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NYC, GASSATO BLOOMBERG (NON GLIEL’HA DATA A BERE)

Alessandra Farkas per il "Corriere della Sera"

«Si tratta di un divieto arbitrario, frutto di un capriccio». Con questa sentenza lapidaria il giudice della Corte Suprema dello Stato di New York, Milton Tingling ha inferto una cocente sconfitta alla crociata salutista del sindaco di New York Michael Bloomberg, impedendo l'entrata in vigore del divieto di vendere bibite zuccherate in contenitori al di sopra del mezzo litro.

Bloomberg sosteneva che la misura era intesa come strumento per combattere l'obesità che affligge soprattutto poveri e minoranze. Ma Tingling ha dato ragione all'American Beverage Association, la potente lobby dietro giganti quali Coca-Cola e Pepsi che avevano citato in giudizio il sindaco affermando che il suo divieto viola la libertà personale dei consumatori ed è quindi illegale. Immediata la risposta del sindaco che ha subito annunciato il ricorso in appello. «Siamo certi di vincere», ha dichiarato un portavoce.

Secondo la norma approvata lo scorso settembre dal Board of Health a partire da oggi nessun ristorante, teatro, cinema, venditore di strada, piscina o palestra della Grande Mela avrebbe potuto distribuire bevande gassate, caffè e succhi di frutta zuccherati in contenitori al di sopra di 0,476 litri. Per i contravventori era prevista una multa di 200 dollari ad infrazione.

Ma contro il primo cittadino si è subito mosso il Center for Consumer Freedom, la potente lobby nata per difendere gli interessi delle industrie del fast food, della carne, dell'alcol e del tabacco che nel suo sito afferma di «battersi per il diritto degli americani a scegliere come vivere la propria vita, cosa bere e mangiare, come spendere i propri soldi e divertirsi».

«I newyorchesi hanno bisogno di un sindaco, non di una tata», recitava la sua pubblicità a tutta pagina apparsa mesi fa sul New York Times ed altri quotidiani newyorchesi dove il sindaco appariva come una gigantesca «nanny» grassa e dallo sguardo torvo, che sovrasta sullo skyline di Manhattan. «Nanny Bloomberg ha spinto la sua strana ossessione per ciò che mangiamo e beviamo un gradino troppo in alto», teorizzava l'inserzione, domandandosi se presto egli non deciderà «anche il diametro di una fetta di pizza, la grandezza di un hamburger o la quantità di formaggio spalmato sul pane».

Dalla Coca-Cola alla Pepsi, l'industria delle bollicine - che versa 1,26 milioni di dollari annui in contributi elettorali ai politici newyorchesi - era sul piede di guerra.
«A pochi mesi dalla fine del suo terzo e ultimo mandato, il sindaco non è vulnerabile a questo tipo di pressioni», mette in guardia il New York Times, convinto che, dopo la battaglia contro il fumo nei luoghi pubblici e la crociata contro grassi e calorie, Bloomberg voglia «passare alla storia come il sindaco che è riuscito a vietare anche i bibitoni ipercalorici».

La proposta ha finito per spaccare in due la città, con il 60% degli afro-americani fortemente contrari al bando e il 49% dei bianchi a favore. «E' accertato che il consumo indiscriminato di queste bibite aumenta il rischio di obesità e diabete», lo difende il Dr. Walter Willett, presidente del dipartimento di scienze degli alimenti della Harvard School of Public Health. «Ricordiamoci che a pagare le astronomiche cure per le malattie croniche degli obesi siamo noi contribuenti».

 

bloomberg tra i resti del dopo uragano sandy MICHAEL BLOOMBERGBloombergCOCA COLA LOGO PEPSIOBESO AMERICANO jpeg

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