
GIORGIA HA UN PROBLEMA: SALVARE “LA ZARINA DI VIA ARENULA” – GIUSI BARTOLOZZI, CAPO DI GABINETTO DI CARLO NORDIO, IERI È STATA RICEVUTA DALLA MELONI A PALAZZO CHIGI, DOPO CHE LA DIRIGENTE È STATA INDAGATA PER IL CASO ALMASRI (COSÌ COME IL GUARDASIGILLI, PIANTEDOSI E MANTOVANO) CON L’ACCUSA DI “DICHIARAZIONI MENDACI” AL TRIBUNALE DEI MINISTRI – NORDIO PRETENDE CHE LA GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONI ESTENDA AL SUO CAPO DI GABINETTO L'IMMUNITÀ DI CUI GODE UN MINISTRO, PER EVITARE IL PROCESSO – SE “CADESSE” LA BORTOLOZZI SAREBBERO GUAI PER IL GOVERNO, CHE HA GESTISTO NEL PEGGIORE DEI MODI IL CASO DEL TORTURATORE LIBICO – LA DUCETTA TEME DI FAR PASSARE UN MESSAGGIO PERICOLOSO SUL FRONTE DEL CONSENSO: L’ESECUTIVO PROTEGGE I SUOI A COLPI DI “SCUDO”...
MELONI RICEVE LA DIRIGENTE POI IL DIKTAT DEL MINISTRO "DIFENDIAMOLA A OLTRANZA"
Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
Ieri mattina, prima di pranzo. Giusi Bartolozzi entra a Palazzo Chigi, senza farsi notare. Sale a piano nobile. Il colloquio non ha altri testimoni, ma fonti di via Arenula riferiscono: è lì per incontrare
Giorgia Meloni. È la seconda volta in meno di 24 ore, perché lunedì pomeriggio è stata ricevuta dalla presidente del Consiglio e da Alfredo Mantovano.
Non deve bussare, né farsi annunciare: da qualche settimana è l'anello debole – e dunque più sensibile – del governo. È la ragione per cui la premier, alla fine e senza nascondere qualche dubbio, dovrà dare ordine di difenderla. Almeno fin quando sarà possibile. Almeno finché non sarà troppo dannoso sul fronte del consenso insistere per estendere a un capo di gabinetto l'immunità di cui gode un ministro.
carlo nordio e il caso almasri
Qualche ora dopo, sempre a Palazzo Chigi. Stavolta dietro i vetri oscurati dell'auto blindata c'è Carlo Nordio. Non si vede, ma vuole farsi sentire. Il Guardasigilli ha urgente bisogno di confrontarsi con Mantovano. Vuole assicurarsi che il sottosegretario alla Presidenza - e ovviamente Meloni – facciano di tutto per difendere la magistrata.
[…] E d'altra parte, Bartolozzi è il suo braccio destro e sinistro. Talmente fidata (e dunque potente) da essere soprannominata "la ministra". Ecco perché Nordio ripete, e poi ripete ancora a tutti in queste ore: è stata leale e corretta, non può pagare per tutti.
GIORGIA MELONI E IL CASO ALMASRI - MEME BY FAWOLLO
C'è infatti un problema che assilla il ministro, nel giorno in cui diventa ufficiale lo status di indagata di Bartolozzi: fino a metà pomeriggio, i membri della destra in giunta per le autorizzazioni non hanno ancora ricevuto l'ordine di andare allo scontro con le toghe pur di "scudarla" con l'immunità.
Che nessuno pensi di combattere una battaglia che sia solo di facciata, è dunque il messaggio. Che nessuno pensi di potersi sfilare dalla lotta. Giusi non può cadere. Da giorni, a palazzo tutti attendevano solo l'ufficialità dell'indagine a carico della magistrata. Nessuna sorpresa, dunque. Neanche per Meloni.
