CARLO RIPA DI MEANA RICORDA I VENT’ANNI VISSUTI CON GAE AULENTI: “SONO STATO IO A SPRONARLA A LASCIARE LA CARRIERA ACCADEMICA E A DIVENTARE QUEL GRANDE ARCHITETTO CHE È STATA. LEI PER TRENT’ANNI MI HA NEGATO OGNI NOTIZIA” – MUGHINI: “MI SPIACE CHE IN UNA SUA INTERVISTA DI QUALCHE TEMPO FA LA AULENTI SI RIFERISSE IN TERMINI ACIDULI A QUEL MONDO SOCIALISTA DEGLI ANNI ‘60 DOVE LEI E CARLO ERANO PRIMATTORI”…..

1 - GAE AULENTI, LA PRIMA DONNA DI MILANO IN MOTO E MAGLIONE NERO
Natalia Aspesi per "la Repubblica"

Se non era in giro per il mondo, a Tokyo o a Palermo, a San Francisco o a Barcellona, a Parigi o a Roma, a costruire grandi nuovi musei, a riqualificare deteriorati spazi urbani, ad arredare le case dell'aristocrazia del capitalismo italiano, perlomeno di quella che amava la sua idea di modernità e rigore, oppure a ricevere premi prestigiosi, si rifugiava nella sua magnifica casa-studio milanese, arredata soprattutto da libri e divani, dove, lei amava dire «Verdi ha composto il suo Requiem».

Poi alla sera sempre fuori, invitata nelle tante case di amici o nel vicino ristorante Timè, con quell'aspetto austero e l'ironico sorriso che illuminava la sua faccia diventata intensamente bella con gli anni, la piccola testa dai corti capelli bianchi, le rughe che erano come il luminoso racconto di una lunga vita di preziosa autonomia, libera da ogni inquietudine, o moda, o costrizione femminile. Di certe amiche affannate a difendersi dalla crudeltà degli anni diceva, affettuosamente, «l'ho riconosciuta dal cane».

Era bella, come può essere bella una grande storia che il tempo ha perfezionato, anche nella sua ultima uscita pubblica: quando il 16 ottobre, due settimane prima di spegnersi, Gae Aulenti volle andare alla Triennale a ricevere con Vittorio Gregotti la medaglia d'oro alla loro carriera.

Ormai molto fragile, sottile, con la voce affaticata e buffi grandi occhiali rotondi, era davvero felice, e riuscì a salire sulla pedana per ringraziare. In mezzo agli amici, anche quando ci furono i primi sintomi della malattia, lei rifiutava di essere al centro dell'attenzione, non parlava mai dei suoi successi professionali, si sedeva in disparte, con un bicchiere di whisky e l'eterna sigaretta, e ascoltava i discorsi degli altri, con qualche, intelligente, spiritoso intervento: ad accenderla era la politica, il suo essere da sempre di sinistra, la sua idea della Milano operaia che aveva amato e di quella che malgrado il suo declino anche architettonico, con tutti quei grattacieli storti, riteneva arricchita negli ultimi anni dalla presenza degli immigrati.

Gregotti, suo coetaneo, ricorda la ragazza Gae che alla fine degli anni '40 arrivava al Politecnico in lambretta, come le donne ancora non osavano, ricorda l'architetto Aulenti con cui per ragioni generazionali, condivideva il rifiuto del postmoderno.

Quando Inge Feltrinelli arrivò a Milano, Gae fu la prima donna professionista di grande successo che incontrò, diversa da tutte le altre eleganti signore milanesi, con la sua eterna uniforme di pantaloni e maglioni neri e tacchi bassi, un modo forse per imporsi nel lavoro; anche se poi, arrivando a Parigi dopo aver vinto il concorso per il museo della Gare d'Orsay, le chiesero dove fosse l'architetto, avendo pensato che lei fosse la moglie. Gae era madre, nonna e bisnonna molto amorevole, ed estremamente segreta sul suo privato.

«Abbiamo vissuto insieme vent'anni», dice adesso Carlo Ripa di Meana, «poi lei se ne andò a Prato per lavorare con Luca Ronconi anche per allestire con lui quel famoso Viaggio a Reims dato al Rossini Opera Festival di Pesaro. Io mi spostai a Venezia, come presidente della Biennale e le strade si sono separate. Si è creato tra noi un terribile diaframma, lei per trent'anni mi ha negato ogni notizia». Lui è diventato il marito di Marina Lante della Rovere ma dice, non ha mai dimenticato quei meravigliosi anni milanesi accanto a una donna così speciale. Ma la vita sa essere gentile: sollecitato da Andrée Ruth Shammah che lo aveva invitato a parlare al teatro Parenti, dieci giorni fa lui ha avuto il coraggio di chiedere a Gae se poteva riceverlo.

