DRAGHI E UN CAVALIERE - BERLUSCONI RIVELA: "ERA DRAGHI IL MIO PREMIER IDEALE, MA NON HA ACCETTATO" - SILVIO DICE LA VERITA' O E' L'ENNESIMA SPARATA PER CERCARE DI AVERE VISIBILITA'? - DA FRANCOFORTE, DRAGHI NEGA: L'INCONTRO CON SILVIO NON C'E' "MAI STATO" - ALL'EUROTOWER LA SPIEGANO COME UNA MOSSA PER AGGRAPPARSI, IN CAMPAGNA ELETTORALE, A UN PERSONAGGIO SPECCHIATO…

Francesco De Dominicis per "Libero"

Il dinosauro di Silvio Berlusconi? È (o sarebbe) Mario Draghi. A rivelarlo, ieri, è stato lo stesso Cavaliere, il quale sostiene di «aver parlato» con il presidente della Banca centrale europea nelle scorse settimane. L'ex presidente del consiglio pensava che l'attuale numero uno dell'Eurotower avrebbe voluto e potuto «interessarsi al nostro Paese».

Nelle scorse settimane - in pieno tira e molla: passo indietro, passo avanti - Berlusconi aveva accennato, appunto, a un dinosauro: un personaggio di spicco, magari estraneo alla politica, da candidare come leader del centro destra per le prossime elezioni politiche. Un progetto ambizioso che però «non si è potuto realizzare» come ha detto Berlusconi.

Il quale ha motivato la successiva scelta di riscendere in campo proprio a cagione del presunto rifiuto incassato dal banchiere centrale. Incassato il «no», ha spiegato il Cavaliere, «sono diventato io il dinosauro che deve battersi con gli altri per difendere i valori della libertà, della giustizia e della democrazia in Italia».

Alla sede della Bce a Francoforte, ieri, bocche cucite: nessuna dichiarazione ufficiale sulla faccenda. Dagli ambienti vicini al capo dell'Eurotower non trapela nulla. Un silenzio gelido, quello dell'ex governatore della Banca d'Italia, che tuttavia la dice lunga sulla veridicità della dichiarazione del Cavaliere. Chi conosce l'ex governatore sa bene che il suo stile lo tiene lontano dal dibattito politico e dalle polemiche. C'è di più. Un banchiere romano, assai informato, è convinto addirittura che l'incontro (o la telefonta) tra Draghi e Berlusconi non ci sia «mai» stato.

Le ragioni delle affermazioni di Berluconi andrebbero cercate altrove. L'uomo di Arcore, si dice nei palazzi della Capitale, avrebbe tentato di «strumentalizzare» il presidente della Bce. Come dire: «Doveva tornare sulla scena in pompa pagna e allora vuole farsi catapultare dal macigno di Draghi fatto cadere apposta a mo' di contrappeso». Ma perché proprio il numero uno di Francoforte?

La mossa di Berlusconi viene spiegata più o meno così: per ritornare in campo, il Cavaliere aveva (e ha) bisogno di irrobustire in qualche modo sia le sue affermazioni sia la sua posizione. Di qui, si dice, la necessità di «collegare» le sue posizioni con personaggi di autorevolezza riconosciuta non solo sul piano interno, ma anche sul versante internazionale. E in questo senso «l'italiano» Draghi più di chiunque altro risponderebbe all'identikit tracciato dagli sherpa di Berlusconi.

Del resto, il ruolo cruciale del banchiere centrale nella fase più acuta della crisi finanziaria è stato riconosciuto a qualsiasi livello. Non a caso, pochi giorni fa il Financial Times, autorevole quotidiano finanziario britannico, lo ha benedetto.

La promessa di Draghi «di fare qualunque cosa per salvare l'euro» insieme al piano antispread, è stato l'avvenimento «più importante» del 2012. Un ruolo che la Germania ha criticato più volte, anche ieri, sostenendo non solo che il capo della Bce avrebbe agito più da politico che da banchiere, ma anche che le scelte sono pericolose.

Di là dalle polemiche fra banchieri, la questione Berlusconi-Draghi, in ogni caso, non dovrebbe avere strascichi né nuovi sviluppi. Non solo per l'atteggiamento del presidente Bce, che ha evitato di replicare al leader del Popolo delle libertà. Ma anche perché Berlusconi non dovrebbe più avere interesse a tirare in ballo.

D'altra parte, non si sarebbe trattato di una offerta concreta. E sarebbe impensabile che Draghi, dopo essere arrivato a occupare una delle poltrone più importanti su scala mondiale - dalle quali muove le leve dell'economia europea - possa rinunciarvi per tornare in Italia, nell'arena politica. Un altro Governo tecnico non pare essere una prospettiva verosimile, per il dopo elezioni. E in quel caso ci sarebbe già Mario Monti, abbondantemente allenato e pronto al bis a palazzo Chigi.

 

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