1- DIMENTICATE GLI “STUPRI LEGITTIMI”, I BICIPITI DI RYAN, I CONTI ALLE CAYMAN DI ROMNEY 2- I MITT-REPUBBLICANI VOGLIONO REINTRODURRE IL SISTEMA AUREO. E SE VINCERà, ROMNEY CACCERA' IL CAPO DELLA FEDERAL RESERVE BERNANKE. SONO QUESTI I TEMI CHE CONTANO IN AMERICA. SONO QUESTE DUE NOTIZIE CHE CAMBIERANNO LA VITA DEGLI EUROPEI 3- PROGRAMMA: “BASTA STAMPARE MONETA PER METTERE UNA PEZZA A UNA CRISI CHE SI TRASCINA DA ANNI”. A OGNI DOLLARO DOVRà CORRISPONDERE UNA RISERVA D’ORO 4- SENZA GLI INTERVENTI INFLAZIONISTICI USA, RISCHIANO ANCHE LE MISURE DI DRAGHI, CHE SI PREPARA AD ACQUISTARE BOND ITALIANI E SPAGNOLI. SAREBBE UNA RIVOLUZIONE

1- DIMENTICATE GLI STUPRI E I PETTORALI: QUELLO CHE CONTA (PER NOI) SONO LE DECISIONI CHE I REPUBBLICANI STANNO PRENDENDO IN CAMPO ECONOMICO
DAGOREPORT

Dimenticate gli stupri "legittimi" del senatore Akin, i pettorali del bigotto Ryan, i conti alle Cayman di Romney. Sono temi che hanno rilevanza in America, nella campagna elettorale. Quello che davvero cambierà la vita degli europei, lo stanno decidendo i comitati dei repubblicani in vista della convention del partito a Tampa, che inizia lunedì.

Stamattina, l'annuncio che la nomination di Romney sarà anticipata al lunedì, primo giorno di convention. Sia per paura di Isaac, la tempesta tropicale che minaccia il regno dei negazionisti del cambiamento climatico. Sia per garantire la giusta copertura mediatica al discorso del candidato repubblicano, che rischiava di essere oscurato dall'uragano.

Lo spostamento del discorso accompagna la prima delle due notizie fondamentali per l'Europa e la sua economia: Romney ha promesso a "Fox News" che una delle prime azioni sarà silurare il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, nonostante i suoi consiglieri gli avessero suggerito di spostare questo annuncio a una data successiva. Bernanke è diventato l'uomo-chiave per la rielezione di Obama: la Fed ha promesso di iniettare liquidità nei mercati in caso di peggioramento ulteriore della crisi ("quantitative easing"). La mossa avverrà probabilmente nelle prossime settimane, e una spinta alle borse - già in forte crescita negli ultimi mesi - aiuterebbe enormemente la campagna democratica.

Il secondo mandato di Bernanke (rinnovabile per altri 4 anni) scade a gennaio 2014. Ma è chiaro che in caso di vittoria di Romney, le sue dichiarazioni di oggi potrebbero spingere il successore di Greenspan a lasciare prima della scadenza, mancandogli l'appoggio del governo.

Senza gli interventi inflazionistici della Federal Reserve - possibilmente di concerto con nuovi acquisti di bond della BCE - su cui contano molti operatori, il destino dell'eurocrisi appare molto incerto. Non è un mistero che i repubblicani intendono (sulla carta) ridurre il debito, tagliare il welfare, e ridurre al minimo l'intervento pubblico nell'economia.

E qui si lega la seconda novità: la reintroduzione del "gold standard", il sistema aureo che fino al 1971 ha retto l'economia globale. In quell'anno, sulla scia della crisi petrolifera, Nixon ha sganciato il dollaro dalle riserve auree americane, permettendo la forte crescita, e il successivo tracollo, dell'economia finanziaria anglosassone. L'ipotesi che circola nei comitati repubblicani ha già fatto impennare il prezzo dell'oro, e sarebbe una rivoluzione con effetti dirompenti per tutte le economie globali.

Non è detto che i repubblicani, anche in caso di vittoria di Romney, farebbero questo passo. I finanziamenti e gli appoggi di Wall street, che ha proliferato proprio grazie alla finanza di carta e telematica, slegata dalle riserve auree, potrebbero pesare molto in uno scenario post-elettorale.


2- FUTURO DEL DOLLARO: REPUBBLICANI STUDIANO RITORNO AL GOLD STANDARD
Da "Wall Street Italia" sull'articolo di apertura del "Financial Times"

La proposta ricorda la commissione creata dall'ex Presidente Ronald Regan nel 1981.
New York - Per la prima volta dagli ultimi 30 anni, il gold standard (base monetaria fissata da una quantità in oro) ritorna al centro della politica Usa e potrebbe presto diventare parte ufficiale del programma messo in campo dai candidati Repubblicani alle Presidenziali negli Stati Uniti.

