il signore degli anelli gli anelli del potere

TOLKIEN HEADS - TUTTI PRONTI PER LA SERIE AMAZON "IL SIGNORE DEGLI ANELLI - GLI ANELLI DEL POTERE", AMBIENTATA 4MILA ANNI PRIMA DELLE AVVENTURE DI FRODO E COMPAGNI - LA PRIMA STAGIONE DA SOLA È COSTATA LA BELLEZZA DI 456 MILIONI DI DOLLARI - AMAZON PUNTA TUTTO SU UNA STORIA INEDITA, REGISTI SEMISCONOSCIUTI E UN CAST MULTICULTURALE, TRA CUI UN ELFO PORTORICANO E UNA NANA AFRO-IRANIANA, CHE HA FATTO INCAZZARE MOLTI FAN - VIDEO

Alba Solaro per “il Venerdì di Repubblica”

 

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Cosa fanno uno showrunner mormone, un elfo portoricano e una guaritrice iraniana? Fanno la serie tv più costosa e attesa della storia, Il Signore degli Anelli - Gli Anelli del Potere. Dal 2 settembre si torna nella Terra di Mezzo, che già da un po' ci sentiamo tutti viandanti nella landa oscura di Mordor, con lo streaming su Prime Video della prima stagione (ne sono attese altre quattro, la regia è di J. A. Bayona) otto episodi, uno a settimana per incentivare l'attesa. Che comunque ha già fatto oltre 250 milioni di visualizzazioni in 24 ore solo con il primo teaser, lanciato la notte del Super Bowl da un criptico messaggio scritto in Sindarin, la lingua degli Elfi.

 

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Vi stupirebbe sapere quanta gente al mondo in realtà il Sindarin lo parla. Tra questi c'è sicuramente J.D. Payne. Affacciato su Zoom, il 42enne di McLean, Virginia, ne dà una dimostrazione in diretta, e poi comincia a chiacchierare in italiano, cosa forse ancora più sconcertante: «Ho vissuto in Italia. Sono un mormone, da giovane ho fatto il missionario a Roma per la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Anche a Pescara e Terni».

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La vita è decisamente piena di sorprese, ti porta a scambiare impressioni su Roma Nord e Roma Est con uno degli showrunner (cioè l'autore-produttore) della serie tv dell'anno, forse del decennio, chissà. Salta fuori che è colpa di Roma se ha lasciato i piani di diventare ingegnere a Yale per mettersi a scrivere sceneggiature: «Mi aveva colpito la potenza della Storia, e del raccontare storie». Se poi lo si fa in due, stile Fruttero e Lucentini, anche meglio.

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Payne lavora da sempre con l'amico Patrick McKay, conosciuto al liceo, insieme hanno scritto per serie tv (Goliath), film (Star Trek: Beyond). La loro, dice, «si potrebbe definire una relazione a tre: noi due e la storia da scrivere». Stesso ciuffo di capelli biondi lisci, l'aria da bravi ragazzi wasp, Payne e McKay sono i veri vincitori di una lotteria con cifre da infarto. Quando nel 2018 Amazon si è aggiudicata i diritti sulla storia versando 250 milioni di dollari alla Tolkien Estate, non sapeva ancora a chi avrebbe affidato l'impresa.

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Che era comunque titanica: da quei diritti doveva venire fuori qualcosa in grado di reggere anni di programmazione (e schiacciare la competizione: già avanza su Sky House of the Dragon, prequel del Trono di Spade), un business a cui partecipa anche l'editore HarperCollins con le riedizioni dei libri, e soprattutto l'onda d'urto di milioni di fan pronti a processarti nel nome dei film di Peter Jackson che vent' anni fa cambiarono per sempre il fantasy cinematografico. Voi cosa avreste fatto?

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Perfetti sconosciuti

Amazon ha puntato su due perfetti sconosciuti. Anche il cast un po' lo è, 22 ruoli principali per 22 attori, non sforzatevi perché i nomi non dicono molto per ora, ma Payne si esalta: «Cercavamo 22 aghi nel pagliaio, e li abbiamo trovati. Dovevano avere talento, certo, ma non dovevano essere giusti solo fuori: dovevano letteralmente avere la Terra di Mezzo dentro di sé».

