GOMORRA PER DAVVERO - PIETRO VALSECCHI: “BASTA CON I SET A CASA DEI BOSS, NON TUTTO È SPETTACOLO. CHIEDO A SAVIANO DI DIRE LA SUA: È ACCETTABILE USARE LA VILLA DI UN CAMORRISTA PER LE SCENE DI ‘’GOMORRA’’?”. E ORA CHE FARÀ IL PRODE SCRITTORE?

Antonio Massari per "Il Fatto Quotidiano"

Una riflessione è necessaria. Sono convinto che i produttori di Gomorra non sapessero di aver affittato, per registrare gli interni, la casa di un boss di Torre Annunziata. Ma dopo il suo arresto, il fatto era accertato, quindi aprire un dibattito ora è fondamentale. Invito pubblicamente Roberto Saviano a dire la sua: è accettabile usare la casa di un boss come set cinematografico? Con i suoi scritti ci ha illuminato sulla camorra, ora ci dia una mano su questa riflessione, io sono pronto a dare subito il mio contributo".

Pietro Valsecchi è un produttore cinematografico di grande esperienza, tra i suoi lavori, solo per citarne alcuni, ricordiamo il Capo dei Capi, Squadra antimafia, Distretto di polizia, Il clan dei camorristi e Un eroe borghese con il quale, nel 1995, ha vinto il David di Donatello.

Valsecchi, il Fatto Quotidiano ha scoperto che la casa di produzione Cattleya, per filmare la casa del boss Savastano, protagonista della serie tv in onda nel 2014 su Sky, ha affittato l'appartamento di un uomo che, un mese dopo, è stato arrestato con l'accusa di essere un boss di camorra.

Un contratto regolare, 30 mila euro per sei mesi, poi pagato all'amministrazione giudiziaria, che dopo l'arresto ha sequestrato l'immobile. Lei che ne pensa?
Penso che non ne fossero consapevoli. Trentamila euro per sei mesi è un prezzo ottimo, a Roma i costi oscillano tra i 2 e i 3 mila euro al giorno, avranno pensato che fosse la casa giusta al prezzo migliore, senza immaginare che fosse quella di un boss.

Se avessero chiesto ai carabinieri del posto, magari, avrebbero capito qualcosa in più.
Ha ragione. Poteva essere sufficiente.

Lei girerebbe delle scene a casa di un boss?
No, perché non tutto può fare spettacolo. Si rischia di trasformare un film di denuncia in un omaggio alla criminalità. Però la visiterei, ne riprodurrei i gusti altrove, perché è importante capire la psicologia del soggetto che intendiamo raccontare.

Il procuratore di Torre Annunziata, Alessandro Pennasilico, ha dichiarato a Repubblica che "bisogna evitare che certi contatti, specie se determinati da esigenze di spettacolo, possano legittimare ruoli criminali e contribuire a dar loro prestigio, come se fossero riconosciuti quali rappresentanti di un potere territoriale".

Questa frase è un macigno. Il cinema ha una grande responsabilità: raccontare il Paese, il che non è solo spettacolo, ma è denuncia, spunto di riflessione, invito alla trasformazione. Poi i registi sono dei sognatori, a loro piacerebbe girare proprio lì dove Raffaele Cutolo ha bevuto un caffè, giusto per fare un esempio, e poi in certi luoghi non puoi essere consapevole di tutto, sbagliare è facile, ma ci sono delle regole elementari: se affitti una casa, se appalti un lavoro, rilasci una fattura e chiedi un certificato antimafia.

Però: arrivano tante persone che vorrebbero recitare come comparse, e quanti potrebbero essere, in Sicilia in Calabria o in Campania - ma anche in altre zone d'Italia - gli affiliati? E perché sono affiliati non dovrebbero recitare in un film? Anche questa è una discriminazione: il cinema è un'opportunità positiva.

Il cinema, la tv, sono in grado di trasmettere un messaggio molto influente.
Infatti, dobbiamo scegliere da che parte stare, solidarizzare con i magistrati, con chi ha denunciato le mafie e ha pagato in prima persona. Questo devo mettere in scena.

C'è anche un messaggio diverso, quello che resta nel territorio in cui si gira un film e, come dice Pennasilico, dare prestigio, riconoscimento di potere territoriale, a gente che rappresenta un clan, diventa un messaggio devastante, in grado di distruggere il lavoro della magistratura, della scuola, delle associazioni.
È vero. Non possiamo fare dei film, raccontando il nostro paese per denunciare le storture, per capire come cambiarlo , e poi chiudere un occhio tra noi del mestiere.

A lei sono mai capitati inconvenienti simili?
A Palermo, girando Squadra antimafia, nonostante avessimo chiesto i certificati antimafia, la magistratura ci ha segnalato che alcuni fornitori erano in odore di mafia, i miei collaboratori sono stati anche interrogati, ma non potevano immaginare.

