selvaggia lucarelli rula jebreal

“MIA MADRE NADIA FU STUPRATA E BRUTALIZZATA DUE VOLTE: A 13 ANNI DA UN UOMO E POI DAL SISTEMA CHE L’HA COSTRETTA AL SILENZIO. LE FERITE SANGUINANO DI PIÙ QUANDO NON SI È CREDUTI” IL DURISSIMO E EMOZIONANTE MONOLOGO DI RULA JEBREAL SCRITTO INSIEME A SELVAGGIA LUCARELLI.  TESTO INTEGRALE+VIDEO

 

 Ilaria Del Prete e Rita Vecchio per www.leggo.it

 

rula jebreal

Dietro l'emozionante monologo della giornalista Rula Jebreal c'è Selvaggia Lucarelli. La ex giornalista del Fatto Quotidiano - come apprende Leggo - ha aiutato la collega israeliana nella stesura del testo andato in onda ieri durante la prima serata del Festival di Sanremo. Le due si sono incontrate nei giorni scorsi e insieme hanno trovato le parole giuste per affrontare i temi di cui entrambi sono paladine. 

 

Il testo integrale

 

«Lei aveva la biancheria intima quella sera?»

«Si ricorda di aver cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina?»

«Lei trova sexy gli uomini che indossano i jeans?»

«Se le donne non vogliono essere sfruttare devono smetterla di vestirsi da poco di buono».

 

 

selvaggia lucarelli

Queste sono solo alcune delle domande poste in un’aula di tribunale a due ragazze che in Italia, non molto tempo fa, hanno denunciato una violenza sessuale. Domande insinuanti, melliflue, che sottintendono una verità amara, crudele: noi donne non siamo mai innocenti. Non lo siamo perché abbiamo denunciato troppo tardi, perché abbiamo denunciato troppo presto, perché siamo tropo belle o troppo brutto perché eravamo troppo disinibite e ce la siamo voluta.

 

“Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie

Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via

Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo.

Perché sei un essere speciale

Ed io, avrò cura di te.”

 

 

 

Sono cresciuta in un orfanotrofio, insieme a centinaia di bambine. La sera, una per volta, noi bambine raccontavamo una storia, le nostre storie. Erano una specie di favole tristi. Non favole di mamme che conciliano il sonno, ma favole di figlie sfortunate, che il sonno lo toglievano.

 

Ci raccontavamo delle nostre madri: torturate, uccise, violentate. Ogni sera, prima di dormire, ci liberavamo tutte insieme di quelle parole di dolore.

rula jebreal

Io amo le parole. Ho imparato, venendo da luoghi di guerra, a credere nelle parole e non ai fucili, per cercare di rendere il mondo un posto migliore. Anche e soprattutto per le donne. Ma poi ci sono i numeri.

 

E in Italia, in questo magnifico Paese che mi ha accolto, i numeri sono spietati: ogni 3 giorni viene uccisa una donna, 6 donne sono state uccise la scorsa settimana. E nell’85% dei casi, il carnefice non ha bisogno di bussare alla porta per un motivo molto semplice: ha le chiavi di casa. Ci sono le sue impronte sullo zerbino, l’ombra delle sue labbra sul bicchiere in cucina.

 

 

 

“Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle un giorno

Giuro che lo farò

E oltre l’azzurro della tenda nell’azzurro io volerò

Quando la donna cannone

D’oro e d’argento diventerà

Senza passare dalla stazione

selvaggia lucarelli

L’ultimo treno prenderà”.

 

 

 

Mia madre Zakia, che tutti chiamavano Nadia, ha preso il suo ultimo treno quando io avevo 5 anni. Si è suicidata, dandosi fuoco. Ma il dolore era una fiamma lenta che aveva cominciato a salire e ad annerirle i vestiti quando era solo un’adolescente. Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, era stato la sua tortura.

 

Perché mia madre Nadia fu stuprata e brutalizzata due volte: a 13 anni da un uomo e poi dal sistema che l’ha costretta al silenzio, che non le ha consentito di denunciare. Le ferite sanguinano di più quando non si è creduti. L’uomo che l’ha violentata per anni, il cui ricordo incancellabile era con lei, mentre le fiamme mangiavano il suo corpo, aveva le chiavi di casa.

 

 

 

rula jebreal copia

“Sally ha patito troppo

Sally ha già visto che cosa

Ti può crollare addosso

Sally è già stata punita

Per ogni sua distrazione o debolezza

Per ogni candida carezza

Data per non sentire l’amarezza”

 

 

 

Quante volte siamo state Sally? Mentre Franca Rame veniva violentata il 9 marzo del 1973, cercò salvezza nella musica. “Devo stare calma. Devo stare calma. Mi attacco ai rumori della città, alle parole delle canzoni, devo stare calma”, recitava nel suo potente monologo “Lo stupro”, in cui ripercorreva quel fatto drammatico.

 

Le parole delle canzoni possono essere messaggi d’amore e di salvezza. Io sono diventata la donna che sono perché lo dovevo a mia madre, lo devo a mia figlia che è seduta in mezzo a voi. Lo dobbiamo tutte, tutti, a una madre, una figlia, una sorella, al nostro paese, anche agli uomini, all’idea stessa di civiltà e uguaglianza. All’idea più grande di tutte: quella di libertà.

 

Parlo agli uomini, adesso. Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere: madri di dieci figli e madri di nessuno, casalinghe e carrieriste, madonne e puttane, lasciateci fare quello che vogliamo del nostro corpo e ribellatevi insieme a noi, quando qualcuno ci dice cosa dobbiamo farne. Siate nostri complici. E quando qualcuno ci chiede “Lei cosa ha fatto per meritare ciò che è accaduto?”

 

rula jebreal a sanremo

“C’è un tempo bellissimo, tutto sudato

Una stagione ribelle

L’istante in cui scocca l’unica freccia

Che arriva alla volta celeste

E trafigge le stelle

È un giorno che tutta la gente

Si tende la mano

È il medesimo istante per tutti

Che sarà benedetto, io credo”

 

amadeus rula jebreal

 

 

rula jebreal 1SELVAGGIA LUCARELLI

 

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