 

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Si comincia a capire perché Amazon li ha scelti. Li avete convinti con l'entusiasmo? «Ci siamo affidati allo stesso Tolkien. In una delle sue lettere, la 131, indirizzata all'editore Milton Waldman, spiegava che quello che lui voleva fare era creare una mitologia che potesse "lasciare spazio ad altre menti e altre mani, capaci di maneggiare pittura, musica, drammaturgia". Sperava che altri avrebbero portato avanti quelle storie, allargato i confini».

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Una missione che ha trovato i missionari giusti. «Gli Anelli del Potere è la Grande Storia mai scritta da Tolkien. Nei libri non c'è perché l'abbiamo costruita confrontandoci anche con studiosi tolkeniani di rango come Tom Shippey. Abbiamo seguito le indicazioni di Tolkien come i marinai seguono le rotte tracciate dalle stelle», romanticizza Payne, «unendo personaggi, luoghi, frammenti, che sono tutti sparsi nelle annotazioni».

 

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Ora, quanti di voi leggono effettivamente le annotazioni di un romanzo? Come si ricava da una serie di postille un'intera epopea la cui prima stagione da sola è costata 465 milioni di dollari? Quando, per capirci, Avengers e Pirati dei Caraibi viaggiano tra i 250 e i 356 milioni di dollari a film, idem Avatar 2 di Cameron in arrivo a dicembre - peraltro girato anch' esso, come Gli Anelli del Potere, in Nuova Zelanda, unico luogo al mondo che in pandemia ha fatto il boom di set cinematografici.

 

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Sicuramente aiuta avere quel tipo di passione-ossessione molto tolkieniana che fa dire ai due «non vi vogliamo mostrare la Terra di Mezzo. Vi vogliamo immergere nella Terra di Mezzo. Vogliamo farvi inabissare in ogni civiltà, ogni cultura presente, nella sua storia, la sua spiritualità, le sue mitologie. Nei film precedenti vedevi un paio di Hobbit, un Elfo, un Orco, e avevi così la rappresentazione di quei popoli. Noi abbiamo intere città popolate da centinaia di Nani o Elfi. Abbiamo fatto riunioni anche solo per discutere il dettaglio di uno stemma da cucire sulla spalla di una giacca, cosa significava, che storia aveva dietro».

 

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La più spettacolare delle ricostruzioni è sicuramente quella dell'isola di Númenor, centrale alla sanguinosa vicenda che si svolge tutta «nella Seconda epoca, almeno 4 mila anni prima delle storie di Frodo Baggins e compagnia». Il trailer lanciato a metà aprile l'ha rivelata in tutta la sua maestosità, tra Venezia e Babilonia - statue ciclopiche che paiono il Cristo Redentore di Rio, palazzi, torri, giardini, il mare di Belegaer.

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«Pensate che di solito per un film devi creare un mondo. Qui ne abbiamo dovuti creare cinque, sei, sette, contemporaneamente. Abbiamo messo sotto contratto tremila persone, senza considerare l'esercito degli effetti speciali; come spostare un'intera città nel mezzo del nulla dovendoti però preoccupare di tutto, anche di dove caricheranno i loro telefonini», racconta la creative producer Lindsay Weber, che dopo quest' esperienza è pronta a candidarsi Presidente degli Stati Uniti.

 

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«Abbiamo fatto qualcosa che non esisteva», si esalta Payne. «Raccontato mille anni durante i quali Sauron diventa Sauron, Númenor nasce e cade, gli anelli vengono forgiati, vediamo Elfi e Umani nell'Ultima alleanza mentre gli Hobbit ancora non esistono ma ci sono i loro antenati, gli Harfoot (Pelopiedi). E tutto questo in un prodotto che è sia serie tv che grande produzione cinematografica e va oltre. Nessuno lo aveva fatto prima, e ora sappiamo che si può fare!». Payne potrebbe convincere una famiglia di bradipi a gareggiare nei 100 metri.

