mario draghi

“DRAGHI AL MOMENTO NON HA I NUMERI SUFFICIENTI NEMMENO DENTRO IL PD...” - DA SALVINI A FORZA ITALIA, DAI CINQUE STELLE AI DEM, SUL NOME DI SUPERMARIO, FAVORITO NUMERO 1 PER LA CORSA AL COLLE, I PARTITI SONO SPACCATI – COME DAGO-ANTICIPATO SOLO CON UN ACCORDO SUL DOPO-DRAGHI A PALAZZO CHIGI, POTRÀ SCATTARE IL SEMAFORO VERDE PER L'ASCESA DEL "GRANDE GESUITA" AL QUIRINALE. MA C’E’ DA SUPERARE ANCHE LA RESISTENZA DI BERLUSCONI...

DAGOREPORT

https://m.dagospia.com/solo-con-accordo-sul-dopo-draghi-a-palazzo-chigi-scattera-il-semaforo-verde-per-draghi-sul-colle-297016

 

DRAGHI

Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”

 

«Noi cerchiamo un nome che sia di centrodestra, ascrivibile al centrodestra e riconoscibile come centrodestra. Draghi al momento non ha i numeri sufficienti nemmeno dentro il Pd...».

MARIO DRAGHI

 

Nella frase che Matteo Salvini consegna praticamente a tutti quelli con cui si è confrontato nelle ultime ore, il punto su cui quasi tutti i suoi interlocutori si concentrano è «al momento». In quelle due parole, «al momento», c'è tutta la particolarità di una tela tutta da tessere, di una partita tutta da giocare, in cui Mario Draghi si trova contemporaneamente ad essere il favorito numero uno della corsa al Quirinale e anche un candidato al momento senza numeri certi.

 

Sulla rotta del presidente del Consiglio ci sono due iceberg da evitare: la trattativa per la formazione di un nuovo governo e, ovviamente, la riserva di Silvio Berlusconi. «Tra i nostri si sta muovendo qualcosa», si è sentito dire il Cavaliere negli ultimi due giorni. Due giorni in cui il pacchetto di mischia dei ministri forzisti - da Renato Brunetta a Mara Carfagna passando per Mariastella Gelmini - si è iscritto all'improvviso in blocco al fronte di chi spera che Draghi non traslochi al Quirinale.

MARIO DRAGHI

 

Le malelingue sincronizzano il cambio di posizione con la consapevolezza che il nuovo esecutivo post-Draghi sarebbe completamente rivisto non solo nella «testa», ma anche nei dicasteri. Oltre l'ostacolo Berlusconi, insomma, il pallottoliere forzista non sorriderebbe al premier; al lavorio di sponda con Palazzo Chigi che più d'uno attribuisce a Gianni Letta corrispondono i movimenti, di segno opposto, del coordinatore nazionale Antonio Tajani.

 

MATTEO RENZI MARIO DRAGHI

Lo schema si ripropone sotto carta carbone anche dentro il Movimento Cinque Stelle. Dove i voti in palio rispetto a quelli di Forza Italia (139 insieme al gruppo Udc) sono però quasi cento in più (e cioè 234). Lo schemino sulla scrivania di Luigi Di Maio, che lavora per lanciare la volata a Draghi, dà la misura di un risultato che potrebbe capovolgersi nel giro del fine settimana. Un fedelissimo del titolare della Farnesina, calcolatrice alla mano, dice «che la settantina di parlamentari vicini a Di Maio è pronta già ora a votare Draghi; a questi, se la situazione matura, si aggiungerebbero subito i trenta tra deputati e senatori che inseguono il miraggio del Mattarella bis».

 

MATTEO SALVINI MARIO DRAGHI

E siamo a cento. Degli altri 135, scontata la ventina che comunque voterà contro Draghi, il resto sarebbe pronto ad abbracciare «la soluzione condivisa». Contro la quale, almeno per il momento, resisterebbe Giuseppe Conte, soprattutto dopo l'incontro con Salvini. Già, Salvini. All'interno della delegazione di governo del Pd, tutti i ministri guardano con insofferenza alle mosse del centrodestra e alla ridda di voci su nomi che, ha spiegato in privato Andrea Orlando, «hanno scarse possibilità e rischiano solo di allontanare una soluzione condivisa».

 

sergio mattarella mario draghi quirinale by macondo

Dentro il gruppo parlamentare democratico, la scommessa del segretario Enrico Letta sull'opzione Draghi non ha maturato ancora i dividendi necessari in termini di voti. Il grosso della corrente di Base riformista, con l'esclusione del ministro delle Difesa Lorenzo Guerini, preme perché Draghi rimanga là dov' è; e lo stesso si può dire della truppa legata a Dario Franceschini. Le trattative si muovono su più piani. La permanenza o meno di Berlusconi ai blocchi di partenza del voto, la ricerca di un candidato di centrodestra, una serie di giri di ricognizione prima che la gara vera cominci.

 

draghi berlusconi

«Dalla quinta votazione potremmo esserci», è la scommessa di Di Maio, che nelle trattative riservate ha manifestato l'intima convinzione che l'operazione Draghi possa andare in porto una volta rimossi tutti i veti. Tra gli ostacoli non viene neanche citato l'unico partito di opposizione. Il gruppo di Fratelli d'Italia, tra coloro che sostengono la corsa del presidente del Consiglio verso il Quirinale, viene giudicata «una certezza molto più che granitica».

DRAGHI BERLUSCONI

 

E Giorgia Meloni un'alleata considerata molto più che affidabile. Come lo sono i soldati del variopinto esercito dei centristi che va da Italia viva a Coraggio Italia. Una volta saltati tutti gli schemi, sarebbero pronti a votare Draghi. Anche se gli iceberg, quand'anche visibili, sono ancora sulla rotta tra Palazzo Chigi e il Quirinale.

 

TPI - LA DRAGHICRAZIADRAGHI DI MAIOdraghi

Ultimi Dagoreport

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…