1. TOH! FA CAPO AI COMPAGNUCCI DELLA LEGACOOP IL CONSORZIO “SISIFO” CHE DETIENE IL 67% DELLA SOCIETÀ DI GESTIONE DEL CENTRO DI ACCOGLIENZA DI LAMPEDUSA 2. LEGACOOP GESTISCE ALTRI CENTRI IN CONDIZIONI ANCORA PEGGIORI DI LAMPEDUSA, A PARTIRE DAL CARA DI MINEO, DOVE L’ALTRO GIORNO C’È STATO L’ENNESIMO SUICIDIO, QUELLO DI UN GIOVANISSIMO ERITREO IN ATTESA DA SETTE MESI DELLA CONCESSIONE DELL’ASILO 3. DALLE COOP ALLE AZIENDE VICINE A CL, L’ACCOGLIENZA È UN BUSINESS DA 2 MILIONI AL GIORNO CONSUMATO SULLA PELLE DEI MIGRANTI. GARE VINTE CON RIBASSI DEL 30%. E SE AUMENTANO GLI OSPITI CRESCONO ANCHE I RICAVI. C’È CHI TRATTIENE GLI STRANIERI OLTRE IL DOVUTO PER CONTINUARE A INCASSARE I FONDI (DOV’ERA LA KYENGE?)

1. VIDEO CHOC TG2: IMMAGINI ESCLUSIVE DEL CENTRO DI ACCOGLIENZA PER IMMIGRATI DI LAMPEDUSA
Da ‘youtube.com'

 


2. PER IL "NAZI-LAVAGGIO" PAGA SOLO IL DIRETTORE DEL CENTRO
Laura Anello per ‘La Stampa'

Il dito in cerca del colpevole si posa sul capo dei responsabili del centro di accoglienza di Lampedusa. È la Legacoop, cui fa capo il consorzio «Sisifo» che detiene il 67 per cento della società di gestione, a far sapere di avere «dato indicazione alle cooperative di rimuovere e rinnovare il management attuale e di avviare immediatamente una migliore organizzazione con altre professionalità».

Un altro capitolo della saga dell'ipocrisia partita a scoppio ritardato - soltanto dopo l'indignazione del vescovo di Agrigento Domenico Mogavero - a seguito del servizio-choc su Tg2 che mostrava i migranti in fila, nudi, sottoposti a turno a un trattamento antiscabbia. Ma qui, oltre ai migranti, è il re che è nudo.

Perché è almeno da settembre 2011 - da quando cioè uno dei padiglioni è stato dato alle fiamme durante una rivolta e la capienza della struttura è scesa a 300 posti - che amministratori, operatori, sacerdoti, politici, urlano alla luna che le condizioni degli ospiti nel centro sovraffollato sono disumane.

Famiglie accampate sotto la pioggia tra i cartoni fradici, latrine puzzolenti, trattamenti sanitari sbrigativi, pasti all'addiaccio come animali. «Le immagini che abbiamo visto sembrano adesso raccontare una realtà sconosciuta e nuova, mentre molti sanno che è la normalità e che c'è molto peggio in Italia e da tempo», dice Giacomo Sferlazzo, attivista in prima linea con l'associazione Askavusa.

Ma il ministro degli Interni Angelino Alfano - che è a capo di quei prefetti cui è affidata l'organizzazione dell'accoglienza - martedì sosteneva che chi ha sbagliato deve pagare. E ieri la ricerca delle responsabilità si è fermata all'ultimo anello della catena.

«Comportamenti come questi non sono ammissibili, anzi sono contrari all'etica cooperativa e vanno rimossi e sanzionati», dice Legacoop, che con la sua «Sisifo» gestisce altri centri in condizioni ancora peggiori di Lampedusa, a partire dal Cara di Mineo, dove l'altro giorno c'è stato l'ennesimo suicidio, quello di un giovanissimo eritreo in attesa da sette mesi della concessione dell'asilo.

Come se la rimozione potesse essere una pezza sufficiente a coprire le voragini di una gestione emergenziale e le zone d'ombra del business che gira intorno ai migranti. Ogni richiedente asilo vale 34,60 euro al giorno: tanto paga lo Stato.

A parare i fulmini adesso è rimasto Cono Galipò, il presidente di Lampedusa accoglienza, società che si è aggiudicata fino al 2015 l'appalto triennale della struttura per 8 milioni e 200 mila euro con un ribasso del 30 per cento, una somma tarata per il numero ufficiale dei posti, e quindi destinata a crescere in ragione degli «esuberi». «Il trattamento che noi stavamo facendo - sostiene Galipò - stava durando da un'ora e mezza e a un certo punto alcuni immigrati si sono spazientiti, si sono spogliati e hanno inscenato quanto si vede».

Il video, insomma, sarebbe una sorta di messinscena. Sulla quale però la procura di Agrigento vuole vederci chiaro. Tanto da aprire un fascicolo sul trattamento antiscabbia, e a ipotizzare a carico di ignoti il reato di violenza privata. «Se devo essere sincero, anche io sono rimasto scioccato nel vedere quelle immagini che ricordano i campi di concentramento», dice il procuratore Renato Di Natale.

L'autore del servizio sul Tg2, Valerio Cataldi, sul sito Articolo21, lancia l'allarme su Khalid, il ragazzo siriano che ha filmato le immagini col suo cellulare: «Ora rischia rappresaglie. Lo hanno tenuto chiuso nel posto di polizia del centro di accoglienza per un paio d'ore dopo che il video è andato in onda. Per garantire la sua incolumità: fuori c'erano degli energumeni a minacciarlo». Ma lui non avrebbe paura: «Avvocato Khalid, è scritto sul suo passaporto - aggiunge Cataldi - sarà per questo che si appassiona alle cause che ritiene giuste».

