IO SONO LA MIA FICTION - IL PIU’ GRANDE FILM DI LINDSAY LOHAN E’ LA SUA VITA - DUE GRANDI INTERPRETAZIONI IN “MEAN GIRLS” E “RADIO AMERICA”, TRE VOLTE IN MANETTE, REHAB PER TOSSICI, CONTRATTI CINEMATOGRAFICI CANCELLATI, ATTIVITÀ DA “CELEBRO-LESA”: LA VITA DI UNA RAGAZZA CHE NON VUOLE ESSERE “SALVATA” - IL TRAILER DEL SUO ULTIMO FILM: SUL PORNO E CON ATTORI PORNO, CON CAPEZZOLO IN VISTA…

1- IL TRAILER DELL'ULTIMO FILM CON LA LOHAN: "THE CANYONS"
http://drunkenstepfather.com/2012/10/09/lindsay-lohans-nipple-in-the-canyons-trailer-of-the-day#.UHWtXhaUWfF

Un film sui ventenni maniaci del sesso, con Lindsay Lohan e il porno star James Deen. Sceneggiatura di Bret Easton Ellis.


LOLITA NEL PRECIPIZIO
Maria Laura Rodotà per "La Lettura - Corriere della Sera"

Si può pensare a lei - la maggioranza lo fa, quando viene informata delle sue prodezze - come a una celebrità fuori di testa; un'iconcina negativa della Raunch Culture, la cultura delle cattive ragazze senza freni che perciò sono andate a sbattere. Come a un personaggio irritante, arrogante, fuori di testa. Oppure - meglio, c'è informazione-spazzatura degna di peggior causa - si può ignorare il flusso di notizie sceme su Lindsay Lohan; e pensare a una ragazzina molto bella, molto brava, che ci ha regalato due interpretazioni indimenticabili.

Una da ridere in Mean Girls, e lei è la liceale cresciuta in Africa che studia il comportamento dei teenager americani paragonandoli alle tribù di scimmie. E una da piangere in A Prairie Home Companion (in Italia, Radio America), ultima opera e testamento di Robert Altman. Lei è figlia e nipote arrabbiata di un duo materno-ziesco sgangherato (Meryl Streep e Lily Tomlin, nientepopodimeno); fa scenate, scrive cose cupe, canta con loro, poi diventa una ragazza impegnatissima in tailleur e telefonino e continua a maltrattarle.

E insomma, in ambedue i film - specialmente nel secondo - è straordinaria. Ed è la nostra figlia alternativamente simpatica o malmostosa, la nostra sorellina polemica, la nostra ex fidanzata indimenticata, la nostra amichetta improbabile (dipende dal genere, dall'età, dall'orientamento sessuale). E a volte è o è stata noi. Per questo, a molti di noi, dispiace leggere di Lindsay Lohan ubriaca-strafatta-arrestata-accusata di furto di collane-accusata di aver investito passanti-mandata in clinica per disintossicarsi-riarrestata per guida in stato indescrivibile-incarcerata per aver violato i termini della libertà condizionata-scarcerata causa sovraffollamento delle celle-eccetera.

Una delle costanti nella vita di Lohan negli ultimi anni sono le scarcerazioni per sovraffollamento delle celle (almeno tre). Forse è un espediente trovato di comune accordo da autorità e avvocati. Forse è un peccato, che vada così. Forse Lohan stessa è di malavoglia un paradigma di quel che funziona male nella celebrity culture, in America, magari in alcune nostre vite. Di certo, giocare con i suoi dati biografici è fin troppo facile.

Per dire. Lohan è nata nel 1986 a New York (metropoli dalle mille luci che confondono i semplici e i fragili) e cresciuta a Long Island (quintessenziale zona suburbana). Suo padre, proprio negli anni Ottanta, lavorava nella finanza a Wall Street e ha avuto problemi con la legge (praticamente un Gordon Gekko poveraccio; si chiama addirittura Michael Douglas Lohan), sua madre Dina è un'ex cantante e ballerina che ha avviato alla carriera artistica ben quattro figli, divorziando ogni tanto dal marito.

Lohan ha esordito come modella dell'agenzia Ford (un sogno di tante ragazze di tutte le taglie, da decenni) all'età di tre anni (per Calvin Klein e Abercrombie, tra l'altro). Poi si è fatta strada nel mondo della televisione (idem), diventando una star di Disney Channel (una star vera e un talento vero; riconosciuto anche da noi che durante l'infanzia della nostra prole siamo stati costretti a vedere in media 865 repliche di Quel pazzo venerdì).