«Non se ne andava più», ha detto la stanca ma forse pacificata signora alle amiche. Ricorda lui: «Aveva disegnato nel '62 una sedia a dondolo e le aveva dato il nome con cui mi chiamava, "Sgarsul". In tutti questi anni quel silenzio mi è pesato moltissimo. Sono stato io a spronarla a lasciare la carriera accademica e a diventare quel grande architetto che è stata. Non avrei sopportato se fosse morta senza poterla rivedere, senza parlarle, senza accarezzarle la testa. Sono stato fortunato».

Tra le tante amiche che la piangono, Giulia Maria Crespi ha tentato sino all'ultimo di convincerla a seguire una cura particolare mandandole una dottoressa di sua fiducia. Avrebbe voluto andarla a trovare, ma Gae l'ha pregata di aspettare qualche giorno. Voleva portarle una biografia di San Francesco perché le pareva necessario "darle una luce spirituale", in tanto dolore. Non ha fatto a tempo.


2 - NOSTRA SIGNORA DEL DESIGN TRICOLORE...
Giampiero Mughini per "Libero"

È strano come nella vita di noi tutti ci siano persone che non hai mai incontrato e che pure sono presenti e familiari, come se di loro tu ne sapessi e ne capissi molto. Non ho mai conosciuto di persona Gae Aulenti, morta ieri a 84 anni, tutt'al più la devo avere sfiorata e non era tipo che ti sorridesse se ti incontrava per caso. Eppure, per delle ragioni che vi dirò fra poco, mi era in un certo modo familiare. Come tutte le donne della sua generazione che ce l'hanno fatta -e da architetto e designer la Aulenti è stata fra le primissime al mondo, una star italiana nel mondo - non credo avesse un carattere facile.

Nata in Friuli nel 1927, laureata in Architettura al Politecnico di Milano nel 1949, dal 1960 al 1962 assistente all'Università di Venezia del professor Giuseppe Samonà, il suo campo d'azione professionale era stato dapprima la Olivetti dei fulgidi Cinquanta e poi la Milano dei Sessanta che era di certo «una città da bere», ma dove di donne professionalmente di punta nell'architettura e nel design ce n'erano poche se non nessuna.

Studi professionali di architetti ce n'erano tanti e celeberrimi in quella Milano: da Enzo Mari a Mario Bellini, da Bruno Munari ai due fratelli Castiglioni a Ettore Sottsass. Una genìa pazzesca di creatività, quella che ha timbrato del suo marchio la storia del design italiano, forse il più importante dell'intero Novecento. Ebbene, non ancora quarantenne Gae Aulenti non era seconda a nessuno di quei maschiacci, e da subito era stata scelta a dare un volto alle case della borghesia che aveva assieme denari e gusto, la famiglia Agnelli in primis.

Eccola in prima fila a inventare gli oggetti, le forme, le armonie che hanno dato il loro speciale sapore alla rivoluzione culturale dei Sessanta. Ho nella mia camera da pranzo, la camera dove entrano i miei ospiti a cena, un esemplare originale della bellissima lampada disegnata dalla Aulenti nel 1967 che ha per titolo «Il Re del Sole».

E ricordo come fosse adesso la volta che arrivò a cena il mio caro amico Carlo Ripa di Meana, e subito la individuò e subito ne pronunciò il nome. Perché quella lampada era stata progettata e disegnata, trenta e passa anni prima, nell'appartamento milanese di via Cesariano dove lui e Gae Aulenti facevano coppia. In quella «Milano da bere» di cui ho detto e dove Carlo era stato a lungo presidente del Club Turati di via Brera, il laboratorio degli uomini e delle idee del primo centro-sinistra e il simbolo della storia migliore del socialismo italiano riformatore.

Il socialismo milanese dove stava maturando la personalità politica di Bettino Craxi, un nome che per i cretini è divenuto sacrilego da pronunciarsi e che invece appartiene per intero alla storia politica del nostro Paese e la marchia. E mi spiace che in una sua intervista di qualche tempo fa la Aulenti si riferisse in termini aciduli a quel mondo socialista degli anni Sessanta dove lei e Carlo erano primattori.

Una coppia che sarebbe durata la bellezza di 21 anni e sino alla fine dei Settanta, quando nella vita di Carlo irruppe un uragano di nome Marina. Un lutto personale e sentimentale che non è che togliesse energie e creatività all'architetto Gae Aulenti, semmai quella creatività la accendeva ulteriormente. Una creatività che non s'è attenuata sino all'ultimo e recente tempo della sua vita.

