interessanti ci sono i giudizi molto negativi su Kennedy («un maestro del doppio gioco, infedele e un consumato bugiardo che ha mentito a sua moglie come ha mentito all’America») e su Johnson («corrotto e alcolizzato»), ma sono giudizi di Ferguson che l’autore non attribuisce a Kissinger. 

henry kissinger giovanni leone aldo moro rome 1975henry kissinger giovanni leone aldo moro rome 1975


Solo in un caso lo storico lo tira in ballo direttamente, mettendogli in bocca parole di disprezzo nei confronti di Nixon. Lo fa per dimostrare che il consigliere non tramò contro Humphrey nel 1968 perché, allora, considerava il suo avversario perfino peggiore: «Nixon — dice Kissinger durante quella campagna elettorale — ovviamente è un disastro. Per sei giorni alla settimana io sono con Hubert Humphrey. Poi, il settimo giorno penso che sono tutti e due pessimi». Il futuro segretario di Stato fu sorpreso quando Nixon, una volta eletto, gli chiese di entrare nella sua amministrazione. Da allora il rapporto tra i due cambiò. 

henry kissinger valery giscard d estaing henry kissinger valery giscard d estaing


Ferguson lascia molto spazio all’adolescenza di Kissinger sotto il Terzo Reich, alla sua educazione intellettuale e anche al suo profilo umano: nei capitoli dedicati alla presunta congiura contro Humphrey spiega, ad esempio, che i viaggi semiclandestini a Parigi del 1967 non erano tanto per i negoziati con i vietnamiti quanto per incontrare Nancy Maginnes, unico grande amore della sua vita, che allora studiava alla Sorbona.

 

Helmut Schmidt Richard von Weizsaecker Henry Kissinger Helmut Schmidt Richard von Weizsaecker Henry Kissinger

Inoltre l’autore prova a demolire le tesi del complotto sostenuta da Seymour Hersh e Christopher Hitchens sui viaggi in Vietnam del 1965 e 1966, quando l’allora consigliere di Johnson si rese conto che l’America non poteva vincere quella guerra: bisognava trattare con Hanoi. E poi i tentativi di pace falliti nel 1967, quando i nordvietnamiti finsero di negoziare mentre in realtà preparavano la micidiale offensiva del Têt. 

Per il resto, nella sua attività politica di consigliere, un uomo che, dopo aver contemplato per anni la possibilità di una guerra nucleare «limitata», diventò il pragmatico sostenitore di un’egemonia americana dietro un rapporto solo apparentemente paritetico con gli alleati della Nato. Tanto che negli appunti di Kissinger dell’era Kennedy, Ferguson ha trovato traccia di un suo incontro con l’allora presidente del Consiglio Amintore Fanfani.

KISSINGER ANDREOTTIKISSINGER ANDREOTTI

 

All’interlocutore americano disponibile a fornire armamenti, ma solo sotto il controllo congiunto di una forza multilaterale, il leader democristiano rispose col suo sarcasmo toscano: «Magari ci chiederete di imbarcare gli italiani come cuochi, pur di dire che i sottomarini sono a controllo congiunto». Ma quello degli anni Sessanta non era più «l’idealista»: era già il Kissinger arcirealista, convinto che «per poter difendere i tuoi princìpi devi prima sopravvivere». 

OTTOBRE settantasette- ANDREOTTI INCONTRA HENRY KISSINGEROTTOBRE settantasette- ANDREOTTI INCONTRA HENRY KISSINGERGIANNI AGNELLI E HENRY KISSINGER GIANNI AGNELLI E HENRY KISSINGER henry kissinger lapo elkann 02 laphenry kissinger lapo elkann 02 lap

 

Ultimi Dagoreport

nando pagnoncelli elly schlein giorgia meloni

DAGOREPORT - SE GIORGIA MELONI  HA UN GRADIMENTO COSÌ STABILE, DOPO TRE ANNI DI GOVERNO, NONOSTANTE L'INFLAZIONE E LE MOLTE PROMESSE NON MANTENUTE, È TUTTO MERITO DELLO SCARSISSIMO APPEAL DI ELLY SCHLEIN - IL SONDAGGIONE DI PAGNONCELLI CERTIFICA: MENTRE FRATELLI D'ITALIA TIENE, IL PD, PRINCIPALE PARTITO DI OPPOSIZIONE, CALA AL 21,3% - CON I SUOI BALLI SUL CARRO DEL GAYPRIDE E GLI SCIOPERI A TRAINO DELLA CGIL PER LA PALESTINA, LA MIRACOLATA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA FA SCAPPARE L'ELETTORATO MODERATO (IL 28,4% DI ITALIANI CHE VOTA FRATELLI D'ITALIA NON È FATTO SOLO DI NOSTALGICI DELLA FIAMMA COME LA RUSSA) - IN UN MONDO DOMINATO DALLA COMUNICAZIONE, "IO SO' GIORGIA", CHE CITA IL MERCANTE IN FIERA E INDOSSA MAGLIONI SIMPATICI PER NATALE, SEMBRA UNA "DER POPOLO", MENTRE ELLY RISULTA INDIGESTA COME UNA PEPERONATA - A PROPOSITO DI POPOLO: IL 41,8% DI CITTADINI CHE NON VA A VOTARE, COME SI COMPORTEREBBE CON UN LEADER DIVERSO ALL'OPPOSIZIONE?

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...