1. FERRARA NON SI BEVE LA “SUPERCAZZOLA” DELLA CUPOLA ROMANA. “ROMA PULULA COME TUTTE LE CITTÀ DI LADRI, LADRUNCOLI E MILLANTATORI. CHIAMARLA MAFIA È UNA BUFALA” 2. “QUANDO TUTTI I GIORNALI TITOLANO ALLO STESSO MODO, DA ‘REPUBBLICA’ ALL’’AVVENIRE’ AL ‘MANIFESTO’, IN GENERE È UNA BUGGERATURA PER L’OPINIONE PUBBLICA” 3. MANCA LA CICCIA, CI SONO SOLO “BUCCE DI FORMAGGIO: CAMPI NOMADI, ATTACCHINI, VAGHI INTERESSI SUI RIFIUTI. LA PIOVRA ROMANA NON È UN INTRICO DI FAMIGLIE AFFILIATE, MA È CAPEGGIATA DA UN TIPO STRANO CHE FA I SUOI INCONTRI IN UNA POMPA DI BENZINA” 4. “GENOVA HA LA SUA BANCA CARIGE, MILANO L’EXPO E SESTO SAN GIOVANNI, VENEZIA IL MOSE. QUI È UNA STORIACCIA DI STROZZINI E LADRUNCOLI, SOTTOCULTURE DELLA DESTRA, ALL’OMBRA DEL SINDACO ALEMANNO E DEL SUO PERSONALE POLITICO RICICLATO 5. “TUTTO È GROTTESCO, FINO A MARINO CHE, MENTRE SI DIMETTEVANO IL SUO ASSESSORE ALLA CASA E IL SUO PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA, DICE “LE MAFIE MI OSTACOLANO”

Giuliano Ferrara per "il Foglio"

massimo carminati massimo carminati

 

Secondo me questa storia della cupola mafiosa a Roma è una bufala. Una supercazzola del tipo “Amici miei” (indimenticata commedia di Mario Monicelli, 1975) nella versione “camerati miei”.

 

Roma pullula come tutte le grandi città di associazioni per delinquere, e le risorse pubbliche, scarsine, sono appetite da piccoli medi e grandi interessi (questi ultimi in genere sono al riparo dalle inchieste): ladri, ladruncoli, millantatori, politicanti, funzionari corrotti e cialtroni vari sono un po’ dappertutto (Roma è il teatro degli Er Più de borgo, uomini d’onore all’amatriciana), ma trasformarli in una “mafia”, precisando che è “originale”, “senza affiliazione”, e farne un “sistema criminale” simile alla piovra, in un horror movie che si ricollega alla banda della Magliana, andata in pensione parecchi anni fa, è appunto una colossale bufala.

 

gianni alemanno 3gianni alemanno 3

Il mio è un pregiudizio. Sono dunque tenuto a darne conto con la dovizia di argomenti che i pregiudizi meritano. Leggerò le mille pagine della procura vistate dal gip che ha chiesto 37 arresti, perquisizioni e incriminazioni di tutto un mondo e sottomondo romano tra crimine, malversazione e politica trasversale “dest-sinist”. Ma lo farò con calma, perché c’è tutta una letteratura di riferimento che già parla da sola, e forse in modo più eloquente ancora delle famose “carte del processo”.

 

1. Intanto quelle pagine erano già state scritte in romanzi di cui sono autori magistrati della procura di Roma fattisi scrittori (Romanzo criminale del dottore De Cataldo), che si sono poi associati a giornalisti da sempre amici dei magistrati (Suburra, De Cataldo con Carlo Bonini), e che adesso si vedono riprodotto quasi alla lettera il loro lavoro “creativo” in indagini giudiziarie che dovrebbero essere un po’ meno “creative”, o meglio distinte dalle avventure della fiction.

CENA 2010 - GIULIANO POLETTI - FRANCO PANZIRONI - UMBERTO MARRONI - DANIELE OZZIMO - ANGELO MARRONI - SALVATORE BUZZI -GIANNI ALEMANNOCENA 2010 - GIULIANO POLETTI - FRANCO PANZIRONI - UMBERTO MARRONI - DANIELE OZZIMO - ANGELO MARRONI - SALVATORE BUZZI -GIANNI ALEMANNO

 

2. Intanto il dossier che condensa il tutto è stato letto per me, e ne hanno reso conto sui giornali, da legioni di cronisti giudiziari o “pistaroli”. Paginate e paginate che ieri erano l’ossatura dei grandi giornali e di quelli meno grandi, e in cui il racconto sugoso del “romanzo criminale” era schiacciato da titoli cubitali tutti uguali.

 

Dalla Repubblica al Giornale, dal Corriere fino al manifesto passando per la Stampa, perfino Avvenire, e naturalmente il Messaggero, la formula ieri era una sola e squillante: il titolo a replica multipla esprimeva il tutto della grande notizia che non ammette repliche: “Mafia, la cupola di Roma”.