Pochi giorni fa, il 16 ottobre, la Aulenti aveva avuto un premio dalla Triennale di Milano, l'istituzione che funge da Olimpo della nostra architettura e del nostro design. È poi successo alla Aulenti quel che è successo a tanti architetti e designer italiani, di essere quasi più celebrati all'estero che in Italia. È successo a Carlo Scarpa e a Bruno Munari, che in Giappone erano reputati dei miti nel loro campo. È successo a Gaetano Pesce, che a 23 anni ha abbandonato l'Italia e che da trenta vive a New York.

È successo a Mario Bellini, che le sue cose più importanti riesce a farle meglio all'estero che non in Italia, ultima la sua magnificente installazione museale che a Parigi celebra la storia della grande cultura musulmana. È successo in parte a Gae Aulenti, il cui iter professionale ha come stemma il Museo parigino del Quai d'Orsay, uno dei più importanti musei al mondo nel raccontare i fasti del secondo Ottocento e del primissimo Novecento: un museo che nella sua collezione permanente ospita 4.000 pezzi e di cui siamo in tanti a ricordarne la visita come una delle esperienze che lasciano una traccia.

C'era un edificio, una stazione costruita a Parigi nel 1900 (nel bel mezzo di quel tempo liberty carissimo alla Aulenti), che era stato dismesso. Lei lo reinventò e lo rianimò a furia di trovarvi una collocazione alle testimonianze artistiche di un tempo eccezionale nella storia delle arti e della cultura, tutte opere che era come se si incontrassero e si mettessero a dialogare fra loro.

E non solo il Quai d'Orsay. Dappertutto nel mondo la Aulenti ha esportato il marchio dell'inventiva all'italiana, quello di cui qualcuno dice che resta uno dei più importanti brand al mondo. L'ho detto. Questa ragazza del 1927 era una star italiana nel mondo. Come Federico Fellini o Giorgio De Chirico. Né più né meno.

 

GAE AULENTI AULENTIINGE FELTRINELLI diavo29 carlo marina ripa meana5 luca ronconiGIULIA MARIA MOZZONI CRESPI - copyright PizziPIERGAETANO MARCHETTI MARIO BELLINIBruno MunariEttore SottsassBettino CraxiLA GARE D ORSAY MUSEO BY GAE AULENTIIL MUSEO D ORSAY

Ultimi Dagoreport

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...

antonio tajani edmondo cirielli

ALTRO CHE GOVERNO COESO: È GUERRA APERTA IN CASA! – IL PIÙ INCAZZATO PER L’INVESTITURA DI EDMONDO CIRIELLI A CANDIDATO DEL CENTRODESTRA IN CAMPANIA È ANTONIO TAJANI. IL SEGRETARIO DI FORZA ITALIA CONSERVA UN’ANTICA ANTIPATIA (RICAMBIATA) CON IL SUO VICEMINISTRO – E IL SEGRETARIO REGIONALE AZZURRO, FULVIO MARTUSCIELLO, MINACCIA GLI ALLEATI: “PRIMA ANCORA DI SEDERCI AL TAVOLO CON EDMONDO CIRIELLI, DEVE CHIEDERE SCUSA PER GLI INSULTI RIVOLTI A SILVIO BERLUSCONI E RIPORTATI NEL LIBRO ‘FRATELLI DI CHAT’” – TAJANI TEME CHE, CON CIRIELLI CANDIDATO, FDI SCAVALCHI, E DI PARECCHIO, FORZA ITALIA IN CAMPANIA, STORICO FEUDO AZZURRO...

tridico giuseppe conte matteo salvini occhiuto giorgia meloni calabria fico antonio tajani

DAGOREPORT! IN CALABRIA, COME NELLE MARCHE, SI REGISTRA LA SCONFITTA DI GIUSEPPE CONTE: HA VOLUTO FORTISSIMAMENTE LA CANDIDATURA DI PASQUALINO TRIDICO CHE NON HA PORTATO CONSENSI NÉ AL CAMPOLARGO, NÉ TANTOMENO AL M5S CHE HA PRESO GLI STESSI VOTI DEL 2021 - LA DUCETTA ROSICA PERCHÉ FRATELLI D’ITALIA HA UN TERZO DEI VOTI DI FORZA ITALIA, CHE CON LA LISTA OCCHIUTO ARRIVA FINO AL 30% - LA SORPRESA È LA CRESCITA DELLA LEGA, CHE PASSA DALL’8,3 AL 9,4%: MOLTI CALABRESI HANNO VOLUTO DARE UN PREMIO A SALVINI CHE SI È BATTUTO PER IL PONTE SULLO STRETTO - ORA LA BASE DEI 5STELLE E' IN SUBBUGLIO, NON AVENDO MAI DIGERITO L'ALLEANZA COL PD - LA PROVA DEL FUOCO E' ATTESA IN CAMPANIA DOVE IL CANDIDATO CHE CONTE HA IMPOSTO A ELLY E DE LUCA, ROBERTO FICO, NON PARE COSI' GRADITO AGLI ELETTORI DEL CENTROSINISTRA...    

