A LUME DI MANDELA - I FAMILIARI ASPETTANO LA MORTE DELL’EX PRESIDENTE PER ASSALTARE L’EREDITÀ

Lorenzo Simoncelli per "l'Espresso"

Nelson Mandela, detto "Madiba", durante la sua lunga vita ha sposato la politica e le sorti del suo Sudafrica. Per garantire la libertà di cui oggi gode il Paese ha dovuto rinunciare alla sua, trascorrendo un terzo dei suoi anni in carcere. Isolato dal mondo, dagli affetti, l'unica cosa che non ha mai abbandonato, neanche nella cella di Robben Island, è stato l'impegno politico.

Le scelte personali di Mandela non sempre sono state comprese appieno dai membri della sua famiglia. Soprattutto i figli dell'icona della lotta all'apartheid hanno fatto fatica a capire i sacrifici di papà Mandela. Nel corso degli anni tutto ciò ha lasciato strascichi che oggi si riverberano nella lotta alla sua eredità economica. Una lotta che ha minato, forse irreparabilmente, le relazioni tra i vari membri di una grande e complessa tribù.

Da anni ormai i Mandela sono divisi in diverse fazioni. Almeno tre. La prima guidata da Makaziwe, frutto del primo matrimonio di Nelson Mandela con Evelyn Mase. Detta "Maki" siede nei board di importanti società come la Nestlé, oltre a essere proprietaria della casa vinicola "House of Mandela". Poi c'è Winnie, la seconda moglie di Mandela. È la spendacciona della famiglia: avrebbe tra l'altro ancora da saldare un debito di 2 mila euro per le tasse scolastiche del nipote, motivo per cui il Tribunale ha deciso di mettere all'asta alcuni oggetti della sua casa a Soweto.

Dalla sua parte le due figlie: Zenani, ambasciatrice del Sudafrica in Argentina-Paraguay, e Zindzi. Infine c'è Mandla, nipote maschio di Madiba, che lo ha nominato capo clan di Mvezo, il villaggio dell'Eastern Cape dove è nato l'ex presidente sudafricano. La sua vita è una soap sentimentale ed è accusato di aver venduto per circa 200 mila euro i diritti della diretta dei funerali del nonno alla tv di Stato Sabc.

Non va poi dimenticata la terza moglie di Madiba, Graça Machel, vedova del presidente mozambicano Samora Machel, che media tra le varie fazioni. E pensare che Ndileka, una dei 17 nipoti di Mandela, riferendosi al nonno ha detto: «È la colla che ci tiene uniti». Una colla poco resistente evidentemente, se Mandla ha deciso di appellare la sentenza della Mtatha High Court, che dopo aver accolto l'azione legale mossa da Makaziwe e altri 15 membri del clan, gli ha imposto di riportare le spoglie dei tre figli di Nelson Mandela a Qunu, villaggio dove è cresciuto l'icona della lotta all'apartheid.

Mandla, infatti, nel 2011 aveva riesumato i loro resti per trasferirli a Mvuzo, dove è nato Mandela. La causa legale è stata avviata dopo che, la scorsa settimana, Makaziwe, la figlia maggiore di Mandela, ha riunito un segretissimo ibhunga (riunione di famiglia) presso Qunu, per discutere sul luogo della sepoltura del padre.

Mandela, nel 1996, tramite testamento aveva espressamente chiesto di essere sepolto a Qunu. Indiscrezioni parlano di un clima bollente durante l'incontro, terminato con l'abbandono da parte di Mandla. «Il modo in cui stiamo affrontando questo tema è contrario ai nostri costumi ed è una grande vergogna nei confronti di mio nonno», ha fatto sapere.

Ma la guerra più accesa in casa è sempre stata ed è per l'eredità economica, iniziata già qualche anno fa, quando Madiba ha iniziato a soffrire di demenza senile. In ballo ci sarebbero circa 15 milioni di euro divisi in 27 trust, tra cui la "Nelson Mandela Foundation". Una cifra che può sembrare bassa vista la statura del personaggio, ma è enorme per gli standard sudafricani.

Gli eredi, oltre alle tre figlie viventi, sono la moglie Graça Machel, che secondo indiscrezioni raccolte da "l'Espresso", sarebbe già stata liquidata con una casa a Sandton, il quartiere più caro di Johannesburg e i 17 nipoti, a cui Mandela avrebbe lasciato un trust da quasi un milione di euro a testa. Poi ci sono le case.

Quella di Houghton, fuori Johannesburg, valutata intorno ai 500 mila euro, e quella di Qunu, dove l'ex presidente sudafricano ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, ma di scarso valore economico. Le due proprietà immobiliari, secondo uno dei testamenti fatti da Mandela, andranno alle tre figlie. A questo va aggiunto la gestione dei diritti legati al brand Mandela, che spazia dai libri al cinema, dalla casa di moda Lwtf ("Long walk to freedom", come il titolo della sue celebre autobiografia) alla vineria "House of Mandela" gestita dalla figlia maggiore.

