matteo renzi marziano martian

QUI LO DICO E QUI LO EGO - GRAMELLINI: ''UN TEMPO L’EGO ARROVENTATO ERA UN PREREQUISITO PER ENTRARE IN POLITICA. ORA LO È DIVENTATO PER NON USCIRNE. TRA DI MAIO, SALVINI, BERLUSCONI, RENZI E CASAL-EGO, GENTILONI PREMIER A VITA'' - TONDELLI: ''RENZI, IL SEGRETARIO DIMISSIONARIO DI UN PARTITO ALLO SBANDO CHE AVEVA PROMESSO 2 ANNI DI SILENZIO È APPARSO SU RAI1. NON ERA SEMPLICE FAR SEMBRARE DI MAIO E FICO, PER CONTRASTO, DUE STATISTI''

1. EGO PER EGO

Massimo Gramellini per il ''Corriere della Sera''

 

DI MAIO RENZI

Di Maio accusa Matt-ego Renzi di avere un ego smisurato. Renzi non ha potuto rispondergli perché era impegnato a farsi un selfie davanti allo specchio. Eppure, quanto a ego, non scherza neanche il capo di Raggi di Sole e tutte le altre Stelle, che pretende di sottoporre contratti a chiunque senza allearsi con nessuno: al potere vuole andarci da solo, con gli amici della Casal-ego Associati.

 

Poi c’è l’ego a lunga conservazione di chi, in un raro sprazzo di umiltà, prima di entrare in politica commissionò a una sua rivista il seguente sondaggio: è più popolare Berlusconi o Gesù Bambino? Gesù Bambino si dovette accontentare della vicepresidenza, lo stesso ruolo a cui adesso Matt-ego Salvini vorrebbe relegare lui. Il leader della L-ego, un apostrofo verde tra le parole m’amo, ha postato ieri su Facebook la carta del due di picche per illustrare l’alta considerazione in cui tiene gli avversari, alleati compresi.

 

Renzi da Fazio

Un tempo l’ego arroventato era un prerequisito per entrare in politica. Ora lo è diventato per non uscirne. Appaio più indispensabile se minaccio di andare alle elezioni per avere il governo o se minaccio di andare al governo per avere le elezioni? Se resto zitto e li lascio parlare di me o se ricomincio a parlare di me proprio quando si erano illusi che restassi zitto? Però l’algebra politica ha regole ferree: Casal-ego per Silvi-ego diviso Matt-ego al quadrato uguale Gentiloni premier a vita. Qui lo dico e qui lo ego.

 

Renzi da Fazio

 

2. MATTEO, BASTA

Leonardo Tondelli per www.thevision.it

 

E dunque Matteo Renzi – quello che si era dimesso da segretario del PD, dopo la batosta elettorale – era in prima serata su Rai 1, intervistato da Fabio Fazio. Matteo Renzi, che in teoria nel suo partito non ricopre più nessun incarico, a Fabio Fazio non ha raccontato le sue avventure di senatore del collegio di Scandicci, ma ha spiegato che un confronto con Di Maio lo farebbe con lo streaming.

 

Poche ore prima, sul Corriere, lo stesso Di Maio aveva pubblicato una letterina-ultimatum in cui i punti salienti di un eventuale accordo si leggevano con chiarezza: reintroduzione dell’articolo 18, assunzione di 10mila nuovi agenti di polizia, ridiscussione del trattato di Dublino, del Fiscal Compact, eccetera eccetera. Proposte senz’altro discutibili, probabilmente non tutte attuabili, ma in un qualche modo concrete.

 

Renzi da Fazio

Matteo Renzi non le ha discusse: Matteo Renzi ha spiegato che gli piacerebbe di nuovo fare il gioco dello streaming. Quella deriva da reality show per cui, giustamente, una volta si ironizzava sui Cinque Stelle. E infatti loro hanno smesso: adesso hanno un altro tono, mettono proposte nero su bianco, insomma a loro modo stanno crescendo. Matteo Renzi invece vuole lo streaming. Probabilmente ha già preparato qualche frase memorabile, qualcosa di immediatamente hashtaggabile, come “Beppe esci da questo blog!” Forse ve lo ricordate. Forse no.

 

Però continuiamo pure a fare ironia sul Movimento 5 Stelle perché è un partito che nasconde dietro gli streaming una struttura di potere sostanzialmente opaca. Mica come il Pd, un partito che elegge i suoi rappresentanti in modo autenticamente democratico.

