
“NON MI PENTO DEI FILM SEXY, SOLO DEI TITOLI” - EDWIGE FENECH, CELEBRATA DA UNA MOSTRA AL MUSEO DEL CINEMA DI TORINO, SI RACCONTA, DALLA NUOVA VITA IN PORTOGALLO ALLE COMMEDIE SEXY: "IL PEGGIORE DI TUTTI? QUEL GRAN PEZZO DELL'UBALDA TUTTA NUDA TUTTA CALDA" - FELLINI CHE LA CHIAMAVA "L’UBALDINA", LE CENE CON TARANTINO "CHE CONOSCE A MEMORIA TUTTI I MIEI FILM", IL RITIRO: “PER CIRCA 7 ANNI SONO STATA LONTANA DA TUTTO. PENSAVO CHE…” - VIDEO
Fulvia Caprara per “La Stampa” - Estratti
scena vasca da bagno edwige fenech renato pozzetto la patata bollente 4
«Sono stati anni straordinari, pieni di tutto, senza quegli anni io non esisterei». In questi giorni l'immagine di Edwige Fenech è esposta al Museo del Cinema di Torino per la mostra Pazza idea Oltre il'68:
icone pop nelle fotografie di Angelo Frontoni curata da Carlo Chatrian con Roberta Basano ed Elena Boux, dedicata agli Anni 70 e 80, visti attraverso l'obiettivo del fotografo delle celebrità, capace di cogliere spirito e contraddizioni dell'epoca, con particolare sensibilità verso la rappresentazione del femminile, al centro, in quel periodo, di mutamenti epocali:
«C'è anche Ursula? – chiede subito Fenech, alludendo alla Andress –. No? Strano, perché era lei la modella preferita di Frontoni». Insomma, competizione fra colleghe zero, e zero ripensamenti riguardanti il periodo in cui era diventata la regina del porno-soft all'italiana: «Rifarei quei film – dice da sempre – grazie a loro sono diventata famosa e ancora oggi sono qui. Quello che cambierei sono i titoli. Il peggiore? Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda tutta calda».
edwige fenech lino banfi sabato, domenica e venerdi
È vero che Federico Fellini la chiamava l'Ubaldina?
«Vero, il maestro aveva inizialmente pensato a me per il personaggio di Gradisca in Amarcord, e per due mesi andai a Cinecittà da lui e a pranzo a casa sua».
Che cosa rappresentano per lei i 70 e gli 80?
«La mia vita. In quegli anni sono diventata mamma e questa è la cosa più importante, nel '71 è nato mio figlio Edwin, non avevo nemmeno 22 anni, tutta l'esistenza davanti. Diciamo che, tra alti e bassi, in quel periodo, sono partita come un razzo. Per il cinema era un'epoca fantastica, facevo film molto commerciali, le commedie sexy,
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ma anche i gialli all'italiana che, all'estero, sono ancora in auge, vengono restaurati e messi in vendita online, ma io non riesco mai a comprarne uno perché sono sempre tutti esauriti. La produzione di quegli anni continua ad essere importante, anche oggi, cosa che, allora, non avremmo mai immaginato».
Tra i suoi tantissimi fan c'è Quentin Tarantino.
«È una persona deliziosa, mi piace tanto parlare con lui, è veramente un genio. Sono una cultrice del cinema e con Quentin possiamo discutere di qualunque film, i miei li conosce a memoria, ricorda ogni inquadratura, com'ero vestita e pettinata in ogni determinata scena... Un sacco di volte mi ha fatto domande su mie pellicole cui nemmeno io sapevo rispondere. Sono imbattibile sui film degli altri, Hitchcock per esempio, ma sui miei no».
Quando vi siete incontrati per la prima volta?
«È successo a Venezia, avevo coprodotto Il mercante di Venezia ed era stata organizzata una bellissima cena per l'anteprima, al Palazzo dei Dogi. Ero molto presa, in piedi dalla mattina presto, senza trucco, in jeans, spettinata, qualcuno venne a dirmi che Quentin era lì, mi stava cercando, e aveva chiesto se potevo raggiungerlo a cena.