giuseppe marotta giovanni carnevali

DAGOREPORT! GIUSEPPE MAROTTA STRINGE ANCORA PIÙ LE MANI SULLA FIGC. IN SETTIMANA SI VOTA LA SOSTITUZIONE NEL CONSIGLIO FEDERALE DI FRANCESCO CALVO, EX MARITO DI DENIZ AKALIN ATTUALE COMPAGNA DI ANDREA AGNELLI, E IL PRESIDENTE DELL’INTER STA BRIGANDO PER PORTARE AL SUO POSTO IL SODALE, NONCHÉ TESTIMONE DI NOZZE, GIOVANNI CARNEVALI, AD DEL SASSUOLO (MA C'E' ANCHE L'IDEA CHIELLINI) - IN CONSIGLIO FEDERALE SIEDEREBBERO COSÌ MAROTTA, CARNEVALI E CAMPOCCIA, IN QUOTA UDINESE MA LA CUI FEDE INTERISTA È NOTA A TUTTI. MILAN, JUVENTUS, NAPOLI E LE ROMANE RIMARREBBERO CON UN PALMO DI NASO…

giorgia meloni pro palestina manifestazione sciopero

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI QUESTA VOLTA SBAGLIA: SBEFFEGGIARE LA MANIFESTAZIONE PRO PALESTINA È UN ERRORE DI CALCOLO POLITICO. IN PIAZZA NON C’ERANO SOLO I SOLITI VECCHI COMUNISTI IPER-SINDACALIZZATI O I FANCAZZISTI DEL “WEEKEND LUNGO”. TRE MILIONI DI PERSONE CHE IN TRE GIORNI HANNO SFILATO E MANIFESTATO, NON SI POSSONO IGNORARE O BOLLARE COME "DELINQUENTI", COME FA SALVINI. ANCHE PERCHÉ SEI ITALIANI SU DIECI SONO SOLIDALI CON IL POPOLO PALESTINESE – LA DUCETTA È LA SOLITA CAMALEONTE: IN EUROPA FA LA DEMOCRISTIANA, TIENE I CONTI IN ORDINE, APPOGGIA L’UCRAINA E SCHIFA I SUOI ALLEATI FILORUSSI (COME IL RUMENO SIMION, A CUI NON RISPONDE PIÙ IL TELEFONO). MA QUANDO SI TRATTA DI ISRAELE, PERDE LA PAROLA…

mediobanca mps alessandro melzi deril vittorio grilli francesco milleri gaetano caltagirone fabio corsico phillippe donnet alberto nagel

DAGOREPORT - AL GRAN CASINÒ DEL RISIKO BANCARIO, “LES JEUX SONT FAITS"? ESCE DAL TAVOLO DA GIOCO MILANO DI MEDIOBANCA, ADESSO COMANDA IL BANCO DI PALAZZO CHIGI, STARRING IL GRAN CROUPIER FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE – DAVVERO, ‘’RIEN NE VA PLUS”? MAI STARE TROPPO TRANQUILLI E CANTARE VITTORIA… IN ITALIA PUÒ SEMPRE SPUNTARE QUALCHE MALINTENZIONATO DECISO A GUASTARE LA FESTA DEI COMPAGNUCCI DELLA PARROCCHIETTA ROMANA - A PIAZZA AFFARI SI VOCIFERA SOTTO I BAFFI CHE FRA QUALCHE MESE, QUANDO I VINCITORI SI SARANNO SISTEMATI BEN BENE PER PORTARE A COMPIMENTO LA CONQUISTA DEL "FORZIERE D'ITALIA", ASSICURAZIONI GENERALI, NULLA POTRÀ VIETARE A UNA BANCA DI LANCIARE UN’OPA SU MPS, DOTATO COM’È DEL 13% DEL LEONE DI TRIESTE - A QUEL PUNTO, CHE FARÀ PALAZZO CHIGI? POTRÀ TIRARE FUORI DAL CILINDRO DI NUOVO LE GOLDEN POWER “A TUTELA DEGLI INTERESSI NAZIONALI”, COME È ACCADUTO CON L’OPS DI UNICREDIT SU BANCO BPM, CARO ALLA LEGA? – COME SONO RIUSCITI A DISINNESCARE LE AMBIZIONI DEL CEO DI MPS, LUIGINO LOVAGLIO…