
LA ROMA DEI GIUSTI - "GLI OCCHI DEGLI ALTRI" SI ISPIRA AL CELEBRE "DELITTO CASATI STAMPA": NEL 1970 IL MARCHESE CAMILLO CASATI STAMPA UCCISE A COLPI DI FUCILE SUA MOGLIE ANNA, L'AMANTE 25ENNE (L'AITANTE MASSIMO MINORENTI) CON CUI L'AVEVA BECCATA A LETTO E POI SI SPARO' ALLA TESTA - A "CAMILLINO" E ALLA MOGLIE PIACEVA FARE SESSO IN COMPAGNIA DI ALTRE PERSONE, MA LA DONNA SI ERA LEGATA TROPPO A MASSIMO E AVEVA DECISO DI LASCIARE IL MARITO - QUESTO È IL FILM PIÙ RIUSCITO E IMPORTANTE CHE HA GIRATO ANDREA DE SICA ED È MOLTO PIÙ FEDELE DEL PREVISTO ALLA STORIA ORIGINALE...
Marco Giusti per Dagospia
Passo quasi tutti i giorni da via Puccini, alzo gli occhi al cielo al civico numero 9 e cerco di capire dove fosse esattamente l’attico dove si svolse uno dei delitti più clamorosi del 900 italiano. Noto come il delitto Casati Stampa.
Il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, detto “Camillino” come il gelato lanciato a Carosello da Cocco Bill, la sera del 30 agosto 1970, armato di un fucile Browning calibro 12 prima tirò tre colpi alla moglie, Anna Fallarino, poi due all’amante di lei, Massimo Minorenti, che cercò di rifugiarsi dietro una sedia. Infine si mise la canna del fucile sotto al mento e si sparò l’ultimo colpo.
Il delitto-suicidio non sarebbe stato così clamoroso se dietro alla storia non ci fosse stata una relazione torbida tra Camillino e la bella moglie Anna, ragazza più popolare, che in gioventù leggo aveva fatto perfino delle particine in film di culto come “Totò Tarzan” e “Poveri ma belli”.
A Camillo piaceva fotografare, filmare, anche solo guardare la moglie nuda fra le braccia di un altro. Di solito un amante occasionale. Un soldato. O che un altro li guardasse mentre facevano l’amore. Poi lei si legò troppo a questo ragazzo, Massimo Minorenti, decise di lasciarlo e Camillino si sentì tradito. Non la possedeva più. E sparò.
La loro storia era iniziata dieci anni prima, e da subito aveva preso questo aspetto, diciamo, non proprio convenzionale. Con cinquant’anni di ritardo il Delitto Casati Stampa e la tragica storia di Anna e Camillino viene affrontata in un film, “Gli occhi degli altri”, diretto da Andrea De Sica, che lo ha scritto assieme a Silvana Tamma e a Gianni Romoli, che si dice ispirato al fatto di cronaca, ma non proprio fedele.
Eppure gli anni, si svolge tra il 1960 e il 1970, e l’età dei protagonisti alla loro morte, 45 lui, 40 lei, 25 il ragazzo, sono più o meno quelli. Si svolge in un’isola, nella villa del Marchese, e non a Via Puccini. Ma il Marchese Casati aveva una villa sull’isola di Zannone che rispecchia un po’ quella che si vede nel film. E le figure dei protagonisti sembrano proprio quelli.
Freddo, distaccato, ossessivo il Camillino ribattezzato qui Lelio di Filippo Timi, che avvolge con la voce e il suo sguardo ogni inquadratura. Bella, pazza, esibizionista, l’Anna, ribattezzata Elena, di Jasmine Trinca, che si presta generosamente alla spudoratezza del suo personaggio. Più in ombra il ragazzo, interpretato qui da Matteo Olivetti.
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Ma da uno sceneggiatore d’esperienza e di grande conoscenza della scena romana degli anni 60 e 70 come Gianni Romoli non ci si poteva certo aspettare un film poco documentato. Andrea De Sica fa qui il suo film più ambizioso, riducendo al minimo la storia dei Casati Stampa, togliendo i collegamenti più ovvii al periodo della Dolce vita e a Via Venuto, vicinissima a Via Puccini, limitandosi in fondo a mettere in scena un amore malato, fra due persone che in fondo si compensano.
Spingendo l’ossessione di Camillino/Lelio per la macchina da presa e per la cinepresa, citando l’episodio di Roberto Rossellini in “Rogopag” con il voyeur che proietta il filmato di Rossana Schiaffino sul corpo stesso dell’attrice. De Sica e i suoi cosceneggiatori tolgono qualsiasi sovrastruttura alla storia dei due amanti folli.
Pensiamo solo a quanti altri film hanno citato fin dagli anni ’70 il delitto Casati, da “Giuochi particolari” (o “The Voyeur”) di Franco Indovina, girato prima del delitto ma uscito dopo, dove Marcello Mastroianni è il marito voyeur che filma la moglie Virna Lisi fra le braccia di un giovane Timothy Dalton, a “Cattivi pensieri” di Ugo Tognazzi dove il marito sogna continuamente la moglie, Edwige Fenech, fra le braccia di un altro.
E a quanto quel delitto e la storia della coppia Camillo-Anna siano stati al centro di un interesse morboso da parte del giornalismo italiano e non solo del nostro cinema. Con lo strascico incredibile della vendita-svendita della villa di Arcore da parte di Cesare Previti, avvocato della figlia del Marchese, Anna-Maria, erede unica del patrimonio paterno.
Ecco, togliendo, anche giustamente, tutto questo, soprattutto spostando tutta l’azione nella villa sull’isola, limitando il bel mondo dei ricchi frequentato dai Casati a qualche scenetta con Roberto De Francesco e Anna Ferzetti, è vero che il film un po’ si svuota, diciamo come fosse un film alla Michelangelo Antonioni- Tonino Guerra, ma si evidenzia di più la struttura narrativa, rigorosa, dell’operazione. Andrea De Sica punta a fare un film di grande respiro, potente. Lo è? In parte sì.
Anche perché Jasmine Trinca e Filippo Timi fanno un gran lavoro, anche fisico sui loro personaggi, che negli anni sono diventati un po’ degli archetipi. E la messa in scena cerca di non essere mai banale. Magari rischiando qualche sorrentinata qua e là. Ma di sicuro questo è il film più riuscito e importante che ha girato Andrea De Sica e, ripeto, è molto più fedele del previsto alla storia originale.
Leggo nei titoli di coda che il film è dedicato a Vieri Razzini, amico di famiglia di De Sica, e storico di cinema. Curiosamente la prima volta che mi venne raccontata la complessa storia del delitto Casati fu proprio a casa di Vieri da uno sceneggiatore, Sergio Vecchio. La verità è che è una storia che ci tormenta dagli anni 70.
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LUISA CASATI STAMPA
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