 

Quando titolazione, testi pensiero sono unici ho sempre il sospetto che ci sia di mezzo una grossa buggeratura per l’opinione pubblica. Le paginate media-style desunte dal papello in base al quale il giudice per l’indagine preliminare ha agito, su istanza dei pubblici ministeri e del procuratore capo Giuseppe Pignatone, parlano di una lunga inchiesta che si è svolta principalmente origliando e trascrivendo telefonate. Il linguaggio come prova domina il nuovo brogliaccio giudiziario.

 

SALVATORE BUZZI SALVATORE BUZZI

E Roma è città millantatrice da un paio di millenni, e tutti i mezzani del crimine vero o presunto hanno la marzialesca ambizione di andare a mangiare in qualche ristorante dove una compiacente cimice dei carabinieri o della polizia o della finanza ti farà la cortesia di registrare la tua lingua grossa, le tue minacce, le tue ossessioni di controllo a distanza del potere; e ti userà questa cortesia promettendoti fama e ombra, ombra e fama, con una torsione della tua personalità che si spinge fino al letterario: “C’è il mondo dei vivi, quello dei morti, e poi il nostro mondo di mezzo”, dice il capo dei capi di questa mafia nerastra e nostrana. Tolkienismi da grande star.

 

odevaineodevaine

L’inchiesta si è sviluppata per almeno due anni in assenza di testimonianze o documentazioni incisive, o almeno non sono riportate confessioni, delazioni qualsivoglia che siano di un serio interesse ai fini della statuizione o dell’accertamento di fatti. Infine, e sopra tutto, l’indagine è approdata alle molliche di un patto criminale che ha cento suoi piccoli eventuali perché, ma nessun quid, nessuna ciccia. Ci sono scarti di bucce di formaggio rosicchiate dai topi, e per adesso nient’altro di serio.

 

Ho letto di un appalto per un ampliamento di un campo nomadi, di una “efficace” campagna di attacchinaggio comunale, di interessi vaghi sui rifiuti: roba da ridere. La fattispecie di reato è vastissima, e va da estorsione a corruzione passando per la turbativa d’asta, ma il contenuto puntuale del reato, la sua realtà materiale, non legittima l’idea di un centro affaristico e politico che abbia messo le mani sulla cassa del tesoro pubblico e sulla politica che la governa.

 

foto aerea mose venezia foto aerea mose venezia

Poi ho letto che il cuore direzionale della piovra romana non è un intrico di famiglie mafiose affiliate o iniziate, ma una fauna strana capeggiata da un tipo strano che si riuniva in un baretto di Vigna Stelluti, quartiere della zona nord della capitale, e (udite, vi prego, affinate l’orecchio) in una pompa di benzina dell’Eni di Corso Francia (stesso quartiere): gli affari della mafia, raccontano i pistaroli stessi che accreditano la tesi delle “mani mafiose sulla città”, si decidevano mentre venivano staccati, tra un pieno di diesel e l’altro, assegni di compensazione di prestiti usurari.

 

Insomma, la Corleone dei “cravattari” (si chiamano così a Roma coloro che prestano soldi a strozzo). Forse tutto questo è abbastanza per una delle solite retate nel mondo del delitto, ma non è un po’ poco per definire il contenuto di un patto mafioso corruttivo nella capitale del paese? Basta per buttarla decisamente in politica e sollevare un polverone che si vorrebbe agitare nel solco delle inchieste sui finanziamenti della politica a Milano nell’anno 1992-1993?

ignazio marinoignazio marino

 

Per stare a tempi recenti: Genova ha la sua Banca Carige, Milano ha avuto l’Expo e Sesto San Giovanni, Venezia ha avuto il Mose, a ciascuno il suo credibile in ogni altra regione, anche a Roma sono stati spesi bei soldi, ma tanti, per il Giubileo del 2000 e per le metropolitane e i cantieri dai tempi infiniti, e molto si spende in un campo minato come la sanità convenzionata.

 

Ma lo scandalo arriva come una storiaccia di sottoculture della destra, all’ombra del sindaco Alemanno e del suo personale politico riciclato (Alemanno ha sempre teorizzato apertamente la legittimità del riciclo dei bei tomi della destra sociale) trasversalmente combinato con personale politico della sinistra delle cooperative che intraprendono nel campo della solidarietà sociale cosiddetta e del Pd, il braccio destro di Veltroni e gente dell’amministrazione Marino: non è grottesco?

 

de cataldo de cataldo

Infatti questo patto è stato annunciato in modo appunto grottesco. Nasce come profezia pochi giorni fa, prima della retata “antimafiosa”. E’ annunciato come “scoperta imminente” dal capo degli investigatori, dottore Pignatone, in un convegno del Pd su Roma, non so se mi spiego (un povero pidiellino, tale Quarzo, ha protestato contro l’irritualità senza sapere che era finito nella lista degli indagati).

 

E il ministro dell’Interno, Alfano, ha subito dichiarato il suo pensiero, irritualmente calpestando la distinzione dei ruoli e dei poteri: “Questa è un’inchiesta solida”. Non so se mi spiego. E il sindaco della città ha subito detto: “Le mafie mi ostacolano”, mentre gli si dimettevano un assessore alla Casa e il presidente dell’Assemblea capitolina, “organo di indirizzo e di controllo amministrativo” di cui il sindaco fa parte. Non so se mi spiego.

romanzo criminale2romanzo criminale2

 

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