RIZZOLI MAZZOLATO (COSÌ IMPARA A METTERSI CONTRO I POTERI FORTI) – IL TRIBUNALE DI MILANO NON SOLO SMONTA LE PRETESE (700 MILIONI) DI ANGELO RIZZOLI SUL “CORRIERE” MA LO CONDANNA A PAGARE, TRA RISARCIMENTI PER “LITE TEMERARIA” E SPESE LEGALI, UNA CIFRA CHE SUPERA I 14 MLN € - DOPO OLTRE TRENT’ANNI DI LETARGO, RIZZOLI CHIEDEVA DI ANNULLARE IL PASSAGGIO DI PROPRIETÀ DEL “CORRIERE DELLA SERA” CHE LUI HA SEMPRE CONSIDERATO UNO SCIPPO..

Francesco Spini per "la Stampa"

In quattordici pagine l'ottava sezione civile del Tribunale di Milano gela le velleità di Angelo Rizzoli, a oltre trent'anni dai fatti, di riscrivere la storia del passaggio di mano dell'omonima casa editrice del Corriere della Sera : il giudice, in primo grado, «rigetta tutte le domande» presentate contro gli «eredi giuridici» dell'operazione, in buona parte ancora presenti tra i soci di Rcs.

E va oltre. L'esponente della famiglia che per un decennio ebbe il controllo del quotidiano non solo non avrà un euro dei 650-724 milioni che chiedeva come «restituzione per equivalente» del bene in questione, il Corriere, ma è stato condannato a sua volta ad aprire il portafoglio.

Da una parte deve rifondere 1,29 milioni di onorari a ciascuno dei convenuti, ossia Giovanni Arvedi, Edison, Intesa Sanpaolo, Mittel, Rcs e Gemina (a cui vanno però 1,02 milioni). In tutto 7,47 milioni a cui vanno aggiunti spese e diritti. Dall'altra è stato condannato a pagare a ciascuno di questi (non a Gemina) 1,3 milioni, 6,5 milioni di euro in tutto, perché il giudice ha riconosciuto la temerarietà della lite come era stato richiesto, in sede di domanda riconvenzionale, dalle parti chiamate in causa da Rizzoli.

Finisce dunque con una sconfitta il primo round della nuova offensiva giudiziaria che, nel 2009, Rizzoli aveva promosso per far dichiarare la nullità degli atti compiuti tra il 1977 e il 1984 e ristabilire quella che riteneva la sua verità. Tutto cominciò quando la Rizzoli, nel ‘77, si ritrovò nell'impossibilità di onorare un debito da 22 miliardi di lire contratto proprio per acquistare azioni del Corriere dalla Fiat. Ecco, è da lì in poi, che Rizzoli avrebbe voluto vedere cancellati gli atti.

Si parte coi finanziamenti (a fronte di pegno di azioni del giornale) ottenuti dall'Ambrosiano di Roberto Calvi, tramite l'intercessione di componenti della P2, che portano a due ricapitalizzazioni. La seconda avviene nel 1981 e in quell'occasione la Centrale Finanziaria (che fa capo sempre all'Ambrosiano) acquista il 40% della Rizzoli. Calvi muore, al Vecchio finito in dissesto succede il Nuovo Banco Ambrosiano, la Rizzoli viene sottoposta a procedura di amministrazione controllata.

Non trovano compratori e nel frattempo Angelo Rizzoli viene arrestato - siamo nel 1983 - per bancarotta fraudolenta e per diversi illeciti valutari (verrà assolto anni dopo in Cassazione). Il suo pacchetto azionario viene sottoposto a sequestro e nell'84 Rizzoli lo cede (compresi i diritti di opzione relativi a un nuovo aumento di capitale) per 10 miliardi di lire. In tutto questo Rizzoli vede un maxi raggiro ordito ai suoi danni, attraverso un cosiddetto «patto commissorio», quando la legge vieta accordi che stabiliscono, in mancanza del pagamento di un credito, che la cosa data in pegno passi al creditore.

Stando alle parole del giudice Vincenzo Perozziello, per il Corriere, non fu così. Se la sentenza, in una prima parte, si limita a dire che la domanda, nei fatti, è tardiva, accogliendo le eccezioni sollevate dai convenuti sulla prescrizione e ritenendo infondate le domande, nella seconda parte però - riconoscendo le temerarietà della lite di Rizzoli - ripercorre e smonta le tesi da lui sostenute.

Anzitutto la denuncia di «indebiti condizionamenti» subiti per la cessione del pacchetto azionario da parte di Rizzoli evidenzia una «volontà negoziale» per la cessione che esclude il patto commissorio. Inoltre il giudice annota come le accuse odierne ricalchino quelle già mosse in passato a Giovanni Bazoli (oggi presidente di Intesa Sanpaolo come lo fu del Nuovo Banco Ambrosiano) e che costarono a Rizzoli una condanna per diffamazione.

Così, a conclusione di questo primo grado, da parte dei legali di Intesa Sanpaolo c'è «piena soddisfazione - commenta l'avvocato Andrea Magliani -, tenuto conto della reiterazione di tali iniziative di Rizzoli contro Intesa Sanpaolo e il professor Bazoli». Stesso compiacimento traspare da Rcs. Da parte di Rizzoli, invece, l'avvocato Romano Vaccarella non ritiene «per nulla giusta tale sentenza. Ne devo ancora parlare con Rizzoli, ma penso proprio che faremo appello».

 

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