FONDI RUBATI AL VIMINALE - AVVISATE "IL GIORNALE" CHE C'E' UNA BELLA TELEFONATA TRA IL PREFETTO LA MOTTA CON ESPOSITO JR. - OGGETTO: UN INCONTRO COL PADRE!

1. FONDI DEL VIMINALE. CHIESTO L'INCIDENTE PROBATORIO PER IL BROKER ACCUSATORE - LA MOTTA: STRETTA DEI PM ROMANI SPUNTA TELEFONATA CON ESPOSITO JR
Simone Di Meo per "Il Sole 24 Ore"

Spinge sull'acceleratore, il pm romano Paolo Ielo, e nell'inchiesta sulla sparizione degli otto milioni di euro del Fondo per gli edifici di culto del Viminale decide di mettere subito al sicuro la deposizione del grande accusatore del Prefetto Franco La Motta, arrestato nel giugno scorso per peculato e falsità ideologica. Per questo, il magistrato ha chiesto al gip un incidente probatorio per il broker italo-svizzero Rocco Zullino, a sua volta ammanettato dalla Dda di Napoli perché sospettato di essere il riciclatore del potente clan camorristico dei Polverino.

La mossa di Ielo mira a cristallizzare davanti al giudice la ricostruzione tratteggiata dall'uomo d'affari riguardo alle presunte responsabilità dell'ex vicedirettore dei Servizi segreti civili nella gestione dei soldi del ministero dell'Interno così da poterla poi utilizzare eventualmente in dibattimento. È probabile che il pubblico ministero tema che Zullino possa risentire, in maniera diretta o indotta, di pressioni psicologiche così forti da compromettere la genuinità dei suoi racconti o che, addirittura, si possa prefigurare una situazione di violenza o minaccia ai suoi danni.

Il filone romano è infatti un affluente di un più articolato procedimento investigativo che i pm antimafia di Napoli stanno seguendo a proposito degli affari milionari del clan Polverino e delle "entrature" di questo negli ambienti istituzionali. A tal punto invasive ed efficaci, si legge nelle carte dell'inchiesta, da far cacciare il sostituto procuratore che, per primo, se ne stava interessando.

La Motta è indagato a piede libero anche a Napoli per rivelazione di segreto. Secondo i racconti del collaboratore di giustizia Roberto Perrone, imprenditore vicino alla cosca mafiosa di Marano, il prefetto avrebbe avvisato i boss dell'organizzazione criminale di indagini a loro carico e "sistemato le carte" (anche se il diretto interessato ha sempre smentito qualsiasi tipo di intervento di questo genere).

Per i magistrati di piazzale Clodio, dunque, è ancora particolarmente persistente il rischio che il procedimento sul Fec venga sabotato o danneggiato. Esigenza cautelare, quest'ultima, ravvisata anche dal gip Di Lauro che, al momento di firmare le ordinanze di custodia cautelare, aveva parlato di "aderenze di La Motta con appartenenti ad Apparati dello Stato" e di "più che concrete possibilità per lo stesso di inquinare le indagini".

Nelle carte dell'inchiesta romana sul Prefetto spunta anche il nome del pm milanese Ferdinando Esposito, figlio del presidente della Corte di Cassazione Antonio Esposito che, il 30 luglio scorso, ha confermato la condanna nel processo Mediaset a carico di Silvio Berlusconi. Ne parlano, in un'informativa, i carabinieri del Ros a proposito di un contatto telefonico che La Motta ha con il giovane pubblico ministero partenopeo, fotografato a cena con Nicole Minetti al tempo del Ruby-gate e prosciolto da ogni accusa disciplinare nel gennaio scorso.

La dinamica delle comunicazioni tra i due è abbastanza articolata, perché dapprima La Motta contatta Esposito jr sull'utenza a lui intestata, parlandoci giusto pochi secondi, poi il Prefetto - dopo un primo tentativo andato a vuoto - viene ricontattato a sua volta da una linea intestata al Provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria.

A parlare, in questo caso, dall'altro lato del telefono, annotano i carabinieri, è tale Ferdinando. A lui il prefetto chiede un appuntamento con il genitore per "pigliarmi un caffè" e "notiziarlo su alcune cose", ottenendone risposta affermativa ("va bene, non si preoccupi e poi la chiamo"). I controlli sui terminali delle Agenzie delle Entrate e sulle fonti aperte portano i carabinieri a identificare i due, padre e figlio, in Antonio e Ferdinando Esposito. Ovviamente, né l'uno né l'altro sono in alcun modo coinvolti nella vicenda processuale a carico dell'ex vicedirettore dell'Aisi.

Ai loro nomi i carabinieri arrivano monitorando il telefono di casa del Prefetto. Si tratta, con ogni evidenza, di conversazioni, seppur definite "ambigue" dal gip, che non hanno alcuna valenza probatoria, tant'è che lo stesso giudice delle indagini preliminari si premura di sottolineare l'"assenza di ulteriori comunicazioni" che possano "indurre anche solo a ipotizzare che il cercato contatto con la persona che si ipotizza essere consigliere di Cassazione sia andato a buon fine".

