GRAZIA, GRAZIELLA E GRAZIE AL COLLE - IL BANANA NON REPLICA AL FURORE DI RE GIORGIO CONTRO IL “FATTO” E RESTA OSTAGGIO DELLE FRONDA INTERNA

Ugo Magri per "La Stampa"

Berlusconi continua a spargere privatamente la voce che Napolitano avrebbe tradito certi loro patti, in pratica non gli avrebbe concesso la grazia «motu proprio». Il Presidente della Repubblica, ogni volta che la chiacchiera riaffiora, la fa smentire con grande decisione. Ieri mattina ha letto sul «Fatto quotidiano» che la Santanché (di regola molto accurata nel riferire il pensiero del Cav) era tornata alla carica.

Dal Colle sono partite telefonate di protesta che hanno raggiunto alcuni ministri Pdl, quindi una nota quirinalizia particolarmente affilata: «Solo il "Fatto" crede alle ridicole panzane come quella del "patto tradito". La posizione del Presidente, in materia di provvedimenti di clemenza, è stata a suo tempo espressa con la massima chiarezza e precisione nella dichiarazione del 13 agosto scorso». Da Arcore nessuno ha osato replicare.

Del resto, Berlusconi è fatto così. Quando viene affrontato con durezza, l'uomo spesso si ritira. Come ama dire lui, si fa «concavo e convesso», a seconda delle circostanze. Così è accaduto ieri anche con riferimento alla lettera dei 24 senatori Pdl che l'altro giorno hanno intimato di farla finita con gli attacchi al governo, basta minacciare la crisi, in caso contrario loro sono pronti a tutto.

«Mi hanno messo sotto ricatto», si è lamentato Silvio, chiaramente prostrato. E tuttavia, chi si sarebbe aspettato da lui una reazione forte, uno scatto di orgoglio, è rimasto deluso. L'uomo ha accusato il colpo indietreggiando su tutti i fronti. Il bollettino di guerra registra viceversa la grande vittoria tattica di Quagliariello, che ha smentito quanti lo consideravano un professorino poco portato alla lotta: è stato lui, più ancora di Alfano, a ispirare la rivolta dei 24, e ieri ha avuto la soddisfazione di raccoglierne i frutti. Tanto per cominciare, il Cavaliere ha dato ordine ai più scalmanati dei suoi di moderare le critiche alla legge di stabilità.

Va bene criticarla, però senza esagerazioni, prendendo atto con realismo della possibilità di emendarla (come del resto gli segnala lo stesso Alfano) lungo l'iter parlamentare. Il solo Bondi ha insistito nei toni apocalittici, profetizzando che per colpa del governo Letta «l'Italia scomparirà come nazione industriale». Però, rispetto ai giorni precedenti, il volume delle critiche si è magicamente abbassato.

Idem per quando riguarda le faide di partito. I «lealisti», capitanati dall'ex ministro Fitto, speravano che il Capo tornasse ieri nella Capitale, convocasse di gran carriera l'ufficio di presidenza e lì esautorasse Alfano avocando a sé tutti i poteri. Invece risulta che Berlusconi traccheggi. Calcola che tra il 10 e il 15 novembre si voterà in Senato sulla sua decadenza, probabilmente proprio a scrutinio segreto come lui desidera (sebbene in molti, dalla Bernini a Naccarato, l'abbiano messo in guardia: attento, nel segreto dell'urna saranno in molti a tradirti...).

Dunque teme che, se azzerasse subito le cariche di partito come gli chiedono i super-falchi, magari non ci sarebbe la scissione: una parola che al momento Angelino rifiuta di considerare. Però certi alfaniani per ritorsione potrebbero pugnalarlo proprio nel voto più importante, quello sulla decadenza appunto. Per cui l'ex premier ha confidato a una parlamentare amica l'intenzione di guadagnare tempo, ribadendo il solito concetto: adesso sono sotto schiaffo, meglio aspettare. Fitto non l'ha presa bene. Alla Camera in Transatlantico nel pomeriggio manifestava l'intenzione di dare battaglia comunque, che Berlusconi sia d'accordo o meno. Perché la coperta del Cavaliere è sempre più corta: da qualunque parte egli la tiri, lo lascia scoperto.

 

MERKEL BERLUSCONI NAPOLITANO NAPOLITANO E TESTA BERLUSCONI Berlusconi addormentato accanto a Napolitano santanchè guarda negli occhi alfanosantanche e alfano - copyright PizziSilvio Berlusconi con Alfano e SchifaniQATIPM x

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