Stando alla bozza di un documento che verrà discusso nella convention Repubblicana della prossima settimana a Tampa Bay, Florida, il partito di Romney starebbe pensando all'introduzione di un organo a vigilanza della politica monetaria messa in atto dalla Federal Reserve, e a una commissione che valuti alla possibilità di ripristinare il collegamento tra dollaro e oro, stando a quanto riporta il Financial Times.

L'idea di tornare al vecchio sistema monetario rappresenta un chiaro segnale degli effetti e delle conseguenze scatenate da oltre cinque anni di politica monetaria accomodante, forse eccessivamente accomodante. "Come aver capito che la strada verso il benessere non può essere stampata (con banconote facili)", ha commentato al FT Sean Fieler, chairman di American Principles Project, un gruppo conservatore che spinge per il ritorno al gold standard.

La proposta ricorda la commissione creata dall'ex Presidente Ronald Regan nel 1981, 10 anni dopo che Richard Nixon aveva deciso di interrompere il rapporto fisso tra oro e dollaro. Al tempo la commissione aveva optato in supporto allo status quo.

La nuova decisione della commissione dovrà tenere a mente una serie di problemi teorici, empirici e pratici. Inflazione sotto controllo negli ultimi anni - nonostante si fosse temuto sull'attività eccessiva della Fed - mentre il prezzo dell'oro è stato alquanto volatile, in termini nominali cresciuto oltre +500% nell'ultimo decennio. Da considerare il fatto che un ritorno a una base monetaria fissa impedirebbe alla banca centrale di agire modificando i tassi di interesse per fare fronte a shock nella domanda.


3- USA 2012: ISAAC E TV, ANTICIPATA A LUNEDI' NOMINATION DI ROMNEY

(AGI/EFE) - Mitt Romney ricevera' l'investitura ufficiale alla nomination per la Casa Bianca lunedi', nel primo giorno della Convention repubblicana di Tampa e non nel penultimo come di consuetudine. Il motivo ufficiale, riferisce il New York Times, e' legato alle preoccupazioni per Isaac, la tempesta tropicale che sta avanzando su Haiti e Repubblica Dominicana e che potrebbe trasformarsi in uragano prima di toccare terra in Florida. Ma sull'anticipo ha pesato anche la volonta' di avere tutti i delegati presenti alla conta e di garantire la copertura in diretta sui telegiornali di maggior ascolto che altrimenti non sarebbe stata assicurata al discorso della moglie di Romney, Ann, fatto percio' slittare ai giorni successivi.

L'anticipo dovrebbe consentire ai 50mila delegati e sostenitori del partito di allontanarsi per tempo in caso di pericolo per Isaac, visto che secondo alcuni modelli dovrebbe transitare a nord-ovest di Tampa nella tarda serata di lunedi'. E' previsto che arrivi come uragano di categoria 1 e non di categoria 2, che imporrebbe l'evacuazione obbligatoria dell'area in cui sorge il Tampa Bay Convention Centre.

Il giornale cita fonti del Comitato Nazionale del Grand Old Party, secondo cui quest'ultimo e il governatore della Florida, il repubblicano Rick Scott, si tengono in costante contatto con il Servizio Meteorologico Nazionale, per cercare di prevedere la "traiettoria" di Isaac e di valutarne "l'impatto potenziale". Bill Harris, consigliere delegato della convention, ha assicurato allo stesso New York Times con la preoccupazione principale siano le persone che si trovano lungo il teorico percorso della tempesta". Si stima che la convention richiami almeno 50.000 persone a Tampa.


4- L'ORO ACCELERA SULL'ATTESA DI STIMOLI DALLE BANCHE CENTRALI
Sissi Bellomo per "Il Sole 24 Ore"

Le minute della Federal Reserve sono state musica per le orecchie degli investitori, che già da qualche giorno erano tornati a scommettere sull'oro. Il rally era partito, per l'ennesima volta, sull'aspettativa di nuove operazioni di stimolo dell'economia da parte delle maggiori banche centrali. La Fed questa volta non ha deluso: per la prima volta tra i banchieri del Federal Open Market Commitee (Fomc) è emerso un largo consenso sul fatto che una nuova tornata di quantitative easing possa rendersi necessaria «piuttosto presto», a meno di una rapida inversione di rotta dell'economia. Il presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, ieri ha provato a smorzare i toni, spiegando che le minute sono «un po' superate» e che dopo il 1° agosto sono intervenuti «dati economici un po' più solidi». Ma le quotazioni del lingotto ormai avevano preso il volo, sfondando diverse importanti soglie tecniche, per spingersi oltre 1.675 dollari l'oncia.