L'immagine di Madiba, secondo uno studio citato da "Voice of America", ha una popolarità globale seconda solo alla Coca Cola. Dal 2010 la fondazione che porta il suo nome e al cui interno hanno partecipazioni tutti gli eredi, si finanzia anche grazie a un'azienda di abbigliamento che si chiama "46664", il numero di matricola di Madiba nel carcere di Robben Island.

Una polo con raffigurata la mano dell'ex presidente sudafricano costa 80 euro. La famiglia gestisce circa 110 compagnie commerciali, per un giro d'affari impossibile da quantificare per la massiccia diversificazione, ma secondo amici vicini alla famiglia almeno di qualche decina di milioni di euro. Cifre alte, ma non esorbitanti se si pensa che la torta va divisa tra tanti commensali: 3tre figlie, 17 nipoti e moltissimi bisnipoti.

Recentemente le schermaglie interne si sono riaccese fino ad arrivare al Tribunale di Johannesburg, dove è in corso una causa tra le figlie di Mandela, Makaziwe e Zenani, e George Bizos, amministratore, insieme ad altre tre persone, di due holding, la Harmonieux Investment e la Magnifique Investment.

Le figlie di Mandela accusano George Bizos, lo storico avvocato e amico che ha difeso Nelson Mandela al processo di Rivonia evitandogli la pena capitale, di amministrare le due holding, al cui interno ci sarebbe una somma pari a un milione di euro, senza aver avuto mandato dal padre. Le due società finanziarie sono state create da Ismael Ayob, altro avvocato amico di Mandela, che ha aiutato l'ex presidente sudafricano a organizzare la gestione di una complessa eredità.

«L'obiettivo era quello di canalizzare all'interno di queste due strutture patrimoniali gli introiti provenienti da alcune litografie realizzate da Mandela e dalle famose impronte delle sue mani», spiega Ayob a "l'Espresso". André Blignaut, tra i principali venditori delle opere di Madiba, sostiene che i lavori hanno un valore di mercato che si aggira tra i 4mila e i 12mila euro, mentre per le litografie raffiguranti le mani di Mandela si arriva fino a 30 mila euro. Come testimonia la lettera esclusiva pubblicata nella pagina a fianco, Mandela effettivamente decise di affidare la gestione delle due holding ad Ayob.

Ma nel giro di pochi mesi l'ex presidente sollevò l'avvocato dalla direzione dei due trust, nominando al suo posto un quadrumvirato di cui fa parte Bizos. Secondo alcune indiscrezioni Madiba cambiò idea perché avrebbe saputo che Ayob vendeva parte delle opere parallelamente. Il fatto non è mai stato provato, né l'avvocato condannato. Ora, alla richiesta di una sua versione di come andarono davvero le cose sorride e allude alla demenza senile di cui negli ultimi anni ha sofferto l'eroe del Sudafrica.

Sta di fatto che decise di non obbedire agli ordini di Mandela e registrò come direttori al suo posto non i membri del quadrumvirato indicato da Madiba ma le sue figlie Zenani e Makaziwe.

Fu allora che l'ex presidente convocò un meeting di famiglia nella sua residenza di Houghton. Nell'aprile del 2005 attorno al tavolo, oltre al padrone di casa, c'erano le due figlie di Mandela, la terza moglie Graça, il quadrumvirato e un advisor indipendente. Un membro di quel quadrumvirato, l'avvocato Bally Chuene, in una recente intervista ha sostenuto: «Mandela non voleva che nessuno dei membri della famiglia avesse la gestione diretta di quei trust».

L'incontro si concluse con un accordo di massima, secondo cui i figli sarebbero rimasti beneficiari all'interno dei trust, ma le decisioni di rilievo sull'amministrazione del denaro sarebbero spettate al quadrumvirato con a capo Bizos.

Pochi giorni dopo, quando sembrava tutto risolto, le figlie di Mandela, violando i patti dell'accordo, sotto la regia di Ayob, firmarono un emendamento per scalzare Bizos e compagni, con il chiaro intento di poter gestire direttamente gli introiti delle vendite delle opere d'arte. Ma i documenti dell'accordo erano già stati depositati. Nel 2011, Zenani chiese direttamente a Bizos di distribuire alla famiglia il milione di euro presente nei trustee, senza dare spiegazioni sul loro utilizzo come invece prevedono le regole.

Al rifiuto di Bizos, il 9 aprile scorso, le due figlie di Mandela, assistite dall'avvocato Ayob, hanno deciso di impugnare i documenti del 2005e chiesto la rimozione del quadrumvirato. In questa azione legale Zenani e Makaziwe hanno ottenuto l'appoggio anche dei nipoti di Mandela, con l'eccezione di Mandla, che si è tirato fuori, anche se esisterebbero documenti che testimoniano come concordi con l'operato delle zie. Bizos ha reagito annunciando il deposito al tribunale di Johannesburg degli atti che provano la legittimità del suo operato.

Come andrà a finire si vedrà e forse ci vorranno anni. Ma una cosa è certa: Nelson Mandela non meritava che si avvelenassero gli ultimi momenti della sua esistenza terrena.

 

 

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