FUOCO DI PAGLIA A ROMA – L’INTELLETTUALE ‘CONTRO’ PIÙ FAMOSA D’AMERICA RILEGGE IL ’68 IN CHIAVE SPIRITUALE, CONSACRA IL REGISTA DI ‘GUERRE STELLARI’ E BOCCIA SORRENTINO: ‘PIÙ CHE DA UN QUADRO MI SEMBRA SIA STATO ISPIRATO DA UNO SPOT O DA UN VIDEO MUSICALE’


Francesco Persili per ‘Dagospia'

«La controcultura del '68 non fu solo ‘politica': molti di noi in quegli anni erano impegnati in una ricerca di tipo spirituale». Evoca il viaggio dei Beatles in India la femminista dissidente Camille Paglia e non fa sconti alla sua generazione che si è persa tra Foucault e trip psichedelici.

«Syd Barrett, co-fondatore dei Pink Floyd e tanti altri compagni interessati al lato spirituale oggi non ci sono più per colpa della droga. Io non ho mai preso Lsd, sono cresciuta con la vecchia cultura italiana del vino. Forse è per questo che sono qui a parlare con voi». Avanti pop!

Ma anni di eresie, studi, battaglie, provocazioni, libri, non sono serviti all'intellettuale post-femminista più famosa d'America per ricevere il meritato riconoscimento da Roma. L'allieva di Harold Bloom si ritrova a parlare all'Auditorium per la manifestazione ‘Libri come' davanti ad una sala che non si riempie neanche a metà. Gridano vendetta quei posti vuoti in platea mentre la sociologa mescola politica, arte, religione, pop e una critica al premio Oscar Sorrentino con le opere del suo (sesto) libro ‘Seducenti immagini'(Il Mulino).

Un manuale di sopravvivenza visiva al tempo dei social, un viaggio nel mondo delle arti da Nefertari a Star Wars. Tremila anni di storia in 29 capitoli. Uno sforzo di sintesi che le ha portato via 5 anni (e lei per scrivere non usa neanche il computer). «Una cometa rossa in un cielo pieno di smog», così ‘The Nation' ha definito quel «breviario di immagini devozionali» che rappresenta la prima tappa di una battaglia per (ri)mettere la storia dell'arte, sminuita anche da Obama, al centro dei curricula scolastici americani e della nostra civiltà. Dove vai se non conosci Michelangelo?

Apocalittica quando parla di declino della cultura occidentale, la prima studentessa lesbica di Yale se la prende con «l'umanismo secolare che ci ha portato lontano dalla religione dei nostri antenati» e con l'educazione dominata da un materialismo estremo «che ha lasciato i giovani soli col loro I-phone» in un flusso ininterrotto di immagini senza significato. «Il senso del passato si sta erodendo velocemente, una società che dimentica l'arte rischia di perdere la propria anima».

La femminista atea, che esaltò la forza vitale della pornografia, si scaglia contro la retorica pomposa del marxismo che permea l'accademia e distrugge la magia e il mistero dell'arte. «Non c'è nulla di più vieto del dogma progressista secondo cui lo choc della provocazione costituisce automaticamente importanza ad un'opera d'arte». Forse è stato vero l'ultima volta negli anni Settanta con le foto omoerotiche e sadomaso di Robert Mapplethorpe ma la cultura è andata avanti: «Nel ventunesimo secolo cerchiamo il significato, non la sua negazione».

Rivendica il suo approccio ‘reverenziale ed estatico' all'arte che deve coniugare reale ed ideale, Camille Paglia, le cui origini italiane risaltano nell'elogio del lavoro manuale ché nella nostra tradizione l'arte non è stato un fenomeno elitario ma di popolo. Bernini, Michelangelo, «la seduzione il romanticismo» nel lavorare materiali concreti: «gli artisti sono artigiani, più vicini ai falegnami e ai saldatori che agli intellettuali».

Tra le icone dello star system, citazione d'obbligo per la sua musa femminista, Madonna, quando parla del capolavoro di Tamara de Lempicka, ‘Il ritratto del dottor Boucard, «che è in una collezione privata ma non sono ancora riuscita a capire di chi sia». Forse, proprio, della popstar che adora e colleziona le opere dell'artista dagli zigomi alla Greta Garbo.

Dall'Auriga di Delfi a Pollock, da Lacoonte a Mondrian, la Paglia mette in fila canoni di bellezza e innovatori ma avverte che l'energia creativa della nostra epoca si sta spostando dalle belle arti al ‘nuovo colore' della tecnologia digitale. «Il nostro ambiente visuale è diventato più instabile sotto i colpi dell'immediatezza aggressiva dei social che hanno ingombrato l'etere di futilità».