Poi è passata ai film semi-indipendenti di qualità (facendo bene, vedi sopra). Poi ha rivelato la sua ossessione per Marilyn Monroe (magari spiegabile ma subito preoccupante). Poi ha fatto molti pasticci, ma molti, trasformandosi da promettentissima diva emergente in celebrità disfunzionale proverbiale.

Aveva iniziato con la soap opera Another World (a dieci anni), il remake disneyano di The Parent Trap - Genitori in trappola (a undici anni, il primo successone) e una serie di film tv per Disney Channel e uno per il cinema, diventato presto un culto per bambine, Freaky Friday - Quel pazzo venerdì, a 17 anni, con Jamie Lee Curtis. È una storia di scambio di cervello improvviso tra una madre e una figlia adolescente; se fosse successo nella famiglia Lohan, magari ora Lindsay non starebbe così male (poi non si sa, ma ha l'aria di star male).

Perché, a ripercorrere la sua storia, sorgono spontanee considerazioni banali ma non irrealistiche. Lohan è figlia di una mamma ambiziosissima e di una papà avido e, pure lui, gran consumatore di alcol e sostanze varie. È sotto pressione e al lavoro dalla primissima infanzia; come gallinella dalle uova d'oro, e come sostituta dei genitori discutibili che trascuravano i tre fratelli più piccoli.

È diventata famosa, ha guadagnato molti soldi, a lungo non ha avuto una casa, solo suites negli alberghi (per due anni, come da cliché, nel losangelino Chateau Marmont); a un certo punto - direbbero i suoi coetanei romani - ha sbroccato. «Sono stati i miei anni di college» si è giustificata lei, varie volte, negli anni. È entrata al college - si fa per dire - quando ne aveva 21, l'età minima per bere alcol negli Stati Uniti, stando ai rapporti della polizia di Los Angeles e altre città.

Nel 2007, dopo il successo del remake di Herbie-Un maggiolino tutto matto e i riconoscimenti della critica per Radio America, dopo il suo primo disco, dopo aver ufficialmente acquisito lo status di «Più Promettente Giovane Diva Disneyana», dopo il primo fidanzamento con un fidanzato da diva (il ristoratore di lusso Harry Morton) ha vissuto un anno «shocking, scandalous» e con «lots of shopping» (felice sintesi di un sito pettegolo).

Un primo ricovero nella clinica Wonderland Center (si chiama così) a gennaio; un film girato tornando in clinica la sera; un film sfumato perché le terapie della clinica non funzionavano; un arresto per guida in stato di ubriachezza; un ricovero obbligatorio nel Promises Treatment Center (l'efficacia pare inversamente proporzionale ai nomi delle cliniche); un altro arresto per guida sotto l'effetto di alcol e cocaina; un ricovero al Cirque Lodge Treatment Center di Sundance (l'autrice di questo articolo ha finito le battutacce), anche quello inutile. Seguito da un terzo arresto in agosto, seguito da una condanna, seguito da 84 minuti di carcere (a Los Angeles, gli avvocati strapagati servono, notoriamente servono).

Gli anni successivi sono stati simili. Arresti, rehab, contratti cinematografici cancellati, attività da celebrità suonata: una parte da guest star nella serie tv Ugly Betty, una linea d'abbigliamento subito stroncata e chiamata 6126, dalla data di nascita di Marilyn; servizi fotografici travestita e svestita da Marilyn, sulla rivista «New York» e poi, via andando, su «Playboy». Una relazione di un paio d'anni con la dj Samantha Ronson, e delle dichiarazioni sul tema per una volta sensate: «Sono lesbica? No. Sono bisessuale? Può darsi. Di sicuro non voglio essere incasellata».

Nuovi incidenti (a settembre era a Manhattan; ha investito un tizio con la sua Porsche Cayenne; ne ha denunciato un altro dopo una lite; si è infuriata a una festa perché c'era Paris Hilton), e con fatica qualche nuovo film. L'indie thriller The Canyons di Paul Schrader, sceneggiato dallo scrittore Bret Easton Ellis; e Scary Movie 5, con Charlie Sheen, altro principe hollywoodiano precocemente sbroccato. Nonché il corto artistico di Richard Phillips First Point: lei è una surfista surrealmente bionda e precocemente botulinata che approda a riva accolta da fotografi con giganteschi teleobiettivi.

La simbologia, anche qui, è facile, la speranza è l'ultima a morire; più o meno, la speranza che Lohan (come altri) esca un po' più disintossicata dal mare e dal rehab, e ne esca anche la cultura pop americana (chissà se succede).

 

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