E non è tutto perché il contatto, prosegue ancora il giudice, "peraltro potrebbe essere legato non alle indagini in corso ma al conseguimento del prossimo incarico di cui La Motta fa cenno" nella telefonata intercettata sull'utenza intestata al Provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria da cui risponde Ferdinando.


2. ESPOSITO, CSM SPACCATO TRA TUTELA E PUNIZIONE - IL 5 SETTEMBRE SI DISCUTERÀ L'ESPOSTO CONTRO IL GIUDICE: CENSURA, AMMONIMENTO O ADDIRITTURA TRASFERIMENTO
Gianni Barbacetto per "il Fatto Quotidiano"

L'appuntamento è per il 5 settembre. Quel giorno è convocata la prima commissione del Csm: ordine del giorno, valutare i comportamenti del giudice Antonio Esposito, il presidente della sezione feriale della Cassazione che ha letto la sentenza di condanna definitiva di Silvio Berlusconi nel processo per frode fiscale sui diritti tv Mediaset.

Tre componenti "laici" del Csm (Nicolò Zanon, Filiberto Palumbo e Bartolomeo Romano, area Pdl) hanno firmato un esposto sostenendo che nell'intervista concessa da Esposito al Mattino era stata anticipata la motivazione della sentenza. Il comitato di presidenza del Csm l'ha subito passata alla prima commissione, competente per i procedimenti "paradisciplinari": quelli cioè in cui si giudicano comportamenti che non sono né illeciti penali, né disciplinari, ma "condotte incolpevoli", ossia inopportune. Il giudice nega di aver dato alcuna anticipazione delle motivazioni, ma solo spiegazioni in astratto del metodo di lavoro.

Poi nel testo pubblicato dal Mattino è stata aggiunta una domanda mai posta che ha tradito e inquinato il senso delle argomentazioni successive. Oltretutto, l'ordinamento giudiziario varato nel 2006 sanziona le dichiarazioni o le interviste su "affari in corso di trattazione", mentre il caso Mediaset è concluso.

In astratto, i sei membri della prima commissione, presieduta da Annibale Marini ("laico" di area An), hanno davanti tre strade. Potrebbero chiudere la vicenda con un niente di fatto, non rilevando alcun comportamento inopportuno. Oppure censurare la condotta del giudice, con un ammonimento (più difficile il trasferimento, per il quale è necessario dimostrare l'incompatibilità ambientale o funzionale: nei confronti di chi?).

La terza possibilità è quella di passare la pratica a un'altra commissione: quella disciplinare, che agisce come vero e proprio giudice in presenza di comportamenti ritenuti illeciti disciplinari. Ad attivarla, possono essere il ministro della Giustizia oppure il procuratore generale della Cassazione. Se il ministro Annamaria Cancellieri, che ha già incaricato i suoi ispettori di un approfondimento della questione, oppure il pg Gianfranco Ciani decideranno di mettere sotto procedimento Esposito, allora inizierà una sorta di "processo" disciplinare per valutare le sue responsabilità.

Intanto la prima commissione dovrà però occuparsi anche della "pratica a tutela" del giudice Esposito: è stato lo stesso magistrato a chiederla, con un esposto inviato al comitato di presidenza del Csm. "Il presidente della sezione feriale - conferma il vicepresidente del Csm Michele Vietti - ha chiesto al Csm di tutelarlo contro gli attacchi subiti in queste settimane". Di difenderlo dalla campagna di denigrazione, iniziata prima dell'intervista al Mattino, attuata soprattutto da quotidiani come ilGiornale e Libero, che dedicano ogni giorno pagine e pagine a Esposito.

In passato, il Csm ha aperto "pratiche a tutela" nei confronti di altri magistrati oggetto di attacchi, da Raimondo Mesiano (il giudice "dai calzini turchesi") a Ilda Boccassini, da Paolo Carfì a Fabio De Pasquale.

La difesa di Esposito dal fango mediatico e politico gira comunque al rallentatore. Il comitato di presidenza del Csm, presieduto da Vietti, ha passato la richiesta del giudice alla prima commissione che valuterà se procedere. Acceleratore schiacciato invece per il "processo" contro Esposito: quattro membri "laici" del Csm (Zanon, Palumbo, Romano ed Ettore Adalberto Albertoni, area Lega) hanno chiesto addirittura che la prima commissione si riunisse in agosto.

È stata mantenuta la data del 5 settembre, comunque in anticipo sul calendario dei lavori del Csm, che iniziano il 9 settembre. Quel giorno la commissione comincerà ad affrontare il "caso Esposito", acquisendo l'intervista al Mattino ed eventualmente chiedendo di avere la registrazione audio completa. Più difficile che quello stesso giorno discuta anche della "pratica a tutela". Il fango può attendere.

 

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