LA LEGGE PER IL CAV SI APPLICA, PER LA CANCELLIERI SI INTERPRETA – COSÌ LE TELEFONATE DEL MINISTRO SONO NON PERSEGUIBILI MENTRE QUELLA DEL CAV NEL CASO RUBY FA PROVA DI REATO!

Da "il Foglio"

Ora che la "nuova destra repubblicana" (copyright Eugenio Scalfari) si prepara a vivere di vita propria, id est poter scindere più facilmente la difesa di Silvio Berlusconi dal massacro giudiziario dai più vaghi impegni al miglioramento della giustizia, al punto che per qualche commentatore risulterebbe persino più facile alle piccole intese, abbandonato l'Arcinemico al suo destino, ragionare di complessiva riforma del sistema giudiziario.

Ora, dicevamo, potrebbe divenire più semplice, anche per chi da sempre schifa le nostre posizioni in materia, cogliere il nocciolo di un'osservazione, abbandonando per un momento l'ipocrisia. L'osservazione è questa. In Italia, e non c'è da dimostrarlo, la legge per i nemici si applica, mentre per gli amici si interpreta. Ma questo, si dirà, è storia vecchia come il mondo.

Più moderna è allora un'altra perversa distorsione: nel paese del belluino "intercettateci tutti", le intercettazioni dei nemici non si discutono, fanno corpo di reato e passano in (pre)giudicato, mentre quelle degli amici si interpretano. Il caso del ministro di Giustizia Annamaria Cancellieri, che oggi si sottopone al giudizio dell'Aula, è enorme. Le sue telefonate sgorgate "ex abundantia cordis" - come scrive sarcastico Franco Cordero, ma in ultima analisi solo per rincarare la dose sul Cavaliere - sono considerate da molti, se non proprio da tutti, materia di interpretazione e valutazione. Comunque non perseguibili.

Al contrario, la telefonata del Cav. per trarre una ragazza da un impaccio decisamente inferiore, rispetto a una carcerazione, è stata giudicata sine glossa prova di reato, e sanzionata. Il colmo dell'ipocrisia mediatica, forse antropologica, si verifica però laddove la posta politica in gioco è meno urgente. Nel 2009 le risate intercettate degli imprenditori dopo il terremoto dell'Aquila diventarono il marchio d'infamia appiccicato sopra a tutta l'inchiesta delle cricche e degli appalti.

Ora, dopo le prolungate, reiterate, impudiche risate di Nichi Vendola ai danni di un giornalista cui era stato impedito di far domande sui tumori dell'Ilva, nessuna richiesta di dimissioni o vera indignazione, salvo poche eccezioni. Anzi. All'Huffington Post Lucia Annunziata gli ha offerto uno sterminato spazio di piagnisteo e insincera discolpa, fino a dire, l'ipocrita: "Fortuna che ogni giorno c'è un nemico da umiliare. Magari usando una conversazione intercettata, montata in modo suggestivo".

Fabio Fazio ha approfittato del suo pulpito su Rai3 per biasimare l'indecenza di tutte le intercettazioni. Adesso? Ma così è, c'è origliamento e origliamento. Noi non auspichiamo certo il contrario, che tutti diventino corda per impiccare, semmai l'inverso. Il tribunale di Firenze ha di recente messo nero su bianco che le intercettazioni andrebbero tutte interpretate, altro che "prove". Ora, forse, anche ai sordi con la lingua di legno può apparire più chiaro di che cosa stiamo parlando, da anni. Ma dubitiamo.

 

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