3. PIÙ NE ARRIVANO, PIÙ GUADAGNANO QUEL BUSINESS DA 2 MILIONI AL GIORNO CONSUMATO SULLA PELLE DEI MIGRANTI
Dalle coop alle aziende vicine a Cl, l'accoglienza èun affare
Alessandra Ziniti per "la Repubblica"

Più ne stipano in una camerata meglio è, più a lungo restano meglio è, e se sono minorenni ancora meglio, lo Stato paga di più. Ad ogni barcone che arriva, i "professionisti dell'accoglienza" mettono mano alla calcolatrice e le cifre hanno sempre molti zeri. Più di 1.800.000 euro al giorno: tanto, nel 2013, ha speso l'Italia per garantire l'accoglienza ai 40.244 migranti sbarcati sulle nostre coste.

Un letto, i pasti, il vestiario, i farmaci necessari e un minimo di pocket money: 45 euro al giorno è la spesa media per ogni immigrato che mette piede in uno dei 27 tra centri di accoglienza, centri di identificazione ed espulsione e centri per richiedenti asilo. Una cifra che aumenta fino a 70 euro se si tratta di minori (8.000 quelli arrivati quest'anno) in considerazione della particolare assistenza che dovrebbe essere loro garantita.

È una torta luculliana quella che in Italia si spartiscono ormai da dieci anni veri e propri "colossi" del business dell'accoglienza: dalla Legacoop alle imprese di Comunione e Liberazione, dalle aziende vicine alla Lega alle multinazionali. Le gare bandite dal Viminale, in genere, vengono aggiudicate con un ribasso medio del 30 per cento sulla base d'asta. Peccato che, in ogni centro, si tengano stipati per mesi almeno il doppio o il triplo degli ospiti.

A danno delle condizioni di vivibilità di questi centri, da molti definiti lager, ma a tutto vantaggio delle tasche dei gestori. «La ragione per cui questo avviene è che in Italia molti servizi per l'immigrazione vengono affidati sulla base di un solo principio: quello del-l'offerta economica più vantaggiosa. C'è un business dell'immigrazione inaccettabile, parliamo di commesse da milioni di euro su cui molti si stanno arricchendo, dove i diritti delle persone scompaiono », denuncia Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati.

Gli aspiranti allo status di rifugiato costituiscono la fetta più ghiotta della torta. Ecco perché quella che è diventata una vera e propria città di richiedenti asilo, il Cara di Mineo, ospitato nel "Villaggio degli aranci" prima abitato dagli ufficiali americani di stanza a Sigonella, è diventato il motore dell'economia di questa parte della provincia di Catania.

Quattromila persone di 50 etnie diverse, il doppio della capienza, fruttano al "Consorzio Calatino Terre di accoglienza" la cifra di 50 milioni di euro all'anno. Dentro ci sono tutti, da Sisifo (Legacoop) che gestisce il centro di Lampedusa, alla Senis hospes e alla Cascina Global Service (vicina a Cl), la Croce Rossa, il Consorzio Casa Solidale (vicino all'ex Pdl).

E non hanno voluto rimanere fuori dall'affare i Pizzarotti di Parma, i proprietari del complesso edilizio requisito nel 2011 ai tempi dell'emergenza Nordafrica dietro pagamento di un canone di 6 milioni di euro annui. Ora che l'emergenza Nordafrica è finita, sono entrati anche loro nel Consorzio gestore.

Quello che Berlusconi nel 2011 presentò come un modello di accoglienza europea, adesso - stando alle denunce delle associazioni umanitarie - si è trasformato in una sorta di lager dove, solo qualche giorno fa, si è suicidato un giovane siriano in attesa del permesso di soggiorno da mesi.

Trattenere gli ospiti molto più a lungo del previsto è uno dei "trucchi" utilizzati dai gestori di molti Cara. A Sant'Angelo di Brolo, la procura ha accertato che alcuni ospiti rimasero anche 300 giorni dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno, portando illegittimamente 468.000 euro nelle casse del consorzio Sisifo, lo stesso che si è aggiudicato l'appalto di Elmas Cagliari, del Cara di Foggia e del centro di Lampedusa da dove si
calcola siano passati più di 100 mila migranti.

Due milioni e mezzo di euro è la cifra dell'appalto per la capienza ufficiale di 250 posti. Per gli ospiti in più, il Viminale paga l'extra. E questo vale per tutti: così l'Auxilium di Potenza degli imprenditori Pietro e Angelo Chiorazzo per il centro di Bari Palese, per Ponte Galeria a Roma o per Pian del Lago a Caltanissetta incassano molto di più dei 40 milioni di euro previsti dai bandi di gara.

Da tempo hanno fiutato l'affare anche i francesi della Gepsa, specialisti delle carceri, e la multinazionale Cofely Italia, che non disdegnano l'associazione con l'Acuarinto di Agrigento o la Synergasia di Roma per gestire il Cara di Castelnuovo di Porto a Roma o al Cie di Gradisca d'Isonzo. E a reclamare la sua fetta di torta c'è anche la Misericordia del pretemanager di Isola Capo Rizzuto che da dieci anni, per 28 milioni di euro all'anno, gestisce un Cara in cui la maggior parte degli ospiti dormono anche in dieci in vecchi container.

 

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