La premier, come sempre in queste circostanze, sceglie di mostrarsi cauta. Considera l'indagine su Almasri un atto ostile contro il suo esecutivo, dunque sa che alla fine dovrà difendere anche Bartolozzi. Semmai, riferiscono fonti a lei vicine, teme di far passare un messaggio che potrebbe rivelarsi pericoloso sul fronte del consenso: quello di un esecutivo che protegge i suoi a colpi di voti parlamentari.
Anche perché nelle prossime settimane si vota, partendo dalle Marche in cui corre un candidato di Fratelli d'Italia: non è il momento di rischiare boomerang.
Eppure, come detto, Bartolozzi è talmente al centro delle scelte strategiche di questo esecutivo che la destra non potrà che difenderla. Con un obiettivo: allontanare il problema, spingendo in avanti il momento della verità. Pesa anche un elemento psicologico, in queste ore.
E risponde al nome di Matteo Renzi. È, paradossalmente, lo scudo più efficace per la magistrata: quanto più l'ex premier la attacca, tanto più a Palazzo Chigi cresce la voglia di difenderla.
INFORMATIVA DI MATTEO PIANTEDOSI E CARLO NORDIO ALLA CAMERA SUL CASO ALMASRI - FOTO LAPRESSE
Nemici comuni, alleanze di necessità. Buone a superare dubbi, resistenze, screzi. Perché Bartolozzi, di avversari interni, ne ha parecchi. E non solo a Palazzo Chigi, dove da tempo si discute delle sbavature attribuite alla magistrata nella gestione della vicenda (e dove Mantovano ha deciso di spostare la regia per gestire eventuali nuovi casi internazionali simili a quelli di Almasri).
C'è pure la macchina di via Arenula, che da mesi vive con fastidio gli avvicendamenti interni decretati dalla capo di gabinetto. E poi ancora il risentimento dei colleghi che lavorano negli altri ministeri, con cui Bartolozzi si interfaccia per la stesura dei provvedimenti. Eppure, alla fine dovranno difenderla. Tutti. Anche a costo di forzare la mano. […]
CASO ALMASRI, TRA CAVILLI, ISTRUTTORIE E PRECEDENTI IL GOVERNO CERCA UNA SCAPPATOIA
Estratto dell’articolo di Francesco Malfetano per “La Stampa”
«Li stavamo aspettando». A Palazzo Chigi e a via Arenula lo ripetono con un mezzo sorriso, per ostentare calma. Ma il caso Giusi Bartolozzi, capo di Gabinetto di Carlo Nordio, agita i corridoi governativi più di quanto trapeli.
Le accuse di «dichiarazioni mendaci» davanti al Tribunale dei ministri per l’inchiesta Almasri – ora oggetto di un’indagine della Procura di Roma – rischiano infatti di trasformarsi in un detonatore capace di investire il cuore dell’esecutivo.
La sequenza delle ultime ore racconta bene lo stato d’animo del governo. Lunedì, quando con ogni probabilità Bartolozzi era già a conoscenza dell’inchiesta, l’ex deputata FI ha bussato al portone di piazza Colonna. Lì avrebbe incontrato i due sottosegretari della premier – Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano – o forse la stessa Giorgia Meloni.
Raccontano che l’incontro sia stato teso ma non drammatico. Alla fine, l’ex deputata di Forza Italia avrebbe incassato rassicurazioni legate più al garantismo ostentato da questo governo che all’amore che lega i vertici e Bartolozzi. Forse è meno di quanto si aspettasse la Capo di Gabinetto, ma senza dubbio è abbastanza per restare al proprio posto.
ALFREDO MANTOVANO E GIORGIA MELONI - FOTO LAPRESSE
Almeno per chi si è guadagnata il soprannome di “zarina” di via Arenula per il potere accumulato negli ultimi anni. O anche di “scatola nera” del ministro Nordio, per il ruolo di ombra recitato fin qui. Eppure la solidarietà dei vertici del governo resta solo privata. Il sostegno politico solo sussurrato. La strategia di difesa, infine, tutta da verificare.