Tutto si è fatto ingannevole, evanescente. «Si è smarrito il senso di grandezza, cifra stilistica di kolossal come Ben Hur e Lawrence d'Arabia». Tra gli artisti contemporanei che possano reggere il confronto con i grandi del passato, Paglia boccia Koons («Quei pupazzi sono una caricatura, l'avanguardia ha perso il suo valore») e sceglie di dedicare l'ultimo capitolo del suo libro a ‘La vendetta dei Sith', sesto episodio della saga fantascientifica di Guerre Stellari griffato George Lucas, ‘il più grande artista vivente'.

La raffinatezza della fotografia e il senso della composizione pittorica «in continuità col Rinascimento» che avevano Godard, Fellini, Bergman e Antonioni Camille Paglia oggi lo ritrova nel visionario regista americano che immagina i film ‘come una massa di oggetti che si muovono su una superficie ampia'. Bocciatura solenne, invece, per ‘La Grande Bellezza' che non le ricorda nessuna grande opera d'arte del passato. «Più che da un quadro, Sorrentino mi sembra che sia stato influenzato da uno spot o da un video musicale»...

2- "SIAMO PASSATI DALLA POP ART ALL'ARTE DELLE POPSTAR"
Dario Paoppalardo per La Repubblica

«Nightmare». Camille Paglia sta parlando del viaggio appena concluso da Philadelphia a Roma. Aereo in ritardo. Gomma bucata. Tempesta in volo. Peccato lei non mostri alcuna traccia di jet lag. In albergo - «non di charme perché sono qui per lavoro» - chiede giusto l'asciugacapelli in camera. L'ex allieva di Harold Bloom, la «prima studentessa lesbica di Yale», la femminista eretica è un fiume in piena. Oggi presenta a "Libri come" il saggio
Seducenti immagini (il Mulino), un manuale per rieducare i giovani alla storia dell'arte attraverso 29 capolavori: dall'antico Egitto a Star Wars.

«Sì, perché i ragazzi, persi tra videogiochi e smartphone, non hanno alcuna educazione alle immagini», dice. «L'intera storia dell'arte occidentale sta per essere dimenticata. La fine della spiritualità coincide con il crollo della nostra
stessa civiltà».

Detto così, suona come l'apocalisse, Mrs Paglia...

«Ma è vero. Stiamo vivendo un tempo simile a quello dell'età bizantina. L'impero romano sta lentamente crollando. In occidente, parlo soprattutto per gli Stati Uniti, le nuove generazioni sono intorpidite, vivono in un mondo virtuale, isolate con i loro tablet, immerse in un benessere e in una tranquillità apparenti. I giovani non hanno alcuna idea della storia. Non sanno cosa siano stati il nazismo e il fascismo. Persino l'attacco al World Trade Center appare come un evento lontano. Il distacco dalla realtà è la conseguenza di un'educazione improntata a un materialismo estremo. Ho studenti che ignorano chi sia Mosè. Come possono sapere qualcosa di Michelangelo?».

Chi è il responsabile di questo?

«La mia generazione. Ed è colpa anche di Foucault e di Derrida. La lettura esclusivamente politica del '68, la negazione di ogni ricerca spirituale ha scatenato una reazione eccessiva: la tradizione religiosa è stata bandita dall'educazione. Intendiamoci: io sono atea, ma penso che la spiritualità, al di là dei dogmi, faccia parte della nostra vita e incida sulla nostra creatività. Negli anni Sessanta c'erano persone che la pensavano come me, interessate al nostro lato spirituale, ma non sono qui per raccontarlo a causa dell'Lsd. Oggi, in America, gli intellettuali e gli accademici disprezzano qualsiasi tipo di approccio alla religione. L'ispirazione religiosa latita anche nei creativi: e questo è il motivo per cui nessuno produce arte degna. Si salva in parte l'architettura, penso a quello che fanno Zaha Hadid o Frank Gehry».

Nel suo libro, l'ultimo "artista" citato è George Lucas, il regista di Star Wars. Non c'è davvero nessun altro che le interessi? Banksy, per esempio?

«I miei studenti della University of the Arts di Philadelphia adorano Banksy. Sì, è interessante. Mi piacciono le sue incursioni negli spazi pubblici, la sua idea di arte "sovversiva". Ma quei graffiti resteranno davvero nella memoria futura? Trovo divertente Tracey Emin. Poi però mi chiedo: cosa rimarrà di My Bed, l'installazione con il letto disfatto? Non si può paragonare a quello che Yoko Ono faceva negli anni Sessanta. Il suo collega Damien Hirst, quello sì, è sicuramente sopravvalutato».