E lei che ha fatto?
Ho spostato il set a Catania. Poi però ognuno deve fare il suo, per cambiare le cose è necessario che lo Stato, in posti come Scampia o Torre Annunziata, abbia un progetto. Se il progetto non c'è, non è colpa del cinema.

Ma il cinema, oltre ai film di denuncia, cosa può fare?
Puo fare molto. Aprire un dibattito su questo episodio è già un punto di partenza. Ma io mi spingo più in là, bisogna liberare questi luoghi dall'identità con Gomorra, perché il tessuto sociale non si può identificare con le mafie. E il cinema, soprattutto per i più piccoli, è uno strumento di liberazione, ti insegna da che parte stare, sin da bambino, ti porta a tifare per Giancarlo Siani e non per la camorra, in modo semplice e immediato. Quindi ci metto del mio.

In che modo?
La Taodue, la mia produzione, s'impegna a portare a Torre Annunziata il cinema per i bambini: un cineforum con le migliori opere, perché capiscano sin da subito da che parte stare, perché questa è una potenzialità del cinema. Porteremo attori, registi, sceneggiatori perché conoscano la magia del racconto, per dimostrare che non solo il cinema non è colluso, ma che può fare molto. I bambini non devono essere costretti a scegliere se da grandi diventare mafiosi o poliziotti. Devono imparare a conoscere le mille opportunità della vita. E il cinema può indicare tante strade. Invito Cattleya e non solo, a collaborare con noi a questo progetto: creiamo insieme a Torre Annunziata un centro culturale per riqualificare un territorio con poche opportunità: per abbattere le barriere.

2. DAL PADRINO A CLOONEY: CIAK SI GIRA, È ORA DEL PIZZO
Valerio Cattano per "Il Fatto Quotidiano"

Ciak, si gira. Mafiosi e camorristi vanno pazzi per film e fiction, ma non si tratta di sensibilità artistica. Un set, un gruppo di attori più o meno famosi che entrano nel territorio delle cosche, significano spesso soldi "pronto cassa", oppure guadagni attraverso forniture di servizi e comparse.

La vicenda che riguarda Gomorra prodotto per il piccolo schermo ha radici lontane. Qualche anno fa a Palermo, quando si svolgevano le riprese di Squadra antimafia-Palermo Oggi, il boss di Porta Nuova, Calogero Lo Presti fu intercettato mentre esprimeva la sua soddisfazione: "Questa è una cosa che dura cinque anni, se il Signore ci lascia con i vivi, che minchia di problema abbiamo?". La lettura della Procura di Palermo fu questa: i servizi di supporto e logistici per permettere le riprese erano state affidate a persone gradite a Cosa Nostra.

Nel 1971, Francis Ford Coppola e la sua produzione si trasferiscono in Sicilia per girare alcune scene importanti de IlPadrino, quelle della latitanza di Michael Corleone; l'intenzione è scegliere un set palermitano, ma ben presto attori, registi e staff fanno i bagagli e si trasferiscono dalla parte opposta del-l'isola, in un paesino chiamato Savoca. Sarà lì che Al Pacino nei panni di Michael incontrerà per la prima volta Apollonia, la ragazza che sposerà e che sarà sua moglie solo per pochi giorni; pure la scena del matrimonio è girata a Savoca, al riparo da occhi troppo curiosi e famelici, da espressioni che nella location originale non avevano lasciato spazio a dubbi: qui per fare il cinema si paga il pizzo.

Un brutto momento lo ha vissuto pure Giuseppe Tornatore sul set di Malena, che aveva come scenario naturale il barocco di Siracusa; per mettere le cose in chiaro, gli "esattori" rasero al suolo tutta la scenografia che riguardava la ricostruzione di un rifugio antiaereo.

Stava andando a finire male pure per George Clooney e Brad Pitt, nel 2004, impegnati a Scopello nelle riprese di Ocean's Twelve: non appena la produzione montò il set e arrivarono le star, attorno iniziarono a spuntare facce poco raccomandabili , personaggi affiliati alla "famiglia" di Alcamo; in quel caso la Squadra mobile era già sul posto proprio perché seguiva le mosse degli estortori; così, mentre Clooney e compagni recitavano la parte dei truffatori, attorno a loro c'era invece una sfida vera fra mafiosi e sbirri.

Di esempi se ne potrebbero fare altri, citando anche il rifiuto ad accettare di pagare e tacere, come ad esempio Magnolia, che avrebbe respinto le richieste della "famiglia" della Noce, sempre a Palermo, durante le riprese de Il segreto dell'acqua con Riccardo Scamarcio. Resta un dato di fatto: la Sicilia, che potrebbe essere un set naturale e divenire un punto di riferimento per i produttori di tutto il mondo, in realtà è territorio off limits se il produttore di turno non mette fra i costi pure una sorta di "assicurazione". Don Vito Corleone avrebbe detto: "Non è personale, è solo business".

 

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