Oltre che sulla Fed, del resto, le attese si concentrano anche sulla Bce e sulla Banca centrale cinese, che gli analisti vedono sempre più prossima ad agire: un'aspettativa rafforzata ieri dalla pubblicazione dell'indice Pmi manifatturiero, sceso ai minimi da 9 mesi in luglio.
Se le banche centrali si mettono a «stampare moneta», acquistare oro per proteggersi dall'inflazione è una scelta quasi scontata per molti investitori. Dalla prima tornata di quantitative easing, annunciata dalla Fed nel 2008, ad oggi l'oro ha più che raddoppiato il valore.


5- ROMNEY 
PUÃ’ VINCERE
Colloquio Con Mortimer Zuckerman Di Antonio Carlucci per "L'espresso"

Gli piacciono le idee del repubblicano Mitt Romney sull'economia, ma il programma è ancora generico, privo di dettagli. E la scelta di un giovane rampante come Paul Ryan come candidato a vice presidente può far salire l'entusiasmo tra gli elettori repubblicani. Ma questa competizione e questi candidati non piacciono più di tanto a Mortimer Zuckerman, 75 anni, immobiliarista miliardario, editore di giornali ("The Daily News"e "Us News & World Report"), direttore di "Us News", esponente di spicco della comunità ebraica, filantropo.

E, soprattutto, democratico convinto che dopo un solo anno ha puntato il dito contro il presidente Obama dicendo che stava sbagliando tutto. Alla vigilia della convention repubblicana a Tampa, in Florida, Zuckerman parla di Romney e di Obama, dei programmi del primo e degli errori del secondo. E dice che gli americani si trovano nella condizione di dover scegliere il male minore.

Mister Zuckerman, dall'inizio del 2010 lei ha criticato pubblicamente il presidente Barack Obama per le sue scelte economiche e ad aprile scorso ha scritto che ha fallito. Che cosa pensa delle ricette economiche che propone lo sfidante Mitt Romney?
«Ci sono molti elementi con cui sono in accordo. Ma in questo momento mancano i dettagli che sono l'essenza della vita. A cominciare da due. Primo, le misure per tenere sotto controllo il deficit fiscale americano. Secondo: se si tagliano le tasse, non si sa ancora come ogni dollaro in meno di entrate sarà accompagnato dalla eliminazione di privilegi fiscali in misura eguale. Lo ripeto, il diavolo si nasconde sempre nei dettagli».

Che tipo di presidente è necessario oggi per gli Stati Uniti?
«Ho lavorato per due presidenti di grande livello. Ronald Reagan, capace di prendere decisioni i cui effetti positivi ci sono ancora, come la scelta di aumentare i contributi del Social Security (è il sistema pensionistico federale, ndr.) e di ridurne i benefici per salvare un fondo del valore di 25 miliardi di dollari che oggi ne vale 2.800. E Bill Clinton, il presidente che più di tutti ha saputo interpretare l'evoluzione dell'economia, capirne i meccanismi e prendere le decisioni giuste».

Questo fa parte del passato. Chi può essere paragonato oggi a Reagan o Clinton?
«Cerchiamo di fare il meglio che possiamo con quello che abbiamo. Ma il guaio vero è la scomparsa della buona abitudine di trovare soluzioni condivise per i problemi più importanti. Basta vedere il disinteresse che c'è stato sia da parte repubblicana sia da parte del presidente Obama sulle proposte della commissione sul deficit fiscale da lui stesso voluta e affidata a due senatori, il democratico Eskine Bowles e il repubblicano Alan Simpson. La situazione è più grave di quanto appare. La disoccupazione non è all'8,2 per cento, ma sfiora il 15 perché i numeri ufficiali tengono conto solo di coloro che hanno cercato attivamente un lavoro nelle quattro settimane prima del censimento. E milioni di uomini e donne che potrebbero andare in pensione hanno rinunciato e continuano a lavorare perché i loro fondi pensione sono stati svalutati dalla crisi».

La Casa Bianca ha sempre sostenuto che in questi anni i repubblicani hanno detto no a qualsiasi proposta democratica senza tenere conto del contenuto dei provvedimenti.
«Sarà anche accaduto, ma il presidente non è stato capace di rapportarsi con il Congresso. Le racconto un episodio. Ho incontrato poco tempo fa l'ex numero uno e l'attuale del Financial Services Committee della Camera, il primo democratico, il secondo repubblicano. Mi hanno raccontato che in tre anni e mezzo non hanno mai ricevuto una sola telefonata dal presidente. Il sistema non può funzionare così».

