
ELLY, IL CAMPO NON E’ LARGO MA STRETTISSIMO! DA OGGI A REGGIO EMILIA LA FESTA DELL’UNITA’ CHE CELEBRA LA VOCAZIONE MINORITARIA DELLA SCHLEIN. INVITATI SOLO ESPONENTI DEM E DEI PARTITI ALLEATI (PIU’ VICINI) - NON CI SARANNO CALENDA E RENZI, CONFINATO ALLE FESTE PROVINCIALI. MANCHERANNO IL FONDATORE WALTER VELTRONI E "L’AFFONDATORE" ENRICO LETTA. ROMANO PRODI, PADRE NOBILE MA SCOMODO PERCHÉ GIUDICA "INESISTENTE" L'ATTUALE OPPOSIZIONE, SALIRÀ SUL PALCO MA NON DA SOLO – ELLY SE LA CANTA E SE LA SUONA SANCENDO L'IDEA, TUTTA AUTOREFERENZIALE, DI UN PARTITO COME CONFEDERAZIONE DI CORRENTI, NEL MOMENTO IN CUI SAREBBE RICHIESTO IL MASSIMO DI APERTURA POSSIBILE…
Alessandro De Angelis per la Stampa - Estratti
Sfogliando l'album dei ricordi, c'era una volta in cui alle Feste dell'Unità si invitavano anche gli avversari. Esisteva ancora il Pci (e il Muro di Berlino) quando Paolo Bufalini, uno tosto, forgiato nella Resistenza, si confrontò con Belzebù, ovvero Giulio Andreotti. In tempi relativamente più recenti, in pieno trauma per la vittoria di Silvio Berlusconi, fu invitato nientemeno che Cesare Previti, il falco del «non faremo prigionieri».
E poi Indro Montanelli, giornalista della destra in doppiopetto, il Bossi secessionista e Gianfranco Fini, eccetera eccetera. L'idea guida era quella della "sfida": a casa tua, discuti, litighi, inchiodi gli altri alle proprie responsabilità, dando il senso, davanti a un popolo, di un'alternativa che parli al paese.
Ebbene, benvenuti all'ottantesima Festa dell'Unità, che inizia oggi a Reggio Emilia. La logica è esattamente l'opposto. Quella del "recinto", sempre più stretto. Di avversari, come di consuetudine, neanche l'ombra. Roba che Atreju, dove c'erano Giuseppe Conte e Fausto Bertinotti, Carlo Calenda ed Enrico Letta, Michele Emiliano e Michele De Pascale, era il regno del confronto.
Ma non compaiono neanche potenziali alleati: Calenda neanche invitato e neppure Matteo Renzi, confinato alle feste provinciali. E – sarà il caso, sarà un problema di agende, sarà la volontà – non compaiono neanche personalità come Walter Veltroni, il fondatore, né Enrico Letta.
Romano Prodi, padre nobile ma scomodo perché giudica "inesistente" l'attuale opposizione c'è, ma non sarà da solo a dialogare con l'ex premier israeliano Ehud Olmert. Ospiti unici, invece, Pier Luigi Bersani, Maurizio Landini, Nichi Vendola che apre la festa con un monologo su Pasolini.
Insomma, è la festa dell'ortodossia campolarghista. O tutti dello stesso campo, che però è stretto: Conte dialoga con Franceschini, Fratoianni con Boccia. O tutti dello stesso partito, con una attenzione maniacale all'equilibrio delle correnti.
Paolo Gentiloni mica ha di fronte Antonio Tajani per mostrare una alterità su Europa, Gaza, Trump ma Roberta Pinotti, ex ministro peraltro del suo governo, con cui le posizioni sono sovrapponibili. E l'ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini mica si confronta, ad esempio, con Guido Crosetto, ma con Dario Nardella (corrente Franceschini) e Lucia Annunziata, conteggiata in quota Schlein.
E così via: Graziano Delrio, che di corrente ne ha una sua, con Alessandro Alfieri (dei cosiddetti riformisti) e Marco Tarquinio, uomo della segretaria. Ecco, atlantisti e pacifisti, "sosteniamo Kiev" e "mettiamo i fiori nei cannoni", cattolici di una parrocchia e cattolici di un'altra.
Di fatto viene sancita l'idea, tutta autoreferenziale, di un partito come confederazione di correnti, proprio nel momento in cui sarebbe richiesto il massimo di apertura possibile anche perché l'avversario il tema dell'apertura, sia pur in modo contraddittorio, se lo sta ponendo (vedi Giorgia Meloni al Meeting). L'idea guida di oggi, al contrario del passato, sembra invece essere che discutere con gli altri, anche in modo aspro, sia sinonimo di cedimento morale, "inciucio", debolezza.
E che l'identità si rafforza solo in un dibattitto "tra di noi" che riproduce la logica dei gruppi chiusi sui social secondo l'andazzo dei tempi, habitat naturale in cui avanza il populismo: si declamano le proprie ragioni e si pratica l'essere "contro", a favor di follower. Di questa vocazione minoritaria l'esempio icastico è l'assenza di un dibattito dedicato alla sicurezza e all'immigrazione, il cuore della sfida a destra, basta sfogliare i giornali europei.
In fondo, il programma è lo specchio perfetto della fase. A Reggio Emilia il Cencelli è sugli ospiti, nelle Regioni al voto la spartizione è sui posti. Non si parla di un progetto per la Campania, ma dell'incarico per il figlio di De Luca.
Non di un progetto per la Puglia ma e del "se ci sono io Decaro, non ci potete essere voi, Emiliano e Vendola", anche se uno è un esempio di "trasformismo", l'altro di una "trasformazione" – ovvero, il contrario – realizzata nella stagione della "primavera pugliese"
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