BELLI E BRUTI - ILDA BOCCASSINI DIFENDE IL CAPO DELLA PROCURA DALLE ACCUSE DI ROBLEDO: “CORRETTA LA GESTIONE DEI CASI RUBY ED EXPO” (CHE DOVEVA DIRE?) - IL CASO FINIRÀ CON UN’ARCHIVIAZIONE?

1. BOCCASSINI DAVANTI AL CSM DIFENDE IL «METODO BRUTI»
Anna Maria Greco per "il Giornale"

«Irregolarità»? Macché. «Violazioni»? Neppure. Tutto secondo i giusti criteri alla procura di Milano, per «Ilda la rossa». La causa Ruby, quella sull'Expo 2015 e altre le sono state affidate dal capo, Edmondo Bruti Liberati, perché era giusto e corretto. E così quelle ad altri pm, come Francesco Greco.

Giornata rovente al Csm, dove sulla guerra tra toghe nel palazzo di Giustizia meneghino dicono la loro due aggiunti di peso come Ilda Boccassini e Nunzia Gatto. Al centro ci sono casi delicati e contesi tra i pm, per il loro grande peso politico e mediatico. Quello su Ruby, innanzitutto, quello sull'Expo apertosi al momento dell'arresto del general manager Angelo Paris e altri, che il procuratore avrebbe assegnato a chi diceva lui, senza rispettare le regole, secondo le accuse dell'aggiunto Alfredo Robledo.

Prima la responsabile della Direzione distrettuale antimafia Boccassini o il capo dell'Ufficio esecuzione della pena Gatto? In settima commissione (competente per l'organizzazione degli uffici giudiziari) già l'ordine delle audizioni non è stato facile da fissare, perché le dichiarazioni dell'una potevano servire per le domande da porre all'altra e viceversa.

Poi, si è deciso di partire dalla Gatto, che ha parlato per un'ora e mezza. In fondo, era l'altra ad essere davvero al centro della polemica, nata dall'esposto di Robledo che ha accusato il procuratore di aver svuotato il pool antitangenti diretto da lui, ignorando le competenze e facendo gestire inchieste come quella su Ruby alla Boccassini e altre al capo del pool reati finanziari Greco.

Ma la Boccassini ha ribadito la competenza della Dda sull'inchiesta Ruby, ricordando che il pm Sangermano, titolare del fascicolo, era stato trasferito, portando con sè l'indagine, dal pool guidato dall'aggiunto Alberto Nobili, a quello della Boccassini. Al Csm ha detto che ci fu anche una riunione con Nobili e l'aggiunto Pietro Forno sulla questione e il primo fu d'accordo sul passaggio dell'inchiesta alla Dda.

«Non ci fu mai alcuna fuga di notizia» sul caso Ruby, ha sottolineato la Boccassini e tra l'iscrizione di Silvio Berlusconi sul registro degli indagati a dicembre 2012 e la richiesta di giudizio passò un mese e mezzo. E in quella fase non ci sarebbe stato più nulla da coordinare con il pool guidato da Robledo, perché non c'erano altri atti di indagine da eseguire.

Quanto all'Expo, l'aggiunto ha spiegato che l'indagine della Dda era stata subito coassegnata con Robledo perchè si era partiti da reati di mafia. E sulla polemica mancata firma di quest'ultimo sugli atti per non aver avuto tutte le necessarie informazioni, la Boccassini ha sostenuto che Robledo avrebbe potuto vedere dal registro informatico della Procura l'integrazione di atti sul manager Paris.

Comunque, per la Boccassini, Robledo avrebbe potuto sapere tutto dal pm Antonio D'Alessio, uno dei titolari dell'inchiesta Expo assegnato al pool antitangenti. «Ilda la rossa» ha negato che gli arresti siano stati fatti per coprire lo scontro per l'esposto di Robledo. Le richieste risalirebbero a 4 mesi fa.

Del caso del direttore de Il Giornale , Alessandro Sallusti, tra quelli che hanno provocato contrasti tra il procuratore e i pm, ha parlato la Gatto. Ha confermato le sue «perplessità» sulla decisione di Bruti Liberati di disporre per il giornalista, condannato al carcere per diffamazione, gli arresti domiciliari, che lui non aveva chiesto. «Né io, né i miei sostituti condividemmo quel provvedimento», ha detto in sostanza l'aggiunto. Oggi al Csm la telenovela continua, con l'audizione dell'aggiunto Ferdinando Pomarici e la quarta audizione sarà quella di Francesco Greco.


2. IL PROCURATORE ASCOLTATO PER OLTRE DUE ORE "GLI ARRESTI SULLE TANGENTI CHIESTI 4 MESI FA"
Dall'articolo di Virginia Piccolillo per il "Corriere della Sera"

(...)

Poi si è difesa per oltre due ore dall'accusa di ingerenza in indagini di cui non aveva titolarità. A partire dal caso Ruby: costato a Silvio Berlusconi la condanna a 7 anni. La Boccassini ha spiegato come tutto nacque con il passaggio del pm Angelo Sangermano, titolare dell'indagine, alla Direzione distrettuale antimafia, di cui lei è coordinatrice.

Con i colleghi del pool che seguivano il caso, ha detto, si concordò in una riunione che avrebbe coordinato anche quella. E l'aggiunto Alberto Nobili fu ben felice di spogliarsene, ha rimarcato, confermando la versione del procuratore Bruti Liberati.

Per questo ascoltò lei Piero Ostuni e Giorgia Iafrate: l'ex capo di gabinetto della Questura di Milano, cui arrivarono le pressioni di Berlusconi, per liberare la falsa «nipote di Mubarak», e la funzionaria di polizia che le attuò, rilasciando la frequentatrice delle «cene eleganti» di Arcore, in barba alle procedure per i minorenni. Interrogatori da cui scaturì l'iscrizione di Berlusconi nel registro degli indagati.

E perché non venne coinvolto Robledo, responsabile dei reati contro la pubblica amministrazione? Dopo l'iscrizione di Berlusconi, ha sostenuto, non c'era più nulla da coordinare perché non fu compiuto alcun atto fino alla richiesta di giudizio immediato.

Sull'indagine Expo, ha rivendicato, la competenza è della Dda perché tutto nasce da un'indagine di mafia. Ma sin dall'inizio, quando emersero reati di corruzione, ha assicurato, l'inchiesta venne co-assegnata a Robledo.

(...)

Oggi la prima e la settima commissione ascolteranno gli aggiunti Francesco Greco e Ferdinando Pomarici. Poi si avvieranno a chiudere l'istruttoria. Come? Nel merito difficile pensare a un esito diverso da un'archiviazione. Le Procure, così come le ha disegnate l'ultima legge, sono uffici gerarchicamente verticistici che non lasciano spazio a contestazioni, per decisioni rivendicate dal capo.

E l'immagine che dà di sé in questi giorni la Procura milanese non è certo quella di un ufficio frammentato dai veleni. Ma, spiegano consiglieri di centrodestra, non si può pensare a un procuratore «legibus solutus».

 

 

 

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