Con il voto del prossimo 6 novembre, Mitt Romney vuole prendere il posto di Obama. È un buon candidato e, soprattutto, può essere un buon presidente?
«Negli Stati Uniti, quando un elettore si trova a dover scegliere tra due candidati che non gli piacciono, alla fine vota colui che farà meno danni. Detto questo, Mitt Romney è stato sicuramente un buon amministratore delegato. Lo ha dimostrato rimettendo a posto i conti delle Olimpiadi invernali di Salt Lake City, creando la Bain Capital, facendo il governatore del Massachusetts. Ma il dono di essere un buon politico che sa governare una nazione è tutt'altra storia. Aspettiamo e vediamo».

Romney ha scelto come candidato vice presidente Paul Ryan, un giovane deputato che sicuramente non è un moderato né dal punto di vista fiscale né da quello sociale. Come giudica il ticket?
«All'inizio, ho pensato che la scelta non fosse utile ad allargare la base per la candidatura Romney. Poi, ho cambiato opinione e credo che, pur non essendo questo ticket il migliore in assoluto, ha dato energia alla campagna del candidato repubblicano e ha messo a fuoco la questione fiscale visto che Paul Ryan è l'autore della Roadmap for American Future, un piano centrato sulle questioni della spesa pubblica e del deficit».

Il primo viaggio all'estero di Romney - Gran Bretagna, Polonia e Israele - ha ricevuto più commenti critici che consenso. Soprattutto per i giudizi sulla capacità inglese di gestire le Olimpiadi e quelli sulla capitale di Israele e sulle differenze culturali tra arabi e israeliani in relazione allo sviluppo economico. Come giudica le proposte di politica estera del candidato repubblicano?
«A mio parere quelle che sono state definite le gaffes di Romney non vanno prese seriamente. Diciamo che i media erano alla ricerca anche dei più insignificanti dettagli del viaggio e li hanno amplificati».

Beh, lei è anche editore e direttore, sa bene come i media coprono gli eventi e seguono un candidato alla Casa Bianca...
«Naturalmente. Comunque, sulla questione delle Olimpiadi (ha criticato fortemente l'organizzazione, ndr.) poteva essere più generico e girare intorno alla domanda, mentre in Israele non parlava seriamente (ha detto che gli ebrei sono culturalmente superiori e questo si riflette sull'economia e ha aggiunto che Gerusalemme è la capitale d'Israele, ndr.)».

Ma la questione Israele è centrale nella politica di ogni candidato presidente.
«Certo che lo è. E Romney è stato chiaro sulla questione del supporto americano verso Israele e sul modo di metterlo in atto concretamente».

Tornando alle questioni economiche, non le sembra abbastanza povero un dibattito in cui il confronto è esclusivamente tra il taglio delle tasse e la spesa pubblica?
«Ci vogliono compromessi in politica. La strada, lo ripeto, l'hanno indicata i senatori Bowles e Simpson che riuniscono in un solo progetto la riforma di alcune spese con l'aumento delle entrate».

Pensa che Romney e i repubblicani siano capaci di una politica bipartisan e di compromesso se conquistano la Casa Bianca?
«Obama non ha seguito questa strada. Eppure Bill Daley che è stato il suo chief of staff per oltre un anno e con Clinton Segretario al Commercio ha sempre detto che fare politica è un business di relazioni personali, non di sparate ideologiche».

Perché nel Congresso si è creata una situazione di muro contro muro?
«Una spiegazione completa non la possiedo. Ma so per esempio che il ruolo di alcune televisioni e di alcuni media è stato quello di aumentare l'attenzione su ciò che divide i democratici dai repubblicani. Se tutto questo avviene in un momento in cui l'economia non funziona, è più difficile mantenere relazioni personali utili alla soluzione dei problemi».

Nel 2008, il suo "Daily News" appoggiò in modo ufficiale Barack Obama. Rinnoverà l'endorsement anche quest'anno nonostante l'editore sia così critico con il presidente?
«Legga il quotidiano e lo saprà».

Mister Zuckerman, lei si è sempre dichiarato un democratico e nel 2008 ha votato per mandare Obama alla Casa Bianca. A chi andrà il suo voto il prossimo 6 novembre?
«Non voterò Obama e proprio perché sono sempre stato un elettore democratico sono sgomento dagli errori e dalla mancanza di risultati del presidente».

Allora voterà Romney?
«Non so se Romney può vincere. So però che Obama può perdere».

 

 

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