All'inizio non ci ho creduto, l'ufficio stampa ha insistito e alla fine sono andata...Vergognandomi, perché non ero proprio nella condizione migliore, avevo lavorato tutto il giorno e non avevo avuto nemmeno il tempo di passare a cambiarmi. Da allora siamo diventati amici».
edwige fenech la quattordicesima domenica del tempo ordinario 3
C'è stato un periodo in cui si è eclissata, niente più film, niente più lavoro da produttrice. Come mai?
«Mi sono ritirata, per circa 7 anni sono stata lontana da tutto. Pensavo che non avrei fatto più cinema, ho rifiutato tante cose ed ero convinta che nessuno mi avrebbe più offerto un ruolo interessante».
Poi, invece, due anni fa, è tornata davanti alla macchina da presa nel film di Pupi Avati La quattordicesima domenica del tempo ordinario e adesso, dal 13 novembre, dopo l'anteprima alla Mostra di Venezia, sarà nei cinema con Il maestro di Andrea Di Stefano. Cosa l'ha convinta a riprendere il suo primo mestiere?
«Sognavo di tornare sul grande schermo, ma con una veste nuova, adatta alla mia età. Nel film di Avati sono una donna matura, che ha perso tutto, disperata, mi è piaciuto che abbia saputo vedermi sotto una luce diversa, dandomi la possibilità di esprimermi. A questo punto della vita non posso più fare la bella ragazza, quel film mi ha fatto capire che posso essere anche altre cose».
Non ha mai rinnegato la fase delle commedie erotiche, però, a un certo punto, ha preso le distanze. Com'è andata?
«Ho smesso, ho accettato qualche partecipazione in storie di tipo diverso, per esempio nel film tv La figlia del capitano, tratto da Puskin, e poi ho iniziato il mio lavoro di produttrice. Mi interessava far capire a chi mi non mi conosceva che io ero e sono anche altro, una grande appassionata di letteratura, una spettatrice di film importanti. Film in cui ho visto attrici in ruoli meravigliosi e ho pensato "ecco, quella è la parte che mi piacerebbe interpretare"».
Che sensazione le ha lasciato la fase delle pellicole pecorecce, quella in cui tutto si basava sulla sua fisicità?
«Era pesante, aveva un lato molto positivo, legato ovviamente al successo, però era come uno specchio a due facce di cui una più oscura. Mi sono fermata volontariamente, anche se avevo interpretato film bellissimi, con Dino Risi, con Steno, con Tognazzi… non dimentichiamo che, in passato, quando un'attrice raggiungeva i 40, era finita, si pensava che stesse meglio a casa, era considerata vecchia».
Questo modo di pensare l'ha in qualche modo ferita?
«No, non ho mai pensato che la gente sia stata cattiva con me e mi abbia messo da parte. Le leggi del cinema erano quelle, non solo da noi, anche nel resto del mondo».
Oggi le cose sono cambiate.
È d'accordo?
«Sì, le cose sono molto cambiate. In Italia non so quanto, ma in America di sicuro.
Oggi è pieno di donne mature, bravissime, con ruoli da protagoniste. Hanno scoperto che esiste un pubblico anche per le persone più anziane. Penso alla grande Jane Fonda, che ha ripreso a lavorare intorno ai 65 anni, a Helen Mirren, che ha raggiunto il grande successo quando era già avanti con l'età, e da quel momento non si è più fermata».
Ha scelto di stabilirsi a Lisbona, come mai?
«Si sta benissimo, c'è un clima fantastico, e poi nessuno ti ferma per la strada, si può vivere in tranquillità. Madonna è stata qui per tre anni e non ha mai avuto problemi. Mi sento come se, nella mia vita, non ci fosse stato un prima, come se non avessi fatto nulla».
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edwige fenech pippo franco quel gran pezzo dell ubalda
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