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TRIONFO DELL'INCLUSIVITÀ

Tra le molte cose che si vedranno per la prima volta, c'è un Elfo con i capelli ricci e la pelle nera. Black Lives Matter alla conquista della Terra di Mezzo? Qualcosa di simile. «Portare Tolkien nel presente», sintetizza Lindsay Weber.

 

Il poster boy di questa rivoluzione si chiama Ismael Cruz Córdova, trentacinquenne nato e cresciuto a Portorico da una famiglia in parte di origini africane, qualche esperienza di serie tv (Ray Donovan e The Undoing): «Ho fatto il casting sapendo solo che era per Gli Anelli del Potere», racconta, anche lui via Zoom, «ma pensavo fosse per il ruolo di un Umano. Solo all'ultimo mi hanno detto che sarei stato Arondir, un Elfo silvano».

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E lei? «Scherza? Ho sempre desiderato essere un Elfo!». Allora non le dà fastidio che in rete siano insorti perché, sì, insomma, gli Elfi li abbiamo sempre visti pallidi, biondi e lisci. «Eh, ma se vogliamo che le cose cambino in questa industria, la diversità deve irrompere ovunque». E così è. Sophia Nomvete, origini afro-iraniane, interpreta la principessa nana Disa (è la prima volta che se ne vede una sul grande schermo), e ha scandalizzato i fan non per la pelle scura ma perché non ha, come dovrebbe, la barba. Osiamo di più? A sir Lenny Henry, simpaticissimo attore, comico e attivista inglese, è stato chiesto di fare la parte di un Harfoot. Va bene la pelle nera (i Pelopiedi sono di origine multietnica), ma gli Harfoot sono alti 1,22 in media. E Lenny 1,90.

 

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Alziamo ancora l'asticella? Dai. Arondir, l'Elfo dalla pelle scura (personaggio inventato per l'occasione), si innamora di un'Umana, Bronwyn, madre single e guaritrice del villaggio di Tirharad; se non lo sapete già, l'amore tra Elfi e Umani è tabù. Nazanin Boniadi le dà il suo volto di iraniana nata a Teheran e cresciuta a Londra.

 

«Credo sia interessante», riflette seduta accanto a Ismael, «che per questo amore proibito abbiano messo insieme un portoricano e un'iraniana, mi piace pensare che simbolicamente significhi che ci sono più cose a unirci che a dividerci. Anche se la sfida più grande è stata passare un anno e mezzo sul set in Nuova Zelanda senza vedere i miei cari». Come era successo nel Trono di spade, anche qui le figure femminili sembrano dominare, ma non aspettatevi sesso, sangue e ferocia: la star annunciata è sicuramente Galadriel, che nell'immaginario collettivo ha il volto luminoso di Cate Blanchett.

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Ora le si sovrapporrà quello di Morfydd Clark, una Galadriel giovane e guerriera, segnatevi il nome perché è già pronta per i red carpet. Convincerà questo Tolkien "familiare ma diverso"? «Non c'è un momento giusto per riscoprirlo. Con la Bibbia e il Corano, la trilogia è tra i libri più venduti della storia (oltre 150 milioni di copie, ndr) perché è lei a raggiungere le persone quando ne hanno bisogno, perché ti parla di amicizia, di lealtà, di come il potere cambia le persone».

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Non a caso, scritta durante la Seconda guerra mondiale e pubblicata nel '54, ha avuto un vero e proprio boom a metà anni 60 con la cultura hippie che ne apprezzava l'aspetto eco-fiabesco. Quello più mitologico invece aveva fatto breccia nei fascisti italiani del Fronte della Gioventù che nel '77 avevano fondato i Campi Hobbit estivi. Payne è ecumenico: «Questa vuole essere una serie per tutti. Per chi non ha mai sentito nominare Tolkien, e per chi ordina il caffè da Starbucks in Sindarin». E quindi, la parola al pubblico.

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