“MA L’AMORE NO” - FABIO FAZIO E ROBERTO SAVIANO TORNANO IN TV: LO FARANNO PER DUE/TRE SERE DI SEGUITO DA TORINO, IN MAGGIO, SU LA7, DURANTE IL SALONE DEL LIBRO, CON “UN PROGRAMMA DI PAROLA E DI PAROLE”, IN ONDA DA UN SET BELLISSIMO, LE OGR, QUELLE OFFICINE GRANDI RIPARAZIONI, UN TEMPO OSTELLO E CLINICA DI TRENI, ADESSO ESEMPIO DI ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE RIUTILIZZATA - DIFFICILE RIPETERE I DIECI MILIONI DI SPETTATORI DI “VIENI VIA CON ME” SU RAI3…

Alessandra Comazzi per "la Stampa"

Fabio Fazio e Roberto Saviano tornano finalmente in tv: lo faranno per due/tre sere di seguito da Torino, in maggio, su La7, durante il Salone del Libro (il salone dura dal 10 al 14, le due serate certe sono la domenica 13 e il lunedì 14, forse anche il martedì). Non sarà un programma di libri, piuttosto di cultura in senso ampio, di «parola». Si dovrebbe intitolare Ma l'amore no . E andare in onda da un set bellissimo, le Ogr, quelle Officine Grandi Riparazioni, un tempo ostello e clinica di treni, adesso esempio di archeologia industriale riutilizzata.

Nel 2011 è andata in scena qui la grande mostra sui 150 anni dell'Unità d'Italia, che riaprirà il 17 marzo fino al 4 novembre e sarà affiancata da mostre tematiche, come quella sui cento anni della casa editrice Einaudi. Assicura Maurizio Braccialarghe, direttore «in sonno» del Centro di produzione Rai di Torino e ora assessore alla Cultura del Comune, che «domani si svolgeranno i primi sopralluoghi alle Ogr» per vedere se il set è adatto.

Ma l'amore no , dunque, un programma di parola e di parole, in montaliana consapevolezza, «Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/ l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco/ lo dichiari e risplenda come un croco/ perduto in mezzo a un polveroso prato». Parole molto evocative fin dal titolo, che riprende una struggente canzone Anni 40. Fabio Fazio ama i titoli tratti da canzoni. Anima mia , i mitici Cugini di Campagna e i loro colorati Anni 70 recuperati con tutti i loro zatteroni; Vieni via con me , di contiana memoria, che su Raitre fu il programma più visto della stagione, dopo il Gran Premio di Abu Dhabi.

«Dieci milioni di spettatori, costi bassi e temi etici», disse allora il direttore Paolo Ruffini. Ma poi Ruffini da Raitre è andato via, portando con sé a La7 alcuni personaggi sgraditi, o almeno malsopportati in Viale Mazzini, Serena Dandini, Roberto Saviano per l'appunto. E quando Raitre si mostrò disinteressata a ripetere l'esperienza Vieni via con me , ne approfittò subito: «Magari in maggio non faremo più tutti quei milioni di spettatori o forse sì, chissà».

Ma perché la Rai ha evitato con tanta cura un programma che univa qualità e quantità, che era squisitamente, felicemente pop? Sembra una di quelle assurdità tipiche di viale Mazzini, che non si possono spiegare certo con motivi artistici ma neanche solo politici. «La Rai ha trattato malissimo quella trasmissione - ha detto Fazio - Un atteggiamento incomprensibile: non ci è stato consentito realizzare una puntata in più, nemmeno mezz'ora in più.

La logica sarebbe stata fare subito un contratto a Saviano. Invece niente. Intanto ora facciamo La7, a maggio, poi chissà. Le cose hanno una stagione, non sono eterne. Anche se non ci aspettavamo una reazione simile da parte della Rai». In effetti, era bastato che una serie di persone neanche troppo televisive andasse in tv a dire parole di senso, che il senso della televisione fosse ritrovato.

E non era questione di destra e di sinistra, sbagliava chi diceva che il programma era un elogio della sinistra. Non è vero. Saviano l'ha anche criticata, la sinistra. È stato un programma di civiltà, di cultura intesa come quella cosa che fa bella la vita. Merito di Fabio Fazio, guida e organizzatore di fil di ferro. In anni di accuse di buonismo, non ha mai rinunciato a essere com'è, educato, discreto, bravo nel lavoro. Doti che solo questa società alla rovescia trasforma in difetti.

Vieni via con me è stato soprattutto teatro in tv. Un esperimento che alle Ogr, a maggior ragione durante il Salone del libro, potrebbe avere il suo massimo significato. Quelle ore di elenchi, monologhi, canzoni, sembravano ciò che di più antitelevisivo si possa dare, in questi videotempi veloci e affrettati, fatti di slogan e non di ragionamenti. Il programma di Fazio ha invece riscoperto il valore della parola.

Non a caso, di sfondo, stavano le pietre millenarie di un teatro greco. Con orgoglio intellettuale, il riferimento non detto era al Verbo, «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio». Orgoglio ma non presunzione, perché la presunzione è fatta di improvvisazione e di superficialità e di scarsa conoscenza dei mezzi propri e altrui. Fazio invece è così: si prepara, e cerca il meglio su piazza, inseguendo il pensiero trasversale. In fondo fu lui a portare Gorbaciov e il Nobel Dulbecco sul palcoscenico di Sanremo. Ebbe un successo ancora ineguagliato, pure quantitativo, e in fondo quel Festival segnò la via.

 

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