
IL DENARO (NON) È LO STERCO DEL DIAVOLO - PAPA LEONE TOGLIE ALLO "IOR" L'ESCLUSIVA DI INVESTIRE I FONDI DEL VATICANO: SE È PIÙ VANTAGGIOSO, LA SANTA SEDE POTRÀ RICORRERE A INTERMEDIARI FINANZIARI STABILITI IN ALTRI STATI - DA ANNI L’ISTITUTO PER LE OPERE DI RELIGIONE ACCANTONA UNA MAXI-RISERVA DI UTILI: LA COMMISSIONE CARDINALIZIA POTREBBE GIRARE AD OPERE DI CARITÀ, MA INSPIEGABILMENTE NON LO FA. COSÌ QUEI SOLDI SONO INVESTITI IN TITOLI DI AZIENDE "ETICHE"
PAPA LEONE TOGLIE ALLO IOR INVESTIMENTI IN ESCLUSIVA
papa leone xiv parla con i giornalisti a castel gandolfo 1
(ANSA) - Motu Proprio di papa Leone sugli investimenti finanziari della Curia Romana. Nella Lettera apostolica "Coniuncta Cura", Prevost riscrive le norme togliendo allo Ior l'esclusività degli investimenti finanziari. "Nel determinare le attività di investimento finanziario della Santa Sede - si legge -,
l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica generalmente fa effettivo uso della struttura organizzativa interna dello Ior, a meno che gli organi competenti, come stabilito dagli statuti del Comitato per gli Investimenti, non ritengano più efficiente o conveniente il ricorso a intermediari finanziari stabiliti in altri Stati".
PAPA LEONE XIV HA UN TESORETTO DI 348 MILIONI, MA 5 CARDINALI LO BLOCCANO. È DENTRO IL BILANCIO DELLO IOR, DOVE I 5 HANNO 1,2 MILIONI PERSONALI SUL CONTO
Estratto dell'articolo di Franco Bechis per www.open.online - 2 luglio 2025
orse ancora nessuno glielo ha detto, ma Papa Leone XIV ha a disposizione un tesoretto da 348,2 milioni che è immediatamente utilizzabile per fare quello che crede, a iniziare dalle opere di carità della Chiesa in qualsiasi parte del mondo. La somma è consistente, ed è contenuta fra le pieghe del bilancio dello Ior, la banca vaticana. Basta solo che la commissione cardinalizia che vigila sull’istituto, dia l’indicazione di mettere quel tesoretto a disposizione del pontefice o di chi da lui sarà indicato. Cosa che fino ad oggi non è mai stata fatta, con ragioni al momento incomprensibili, tanto più se si pensa al pressing di papa Francesco sulla carità. Il tesoretto dello Ior, infatti, vale più di un lustro di raccolta dell’obolo di San Pietro, che nel 2024 è ammontato a 58 milioni di euro.
Da dieci anni quel tesoretto è bloccato in bilancio e i cardinali non decidono che farne
SEDE DELLO IOR - ISTITUTO OPERE DI RELIGIONE
Quel tesoretto è congelato nel bilancio dell’Istituto per le opere di religione da anni in attesa che la commissione cardinalizia ne decida l’utilizzo (fino ad oggi mai accaduto). Fra il 2015 e il 2020 è restato fermo a 282,134 milioni di euro. Poi nel 2021 si è incrementato a 291,227 milioni di euro, nel 2022 a 306,814 milioni di euro, nel 2023 a 331,2 milioni di euro fino appunto ai 348,2 milioni di euro del 2024. La sua consistenza è rivelata dalla nota integrativa del bilancio dello Ior, che subito dopo avere elencato una riserva di 100 milioni di utili non distribuibili, prosegue:
«La Riserva di utili distribuibili è una riserva di utili che potrebbe essere distribuita in seguito ad una delibera sulla devoluzione degli utili accantonati in tale riserva da parte della Commissione Cardinalizia. La Riserva di utili distribuibili, pari a 348,2 milioni di euro (2023: 331,2 milioni di euro), è stata incrementata nel corso dell’esercizio 2024, grazie all’allocazione di parte dell’utile 2023 (17,0 milioni di euro)». Ma la delibera continua a non arrivare, e probabilmente Leone XIV come prima Francesco e prima di lui chissà quanti altri pontefici, ignorano l’esistenza di questo tesoretto.
La commissione cardinalizia che potrebbe sbloccarlo ma fino ad oggi ha deciso di non farlo è guidata dal cardinale Christoph Schönborn, che ne è il presidente. Ne fanno parte altri quattro cardinali: Emil Paul Tscherrig, Luis Antonio Gokim Tagle, Giuseppe Petrocchi e Konrad Krajewski. Quest’ultimo per altro è l’elemosiniere del pontefice, voluto in quella funzione da Bergoglio, e ovviamente ben conosce le esigenze sempre pressanti della carità. Ma nulla si muove, e il tesoretto resta investito in titoli di Stato e obbligazioni che almeno consentono di avere qualche interesse.
Come spiega la nota integrativa al bilancio questi investimenti però sono liquidabili in qualsiasi momento se ce ne fosse l’esigenza primaria. Certo i vertici operativi dello Ior sono ben contenti di avere quella ricca riserva patrimoniale: in Vaticano non esiste una banca centrale che faccia da prestatore di ultima istanza, come la Bce in Europa o la Federal Reserve negli Stati Uniti, e quei soldi potrebbero fare comodo se il bilancio dell’istituto avesse gravi difficoltà. Ma non è il caso attuale: il 2024 si è chiuso con utile netto di 32,8 milioni di euro per 5,7 miliardi di risorse affidate in tutto il mondo.
Probabilmente i cinque cardinali che avrebbero potuto sbloccare quel tesoretto per papa Francesco o per papa Leone XIV ma non si sono decisi a farlo, hanno una naturale vocazione alla formichina e quindi al risparmio. Anche personalmente, perché fra le pieghe della nota integrativa al bilancio 2024 dello Ior si rispetta un obbligo di trasparenza previsto dalla normativa vaticana. E si svela che i cinque cardinali hanno tutti insieme sui loro conti correnti personali 1,2 milioni di euro, in media dunque 240 mila euro a testa. Siccome non si citano i singoli casi, qualcuno di loro potrebbe avere messo da parte una somma consistente, e altri assai meno.
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Ma la cifra è alta, se si pensa che i cardinali ricevono uno stipendio mensile medio di 5 mila euro e che quelli sono i loro risparmi. Per fare un raffronto i dirigenti “con responsabilità strategiche” dello Ior, fra cui ci sono sicuramente il direttore generale Gian Franco Mammì e il vicedirettore generale Giovanni Boscia, avevano sui loro conti correnti assai meno: 327 mila euro in tutto.
I soldi depositati allo Ior possono essere investiti solo in titoli etici (fra cui quelli green), e anche se non c’è una regola precisa per definirli, esiste un elenco molto dettagliato di attività in cui è vietato investire. In testa tutte quelle che in qualche modo (dai farmaci all’esercizio di cliniche ed ospedali) possono avere a che fare con l’aborto.
Vietate le aziende che producono anticoncezionali, quelle che hanno a che fare con armi e sistemi di difesa, o con gioco d’azzardo, alcol e tabacco, in quelle accusate di avere violato diritti umani o diritti dei lavoratori, la salvaguardia dell’ambiente o uno qualsiasi dei 10 principi del “Global Compact” dell’Onu. L’elenco è molto dettagliato ed è riportato nella nota integrativa di ogni bilancio annuale dello Ior. [...]