HOUSE OF ZEFFIRELLI - QUADRI, FOTO, MATERIALE DI SCENA: LA VILLA DEL REGISTA SULL’APPIA ANTICA È UN’OASI DI BELLEZZA E DI ARTE - ''PLACIDO DOMINGO? UN PULEDRO DI RAZZA”- “MARIA CALLAS? NON RIUSCÌ A USCIRE DAL SUO CAMUFFAMENTO DA DIVA” - IL GENIO DI CARLA FRACCI

Anna Maria Liguori per "la Repubblica” - Fotografie di Francesco Vignali

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Se il maestro Franco Zeffirelli potesse custodire in un’arca tutta la bellezza e il talento del mondo li metterebbe in salvo fino al momento in cui se ne potesse fare finalmente buon uso. Ma lui la sua personalissima arca ce l’ha: una dimora che si affaccia sull’Appia Antica, un luogo sospeso nel tempo che racchiude non solo la sua straordinaria vita, ma anche quella dei grandi artisti che lo hanno circondato.

 

Un’oasi di bellezza, appunto. «Vorrei che tanta gente di gusto vedesse la mia casa, che qui si aprisse una ricerca che fosse garanzia per la vita dell’arte», confida assorto mentre accarezza la sua cagnolina Dolly. «Vorrei che fosse un posto come era la casa di mia zia Lide, l’anima fiorentina della mia gioventù.

 

Tutti i grandi che passavano da Firenze andavano da zia Lide perché, dicevano, “come si conversa e si mangia da lei non lo si fa da nessuno”. Ecco io vorrei che fosse un posto privilegiato dove i giovani artisti possano vivere e coltivare la loro arte. Il sogno sarebbe: adattare il terreno per fare una galleria d’arte immersa nella vita di campagna».

 

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Mentre parla viene accompagnato lungo le sale, lentamente, fino al giardino d’inverno. I figli Pippo e Luciano sono al suo fianco, e lui ripercorre le tante tappe della sua esistenza personale e artistica fermandosi in ogni stanza come se cercasse ispirazione: «Ho voluto una casa bella, impeccabile e traboccante di bei ricordi, artistici e di amicizia, e di momenti memorabili. Non ho mai avuto storie d’amore qui, per rispetto della professione e dell’arte.

 

La musica e il canto sono un regalo di Dio a questi giovani che io vedevo crescere e diventare degli artisti impagabili. La cosa più comune che li spingeva a venire qui da me era l’ansia di trovare qualcuno che li aiutasse a completare la loro arte.

 

E poi dopo il successo sono ritornati quasi tutti come a ringraziarmi, ma era il loro talento ad averli premiati». Si ferma nella sala della musica piena di affreschi, i papiers peints di Ingres (che risalgono ai primi dell’Ottocento): « Li ho acquistati a Parigi al marché aux puces negli anni Sessanta, dove mi trovavo con Maria Callas per la Norma. Erano impolverati e dimenticati in un angolo del negozio di un antiquario e appena li ho visti me ne sono innamorato».

 

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Poi lo sguardo viene rapito dalle foto con dedica assiepate sul pianoforte a coda e si capisce che quello è il nucleo vivo della casa. «Che emozione stare qui davanti a questi spartiti. Ho vissuto con tre generazioni di geni. Più geni che lavoravano insieme ».

 

E li cita uno a uno. Placido Domingo («Un puledro di razza»), Maria Callas («Il mio amore frenetico per lei, povera cara sorella sciagurata. Non riuscì a uscire dal suo camuffamento da diva. Lei era la figlia di una povera donna che andava a chieder l’elemosina all’angolo di una chiesa»), Carla Fracci («Puro talento. Chi è un genio diventa altra cosa da un essere umano, è un’altra carne, è un altro spirito »).

 

Le dediche sono una selva, le foto dei grandi del Novecento si susseguono in ordine sparso creando un’armonia che sembra emergere dal caos. La foto della regina Elisabetta d’Inghilterra e di John Kennedy preso di spalle mentre cammina sulla spiaggia deserta: «Questa foto la guardo spesso», dice Zeffirelli, «soprattutto dopo la sua morte: mi fa pensare alla solitudine di un uomo così potente nel mondo».

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La dedica di Luchino Visconti: “A Franco oggi primo giorno di lavoro insieme con immensi auguri e molta fiducia in lui”; quella di Rudolf Nureyev: “A Franco con grande ammirazione, con amicizia e affetto. Rudy”; quella della figlia di Arturo Toscanini: “Al mio caro Franco, con lo spirito di mio padre. La tua vecchia amica Wally”. E ancora Horst P. Horst, Coco Chanel, Eduardo De Filippo, Carlo Ponti, i presidenti Pertini, Ciampi, Napolitano e Mattarella, gli americani Bill Clinton e George Bush, Margaret Thatcher.

 

E poi ripensa alla musica e al canto: «Gli artisti con i quali ho lavorato li ho amati tutti. Il talento di un uomo è legato a quello di altri uomini. Pavarotti, per esempio, è stato qui quando era un ragazzotto. Non aveva il fisico adatto, secondo me, ma era una voce nuova e straordinaria. La sua foto è lì sul piano nel posto dove si lavorava o si cantava. Gli diedi dei soldi per raggiungermi a Parigi con la madre e la sorella e la sua ascesa fu grande. Gli ho voluto un bene profondo e lui a me».

 

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Nel salone di rappresentanza ci sono le opere d’arte comprate in giro per il mondo. Un posto speciale è riservato a una Pietà napoletana: «Ci fu il fallimento di una famiglia famosa a Napoli che dovette vendere tutti gli arredi della casa in tre giorni», racconta Zeffirelli. «Un antiquario ne aveva rilevati alcuni. Mentre ero al lavoro al Palazzo Reale mi fecero vedere la fotografia di questa Pietà del Settecento, e scappai subito a comprarla. Non avevo soldi e la presi a rate, indebitandomi. È stata con me sempre. La lascio a una persona che amo».

 

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Oltre alla pinacoteca con i suoi quadri e bozzetti, c’è un archivio magnifico, il cuore delle futura Fondazione Zeffirelli: contiene materiali relativi a tutte le sue produzioni artistiche - teatrali, cinematografiche e operistiche - nelle varie fasi di sviluppo di ciascun progetto. Un patrimonio enorme: 7mila volumi; 250 fra adattamenti, trattamenti, sceneggiature e copioni originali; mille pagine di appunti e note di regia ed edizione, talvolta accompagnati da quaderni di doppiaggio;

 

400 bozzetti incorniciati di scene e costumi; mille fogli di schizzi relativi a scene, costumi e oggetti di scena; 150 pagine di storyboard; 200 disegni tecnici relativi a teatri, teatri di posa e location varie; 500 dagherrotipi e foto d’epoca; 40mila foto di scena; 2.700 litografie di bozzetti per scene e costumi di opere, di teatro, di film. Casa e archivio, oltre al suo genio, vanno in eredità al mondo.

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