Non è un caso che il filo rosso tra Chigi e il Guardasigilli continui a srotolarsi per tutta la giornata di ieri. A via Arenula c’è anche chi teme il peggio, che Meloni possa «recidere il cordone». Nordio lascia quindi trapelare di aver incontrato la Bartolozzi in mattinata confermandole la propria fiducia. La blinda.
EMPORIO ALMASRI - MEME BY 50 SFUMATURE DI CATTIVERIA
[...] Il sostegno della premier e del suo cerchio magico c’è, ma viene definito «a tempo», legato cioè a un «punto critico» che nessuno vuole nominare ma che tutti intuiscono: l’eventuale rinvio a giudizio. Perché se Bartolozzi finisse davvero a processo, con il rischio di vedere Nordio, Mantovano e Matteo Piantedosi sfilare come testimoni, l’abbraccio politico rischierebbe di trasformarsi in zavorra.
È questo lo scenario che Meloni vuole evitare. I tempi della giustizia sarebbero probabilmente lunghi, oltre la legislatura, ma la premier teme accelerazioni della magistratura.
Non a caso, nelle ultime ore i tecnici della maggioranza hanno setacciato cavilli e precedenti utili a tutelare la posizione della capo di Gabinetto. Con un obiettivo preciso: agganciare il destino di Bartolozzi al procedimento davanti al Tribunale dei ministri che riguarda Nordio, Mantovano e Piantedosi. Se è vero che non sarà lo scudo ministeriale a “salvare” Bartolozzi, lo è pure che può limitare i danni. Un’operazione giuridica complicata – perché lo scudo copre solo i reati concorrenti e non quelli connessi – ma politicamente preziosa.
A sera la tempesta si placa, ma la partita non è chiusa. Sottotraccia prosegue la giostra di incontri e contatti che oltre a Palazzo Chigi, Bartolozzi, Nordio e gli altri protagonisti della vicenda, coinvolgono Giulia Bongiorno e la prima linea di FdI, chiamata a gestire la patata bollente a Montecitorio.
Il primo banco di prova è già fissato. Oggi la Giunta per le autorizzazioni della Camera inizierà l’esame della richiesta a procedere, con l’intenzione di portare in Aula il parere entro la fine del mese.
Il voto è scontato, ma il centrodestra userà ogni passaggio per rafforzare la difesa della funzionaria. Perché in questo gioco di specchi, ogni mossa su Bartolozzi rischia di riflettersi sulla stessa premier. Si ragiona sulla richiesta di un accesso agli atti alla Procura, ma anche di un’istruttoria.
A sera una ricetta vincente non pare ancora essere stata individuata. La certezza è una sola. Il governo non vuole lasciare il pallino dell’iniziativa nelle mani dei magistrati. A meno di sorprese, alla ripresa dei lavori sulla separazione delle carriere di oggi in Commissione, il centrodestra dirà no a eventuali richieste di nuove audizioni.
GIORGIA MELONI - VIGNETTA BY MANNELLI SUL FATTO QUOTIDIANO
L’obiettivo è accelerare. Alla conferenza dei capigruppo di Montecitorio successiva, maggioranza e governo chiederanno di portare il provvedimento in Aula già la prossima settimana. Non a inizio mese, come si pensava fino a lunedì.
Dopo il via libera, la palla passerà al Senato per l’ultimo ok prima del referendum con cui il governo ha in mente di trainare la campagna elettorale per il voto del 2027. E c’è già una data cerchiata in rosso sul calendario: il 22 ottobre, terzo anniversario del giuramento del governo. Il giorno in cui Meloni sogna di rivendicare la sua riforma identitaria, nonostante la mina pronta a esplodere sotto la scrivania del Guardasigilli.
INFORMATIVA DI MATTEO PIANTEDOSI E CARLO NORDIO ALLA CAMERA SUL CASO ALMASRI - FOTO LAPRESSE.
LA DIFESA DI ALMASRI BY CARLO NORDIO - MEME BY 50 SFUMATURE DI CATTIVERIA
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