SCOLA-PIATTI, IL SUPER-PAPABILE ITALIANO! – DA BOSSI A CACCIARI, DA TREMONTI FINO A PISAPIA, L’ARCIVESCOVO CIELLINO DI MILANO HA UNA RAGNATELA DI RAPPORTI TRASVERSALI E AMICIZIE SCOMODE (L’EX AGENTE BETULLA-FARINA E FORMINCHIONI) - LA LOBBY CHE PREGA E LAVORA PER IL CIELLINO SCOLA SI È RIUNITA IL 12 FEBBRAIO PER LA MESSA IN SUFFRAGIO DI DON GIUSSANI MA RESTA IL GRANDE FREDDO CON IL CELESTE….

Marco Damilano per "l'Espresso"

«Siamo come ragnatele di rapporti intricati che cercano una forma», disse un anno fa nell'omelia della messa del gioverdì santo citando Italo Calvino. Un vezzo da intellettuale che il cardinale Angelo Scola sa di potersi permettere. Nei suoi interventi abbondano citazioni di T.S.Eliot, Cesare Pavese e perfino "On the Road" di Kerouac: «Il vostro viaggio è consapevole o un vagabondare senza meta?», chiese ai giovani a Colonia nel 2005.

Settantuno anni compiuti il 7 novembre, arcivescovo di Milano dal 2011 dopo nove anni da patriarca di Venezia, Scola vanta in effetti una rete di rapporti intricata come una ragnatela. Dal laico Massimo Cacciari al sindaco di sinistra Giuliano Pisapia, per esempio. A Venezia accolse in patriarcato la visita di Umberto Bossi, Giulio Tremonti. Roberto Calderoli e Aldo Brancher, l'asse del Nord al completo. E una volta a Milano il Senatur sospese un comizio in piazza Duomo: «Non volevo che gli schiamazzi disturbassero la messa. Scola, prega per la Padania!».

Anche se gli amici di sempre sono altri. Una mattina di fine giugno il centrista Rocco Buttiglione e il deputato del Pdl Renato Farina, l'ex agente Betulla, entrarono nel ristorante della Camera e chiesero uno spumante: volevano brindare al ritorno a Milano di Scola, amico personale, a entrambi dà del tu. Farina piangeva in piazza San Pietro, quando fu eletto Ratzinger. Ora sogna un altro brindisi.

Una ragnatela che ora et labora, prega e lavora, per Scola. La sera di martedì 12 febbraio, a poche ore di distanza dalle dimissioni di Ratzinger, la lobby che tifa per il super-papabile italiano si è riunita in Duomo per la messa in suffragio di don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e liberazione morto nel 2005. In prima fila, come sempre, c'era Roberto Formigoni. Il governatore lombardo uscente aveva appena appreso della chiusura delle indagini sul suo conto per i finanziamenti alla fondazione Maugeri, con l'accusa di associazione a delinquere, ma non poteva mancare, non ora.

Scola e Formigoni sono vite parallele: entrambi lecchesi, di Malgrate, più anziano di sei anni, padre camionista e socialista il futuro cardinale, di famiglia borghese agiata il Celeste. Crescono insieme in esperienze di solidarietà, la casa Alber, la casa del Povero, ma l'incontro della vita è con don Giussani.

È Scola, con altri, a stilare nel 1969 il volantino all'Università Cattolica in cui compare per la prima volta la sigla Comunione e liberazione: «Avevamo stilato un foglietto ciclostilato da diffondere tra gli studenti e non sapevamo come firmarlo», racconterà. Di don Giuss negli anni Settanta don Angelo è il discepolo prediletto, dirige l'uffico stampa di Cl dalla sede di via Pagliano («Sempre in abiti borghesi», lo ricorda il giornalista Giancarlo Galli, «"devo smaltire il guardaroba, con questi prezzi non si può scialare", diceva»), è il vero cervello politico, il leader, Formigoni è solo il braccio. Talmente influente da entrare in collisione con Giussani.

Un episodio raccontato con mille prudenze da don Massimo Camisasca, oggi vescovo di Reggio Emilia, nella sua storia di Cl. Nel 1973 Scola guidava gli universitari di Cl, don Giussani li riportò all'ordine, con una sentenza terribile: «La Clu è una grande fioritura, le cui radici si sono inaridite». La vicenda si è riproposta a parti invertite negli ultimi mesi, quando è stato Scola a prendere le distanze dopo gli scandali formigoniani. «Sono stato in Cl fino a 20 anni fa, non ho rapporti particolari con il movimento rispetto ad altre attività associative», disse a Aldo Cazzulllo sul "Corriere".

E poi, più ruvido: «Con Formigoni ci vediamo sì e no una volta l'anno a Natale». Eppure nel 2009 aveva aperto il convegno di Rete Italia, la corrente dei formigoniani nel Pdl, con il governatore e Giancarlo Abelli in prima fila, con una relazione intitolata «Una nuova generazione di cristiani impegnati». Era marzo, non Natale. Ma è troppo imbarazzante, ora, quel pezzo di ragnatela, per un papabile.

 

 

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