E Jeff Koons, l'artista vivente più quotato al mondo?

«È la prova della follia del mercato dell'arte. Che senso hanno quei pupazzi? L'arte ha perso il suo vero valore. È diventata un buon investimento per gli uomini d'affari. I collezionisti di un tempo, oltre ad avere senso estetico, mettevano le loro opere a disposizione dello sguardo degli altri. Oggi, spesso, non sappiamo nemmeno dove siano i dipinti battuti all'asta. Nel mio libro tratto di un capolavoro di Tamara de Lempicka, il
Ritratto del dottor Boucard, che ho visto esposto in una mostra. È in una collezione privata e ancora non sono riuscita a capire di chi sia. Forse di Madonna, che adora la de Lempicka».

Madonna, appunto. Per lei è un'icona femminista. Ma cosa rimane del femminismo oggi?

«Io non ho mai fatto parte di un vero gruppo femminista. La mia fonte di ispirazione sono state le femministe della prima metà del Novecento. Donne che lottavano per il diritto al voto e per la parità di trattamento, ma che non disprezzavano il maschio. Penso a Simone de Beauvoir. Nel cinema, un'icona di questo tipo è Katharine Hepburn. Negli anni Sessanta, durante la seconda ondata femminista, mi sono sempre trovata ai margini. Ho lottato contro le femministe americane dure e pure di quell'epoca. Adoravo i Rolling Stones e le femministe mi dicevano: "Ma come puoi? Sono sessisti. Sminuiscono l'immagine della donna e sono dei pessimi musicisti". Io ribattevo: "Be', dite pure tutto, ma pessimi musicisti proprio no". Ricordo ancora una cena, era il 1972. Non arrivai al dessert perché osai dire che uomini e donne sono diversi, almeno per gli ormoni».

Insomma, è stata una femminista anomala.

«Rivendico la differenza di ruolo. Che società è quella in cui l'uomo non si distingue dalla donna per quello che fa? Prima la donna aveva la sua comunità, i suoi riti quotidiani che erano riti collettivi. Era sostenuta dalle altre donne al momento del parto. Oggi, durante le doglie, se è fortunata, ha un marito che va a vedere cosa bisogna fare sul web».

Oggi il termine "femminismo" viene accostato alle Femen e alle Pussy Riot.

«Qualcuno mi deve spiegare cosa ci sia di sensato nel protestare a seno nudo. Lo trovo ridicolo. Le Femen dimostrano di non avere il senso del valore del proprio corpo. La loro non è una celebrazione delle forme femminili. Mi sembra una carnevalata illogica. Anche le Pussy Riot mi lasciano perplessa. Hanno coraggio nell'attivare forme di protesta in Russia. Ma poi i loro metodi - mi riferisco all'invasione della chiesa ortodossa, per esempio - denunciano una certa confusione nei modelli di riferimento. Credo che con forme meno spettacolari di protesta potrebbero ottenere un riconoscimento e un risultato anche maggiori».

Nei suoi articoli ridefinisce le nuove icone dello star system. Promuove Beyoncé e Rihanna. Boccia Lady Gaga e Miley Cyrus.

«No Beyoncé, no, per carità. È un'ottima cantante e ballerina, ma agli ultimi Grammy mi ha delusa. Troppo discinta e troppo schiava di suo marito Jay-Z. Rihanna, invece, la trovo sempre interessante: ha una storia incredibile di abusi e violenze ed è una che controlla la propria immagine, si serve di tutti i media, dai giornali a Instagram. È un'icona perfetta del nostro tempo».

Oltre alle popstar, salvi almeno un artista, un'opera, un film contemporaneo...

«Mi sembra si viva una fase di vero appiattimento. Il cinema copia dalla tv o ruba dal passato. Fellini con La dolce vita aveva già raccontato molto del tempo in cui viviamo. Non a caso Steiner, l'intellettuale del film, si suicida. Ma vogliamo mettere Mastroianni con gli attori di oggi? E Monica Vitti nei film di Antonioni? L'occhio, il gusto per l'immagine si è completamente perso. Ho voluto scrivere questo libro per i giovani. Ricominciamo dagli Egizi, dalla Grecia classica. Ridiamo dignità agli archeologi, che fanno un mestiere molto più complesso di tutto quello che ha scritto Foucault. Riprendiamoci il senso della nostra storia».

 

 

Sala Petrassi Presenta Camille Paglia Camille Paglia intervistata Camille Paglia intervistata Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi Auditorium Parco della Musica Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi

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