QUIRINAL PARTY - E’ CASSESE L’ANTI-AMATO CHE FARA’ SPUNTARE D’ALEMA?

1. A MONTECITORIO NON SI PARLA CHE DI D'ALEMA
Roberto Fico, deputato M5S, su Facebook

Il Pd ha un'occasione vera, l'occasione di seguire per una volta i cittadini senza compromessi, senza inciuci, senza vecchi politici impolverati e corrotti in se stessi dal sistema. Milena Gabanelli se accetterà sarà candidata al Quirinale e così Gino Strada e così Rodotà.

Nessun motivo al mondo vieta al pd di votare queste persone libere e indipendenti dai partiti come le loro vite hanno dimostrato. Sono convinto che all'Italia un Presidente della Repubblica di questo tipo non solo piaccia ma sarebbe per tutti molto auspicabile per dare inizio a un cambiamento vero e definitivo.

Mi rivolgo a tutti i deputati giovani del pd che vogliono dimostrare e provare che il loro partito è diverso dagli altri e quindi vi dico che questo è il momento. Il momento di fare un atto di forza, di contrastare una dirigenza vecchia e senza visione del futuro, il momento di combattere e di lottare per ciò in cui si crede giusto.

Sentire nei corridoi la probabilità che sia Massimo D'Alema a diventare Presidente della Repubblica perché di garanzia come da vent'anni a questa parte anche per Silvio Berlusconi mi fa venire i brividi. Chiedo a molti deputati del pd di non permetterlo e di lottare ora. Ora o mai più!


2. IL CAV VUOLE LA LUNA MA BASTA AMATO
Salvatore Merlo per "il Foglio"

"Non c'è bisogno di incontrarsi", dicono. Gli accordi tra Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani corrono sul filo del telefono, lontano da sguardi pettegoli. Così a tarda sera il Cavaliere, tornato da Arcore, lo annuncia alla sua corte già riunita al Castello (via del Plebiscito 102): "Direi che è fatta, con Bersani abbiamo un patto di ferro su Amato al Quirinale". Un po' vero, un po' no: la Lega non lo vuole, e Massimo D'Alema rimane una carta coperta.

Tutto è in movimento, Gianni Letta e Denis Verdini conducono le trattative malgrado le frequenti incursioni telefoniche del grande capo. L'aria è quella di un accordo da primo scrutinio sul nome di Giuliano Amato: elezione immediata già domani (sono previste due votazioni, una al mattino e una nel pomeriggio). Ma chissà. Bersani ha trovato un nome che spariglia: il professore Sabino Cassese, l'ex ministro del governo Ciampi, il giudice costituzionale, il giurista amico di Giorgio Napolitano.

Cassese piace al Pd, e piace anche a Eugenio Scalfari. Ma al Cavaliere? Berlusconi, si sa, in assoluto non ama i giudici, né in particolare ama quelli della Corte costituzionale. Dunque istintivamente il Cavaliere diffida anche di Cassese ("credo abbia lavorato contro di me ai tempi del lodo Alfano"). Eppure pare che le cose non stiano esattamente in questo modo, la ricostruzione di Berlusconi è viziata da un pregiudizio negativo.

E infatti Gianni Letta, nelle ultime ore, tra un colloquio e l'altro anche con Napolitano, si è molto prodigato per descrivere meglio al Cavaliere sia il profilo del giurista sia il suo effettivo ruolo ai tempi della bocciatura del lodo che fu firmato dal capo dello stato ma bocciato dalla Consulta. "Cassese ha sempre lavorato in armonia con il Quirinale". Insomma, con il giurista i candidati alla presidenza della Repubblica vicini a Napolitano diventano due. L'altro è ovviamente Amato.

Alla notizia del quasi accordo, ieri sera Fabrizio Cicchitto per un attimo si è fatto sofferente in volto. Il vecchio socialista non perdona nulla al suo ex compagno di partito nel Psi, l'uomo che Cicchitto considera un traditore di Craxi. Così quando il Cavaliere ha fatto il nome di Amato, l'ex capogruppo berlusconiano si è armato di un sorriso canzonatorio: "Sempre meglio di Prodi". Così il Pdl ieri ha consumato il rito dello scampato pericolo: evapora Prodi mentre il Cavaliere pregusta soddisfatto l'avvio di un governo (guidato da Bersani) subordinato alla sua volontà, ai suoi voti, alla sua astensione tattica.

Il Cavaliere ha un modo tutto suo, fantasioso e spregiudicato, di condurre le trattative: spara sempre altissimo. E' tutta la vita che fa così, a volte gli va bene, altre volte un po' meno, ma è sempre stato questo il suo stile sia da imprenditore rampante e di successo, sia da uomo politico abituato all'azzardo nei complicati rapporti con gli alleati (Bossi, Fini, Casini) o con gli avversari (prima D'Alema, poi Veltroni).

Lui chiede la luna, sapendo bene di essere disposto ad accontentarsi anche di molto, molto, meno. Così adesso, con Bersani, Berlusconi è pronto a insistere, a indossare persino, ancora una volta, la maschera dura e intransigente, quella dei toni da campagna elettorale, quella della piazza che si raccoglierà attorno al gingle "meno male che Silvio c'è" già domenica prossima a Udine.

"Dopo l'elezione del capo dello stato c'è solo un governo Pd-Pdl", insiste Berlusconi. In realtà è da parecchie settimane che il Cavaliere è dispostissimo ad accettare un fragile governo monocolore Pd guidato da Bersani, e dunque è per questo che gli va benissimo Giuliano Amato al Quirinale (o in alternativa, anche Massimo D'Alema). Berlusconi non lo ammetterà mai in pubblico, ma l'idea di un governo di centrosinistra che si regge sull'appoggio esterno del suo Pdl, un esecutivo che insomma lui potrebbe mandare a casa in qualsiasi momento, ad libitum, è un'idea che ovviamente gli piace da matti.

D'altra parte, nei suoi colloqui privati, di fronte agli amici che sanno come estorcergli le sue verità, il Cavaliere lo ha già detto: "Certo che mi piace". E poi Bersani porta in dote anche la bicameralina, la commissione per le riforme che il Cavaliere potrebbe anche voler presiedere lui stesso.

Non c'è nessuna immagine di sé che a Berlusconi piace più di quella in cui può specchiarsi legittimato dal capo del partito avversario, consegnato a un ruolo istituzionale, alla presidenza di una commissione che accompagni, come dice la fidata Mariastella Gelmini, "un clima di concordia nazionale". Ma è sul nome del presidente della Repubblica che si discute adesso.

Berlusconi ha convocato la sua corte al gran completo per le 11 di questa mattina, il suo candidato preferito sembra ormai essere Giuliano Amato, "è praticamente fatta". Ma l'ex presidente del Consiglio non piace per niente a Maroni e la contrarietà della Lega non è un problema da poco neanche per Berlusconi. Forse è per questo che, nel Pdl, alcuni degli ambasciatori del Cavaliere ieri sera hanno rilanciato la candidatura di D'Alema: non si è mai dato per vinto, e secondo i berlusconiani ha "il profilo migliore dopo quello di Amato". Ma chissà.

 

DALEMA E AMATO sabino cassese roberto fico BERSANI E GRILLO Beppe Grillo Amato_CraxiBersani, Letta e VeltroniRoberto Maroni

Ultimi Dagoreport

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…