 

Ma insomma, Matteo Renzi – quello che un mese fa aveva detto che sarebbe rimasto zitto per due anni – è andato in prima serata e in sostanza ha fatto a pezzi qualsiasi speranza di un accordo tra M5S e Pd. Certo, la decisione non spetta a lui, ma al massimo alla direzione del partito, che si deve ancora democraticamente riunire perché è gente che lavora e doveva organizzarsi per il ponte (così ha spiegato il presidente del Pd, Orfini).

 

Fico e di maio

In realtà la direzione avrebbe dovuto riunirsi più di una settimana fa, ma i renziani hanno fatto democraticamente saltare l’appuntamento non si sa bene perché: si sa solo che il senatore Matteo Renzi ha chiesto al reggente Martina di farla posticipare. Tutto questo accade forse perché Matteo Renzi pensa che dopo aver detto no a Fico e Di Maio non si potrà che tornare alle urne: e nelle urne lui non sa cosa potrebbe succedere. Perlomeno, a Fazio ha spiegato così.

 

Ovvero, di sondaggi ne sono stati pubblicati parecchi, e benché sia necessario sempre premettere che in Italia non ci beccano mai, bisogna dire che sono tutti concordi su un fatto: Lega e M5S stanno crescendo, anche se litigano. L’unico momento in cui il M5S è apparso in flessione è quando per un attimo è sembrato credibile un accordo di governo con il Pd. I sondaggi sono concordi, ma il senatore di Scandicci Renzi non è così sicuro. Magari se si rivota a ottobre vince lui, o magari non va così male come l’ultima volta. Cosa ha da perdere in fondo, riproviamo.

 

 

Nel frattempo si va avanti a canzonare il M5S, continuando a prospettarlo come un movimento guidato da improvvisatori che non capiscono quanto sia grave la situazione, quanto sia pericoloso rimanere in questo orizzonte di instabilità.

 

 

Matteo Renzi, probabilmente a titolo personale, ci ha spiegato che tutto questo non sarebbe successo se gli italiani non gli avessero ammazzato la riforma costituzionale col referendum: ed effettivamente ora avremmo 21 sindaci in Senato, il Cnel sarebbe stato chiuso, le province sarebbero state cancellate dal testo costituzionale, e poi?

LUIGI DI MAIO ROBERTO FICO

 

Matteo Renzi ci ha spiegato per l’ennesima volta che secondo lui bisognerebbe eleggere un governo come si eleggono i sindaci: col ballottaggio. In una sola affermazione in sostanza Renzi ha dimostrato:

 

Che non ha ancora smesso di rimproverare gli italiani per non aver capito il referendum del 4 dicembre del 2016;

 

Che insiste a confondere la riforma costituzionale (che non prevedeva il ballottaggio) con la legge elettorale, l’Italicum, che non gli è stata bocciata dagli italiani col No al referendum, ma dalla Corte Costituzionale;

 

Che non ha ancora capito che se la Corte Costituzionale si è pronunciata, c’era qualcosa di profondamente sbagliato nell’Italicum; che se la tua idea di democrazia è attribuire un cospicuo premio di maggioranza a chi vince un ballottaggio a livello nazionale, la tua idea di democrazia è il presidenzialismo; e non ci sarebbe neanche niente di male: salvo che l’Italia è una repubblica parlamentare. Può una repubblica parlamentare diventare presidenziale? Alla Francia per esempio con De Gaulle è successo, ma c’è voluto un mezzo colpo di Stato.

RENZI BOSCHI

 

Non è che puoi semplicemente introdurre la cosa con una legge elettorale e lamentarti perché gli italiani non ti capiscono. In questo caso, più che gli italiani, sono stati i giudici della Consulta: Matteo Renzi, in tv, finge di non essersene accorto. Matteo Renzi, in prima serata, se ne va due anni dopo a spiegare che secondo lui bisognerebbe eleggere il Sindaco d’Italia. Matteo Renzi, segretario dimissionario di un partito allo sbando, rifiuta di capire che in Italia il Presidente del Consiglio, e il Consiglio intero, lo nomina il Presidente della Repubblica, e che questa semplice cosa non se l’è inventata un D’Alema cattivo, ma sta scritta nella Costituzione. È l’articolo 92: non era tra quelli toccati dalla riforma Boschi.

