APOCAL-ISRAEL - ISRAELE VUOLE ACCELERARE I TEMPI E ATTACCARE L’IRAN, PREOCCUPATA DAI SUOI PROGRESSI NELLO SVILUPPO NUCLEARE - MA OBAMA, SOTTO ELEZIONI, SI OPPONE E NELLO STATO EBRAICO MONTANO LE PROTESTE - SENZA L’APPOGGIO DEGLI USA UN BOMBARDAMENTO ALL’IRAN ENTRO POCHE SETTIMANE SCATENEREBBE UN INFERNO NEL MEDIO ORIENTE…

Francesco Battistini per "Corriere della Sera"

Alla Danza Macabra sono tutti invitati. Da venerdì, davanti alla lussuosa casa di Ehud Barak, duecento pacifisti ballano e cantano coi cartelli «io non muoio per l'Iran»: uno, che ha pure disegnato il ministro della Difesa in divisa da Ss, è stato arrestato. «Da venerdì - dice il giornalista israeliano Nahum Barnea - da quando ho rivelato in prima pagina che il governo vuole attaccare gl'iraniani in autunno, prima del voto americano, non faccio che ballare qua e là per rispondere al telefono: tutta gente nel panico, che mi chiede se deve riempire il frigo del rifugio antiatomico».

Da venerdì, da quando si riparla d'attacco, i futures sul greggio sono schizzati al rialzo: in ballo finisce il governatore della Banca centrale, Stanley Fischer, costretto a riconoscere in tv che, sì, tra gli scenari «realistici» della grande crisi finanziaria c'è anche quello d'un attacco all'Iran. Col viceministro degli Esteri, Dan Ayalon, che in ballo tira il Gruppo 5+1, i Paesi incaricati di trattare con gli ayatollah: «Il tempo è scaduto - è il suo appello -, i negoziati sono falliti. Dovete imporre all'Iran un ultimatum di poche settimane».

«È la Danza Macabra», scrive sornione un editorialista vicino al premier Bibi Netanyahu: mesi di pacati dibattiti e, di colpo, ecco giornali e politici israeliani agitarsi tutt'insieme. S'è sempre parlato d'un attacco all'Iran in termini di mesi? Ora lo si ritiene possibile in poche settimane. Tanta urgenza non è per caso. C'è un rapporto americano del Nie (National Intelligence Estimate) che avverte: da giugno a oggi, le capacità nucleari iraniane sono cresciute. C'è una data, 1° ottobre, che fonti israeliane danno come sicura: quel giorno, Teheran raggiungerà i temuti 250 kg d'uranio arricchito al 20%, ben oltre i limiti consentiti. Quanto basterebbe a produrre «da due a quattro» superbombe, a montarle sui nuovi missili Shahab-3, a lanciarle oltre i 1.300 km: fino al deserto del Negev e alla centrale nucleare di Dimona, dove lo Stato ebraico ha prodotto il suo arsenale segreto.

Crederci o no: è soltanto strategia per premere sull'Occidente o davvero si teme che il voto per la Casa Bianca sia uno sgradito ostacolo alla soluzione militare? I segnali sono contraddittori. Il capo di stato maggiore, Gantz, invita a prepararsi su «fronti multipli». L'esercito raddoppia ai soldati le «razioni K» e pubblicizza il sistema sms in quattro lingue, introdotto mesi fa, che su tutti i cellulari avvertirà gl'israeliani d'eventuali attacchi. Nei sondaggi, solo il 35% dell'opinione pubblica è per un blitz senza l'indispensabile appoggio politico-militare americano.

E pure l'ex premier Olmert, che decise le bombe su Gaza dopo l'elezione (e prima dell'insediamento) di Obama, stavolta è cauto: i tempi non sono così stretti, dice, le sanzioni internazionali stanno funzionando e tra qualche mese l'Iran sarà al tracollo economico (dimostrazione delle difficoltà: qualche giorno fa, a Zanzibar, gli Usa hanno smascherato 34 cargo iraniani che per aggirare il boicottaggio erano stati «camuffati» con bandiere tanzaniane, maltesi, cipriote e del microstato oceanico di Tuvalu).

Se uno chiede agli alti ufficiali israeliani che cosa li preoccupi d'un eventuale attacco, la risposta è invariabile: che gli Stati Uniti non ci stiano, e in tal caso il Day After sarebbe terribile perché le perdite, da questa parte, andrebbero ben oltre i 500 morti preventivati da Barak. Ma se la stessa domanda viene fatta ai diplomatici americani, la paura è simmetrica: con Israele che bombarda l'Iran prima del 6 novembre, prevedono, un Obama a fine campagna elettorale non potrebbe non schierarsi al fianco di Netanyahu.

Anche per questo, da Washington, le pressioni sono enormi. Per raggiungere i reattori di Ahmadinejad, da Israele, ci sono almeno tre corridoi aerei, ma uno si sta già chiudendo: l'Arabia Saudita, che solo due anni fa aveva messo a disposizione basi e cieli, ora ci ripensa. E avverte gl'israeliani che non tollererà sorvoli senza «soluzioni concordate»: se la danza è così macabra, ballate da soli.

 

obama netanyahu HILLARY CLINTON INCONTRA SHIMON PERES IN ISRAELE IPOTESI DI ATTACCO ISRAELIANO AI SITI NUCLEARI IRANIANIESERCITAZIONE DOPO BOMBA NUCLEARE IN ISRAELEObama con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente dell'Anp Abu MazenROMNEY PARLA IN ISRAELE

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