 

Però diciamo pure che i grillini non capiscono la Costituzione, loro: volevano introdurre il vincolo di mandato! Invece Renzi, in tv, dopo aver perso le elezioni, ci ha spiegato in prima serata che il Pd non può entrare in un governo perché il governo lo devono fare i partiti che vincono. Il che ci costringe a rileggere tutta la storia della repubblica italiana sotto una luce diversa: com’è possibile che il Partito Liberale entrasse nelle maggioranze col 3% mentre il Partito Comunista restava fuori col 30%? O non avevano capito come funzionava la democrazia parlamentare, o non lo ha capito Matteo Renzi.

d alema boschi renzi dalema

 

È un vero peccato che non fosse già in circolazione ai tempi per insegnare il mestiere a De Gasperi, ad Aldo Moro. Nel frattempo i suoi sostenitori si sbracciano su Twitter con l’hashtag #SenzaDiMe. Non solo i semplici attivisti: anche sottosegretari. Durante una complessa trattativa per formare un governo, lanciano gli hashtag. Ma prendiamocela pure con il M5S perché tutte le proposte le vuole far votare mediante quella buffa piattaforma Rousseau.

 

 

Ironizziamo su di loro anche perché Fico si ostina ad andare a piedi invece che in auto blu; certo, Renzi quando andò al governo le auto blu le vendeva su eBay. Denunciamo ad alta voce il pericolo che costituisce per la democrazia un partito-azienda gestito da una srl, senza nessuna garanzia di democrazia interna: un partito che fornisce ai suoi adepti un kit di attrezzi e appena sgarranno li epura senza pietà, sicché è sempre rimasto saldamente in mano alla famiglia che lo ha fondato. Come si fa ad allearsi con un partito del genere, si domanda Matteo Renzi, che nel 2014 formò un governo con Forza Italia, il partito-azienda di Silvio Berlusconi?

 

matteo renzi dopo il referendum

Può darsi che al Pd non convenga davvero sostenere un governo col M5S. Può darsi che finirebbe in breve per ritrovarsi come il partner più ragionevole di una coppia instabile: quello che cerca di far quadrare i conti, di prevenire i casini, e quando non ci riesce deve prendersi tutte le responsabilità.

 

Fino a qualche settimana fa ne ero convinto. Ma hashtag dopo hashtag, teatrino dopo teatrino, onestamente comincio a chiedermi se il Pd sarebbe davvero, in una coppia del genere, il partner più ragionevole. Un partito che si ostina a farsi dettare la linea, in tv, da un segretario dimissionario che continua a levarsi, in tv, i sassolini di una campagna referendaria che ha perso ormai due anni fa. Non era semplice far sembrare Di Maio e Fico, per contrasto, due statisti. Non era semplice, ma qualcuno si sta davvero impegnando.

matteo renzi dopo il referendum

 

 

Ultimi Dagoreport

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...

antonio tajani edmondo cirielli

ALTRO CHE GOVERNO COESO: È GUERRA APERTA IN CASA! – IL PIÙ INCAZZATO PER L’INVESTITURA DI EDMONDO CIRIELLI A CANDIDATO DEL CENTRODESTRA IN CAMPANIA È ANTONIO TAJANI. IL SEGRETARIO DI FORZA ITALIA CONSERVA UN’ANTICA ANTIPATIA (RICAMBIATA) CON IL SUO VICEMINISTRO – E IL SEGRETARIO REGIONALE AZZURRO, FULVIO MARTUSCIELLO, MINACCIA GLI ALLEATI: “PRIMA ANCORA DI SEDERCI AL TAVOLO CON EDMONDO CIRIELLI, DEVE CHIEDERE SCUSA PER GLI INSULTI RIVOLTI A SILVIO BERLUSCONI E RIPORTATI NEL LIBRO ‘FRATELLI DI CHAT’” – TAJANI TEME CHE, CON CIRIELLI CANDIDATO, FDI SCAVALCHI, E DI PARECCHIO, FORZA ITALIA IN CAMPANIA, STORICO FEUDO AZZURRO...

tridico giuseppe conte matteo salvini occhiuto giorgia meloni calabria fico antonio tajani

DAGOREPORT! IN CALABRIA, COME NELLE MARCHE, SI REGISTRA LA SCONFITTA DI GIUSEPPE CONTE: HA VOLUTO FORTISSIMAMENTE LA CANDIDATURA DI PASQUALINO TRIDICO CHE NON HA PORTATO CONSENSI NÉ AL CAMPOLARGO, NÉ TANTOMENO AL M5S CHE HA PRESO GLI STESSI VOTI DEL 2021 - LA DUCETTA ROSICA PERCHÉ FRATELLI D’ITALIA HA UN TERZO DEI VOTI DI FORZA ITALIA, CHE CON LA LISTA OCCHIUTO ARRIVA FINO AL 30% - LA SORPRESA È LA CRESCITA DELLA LEGA, CHE PASSA DALL’8,3 AL 9,4%: MOLTI CALABRESI HANNO VOLUTO DARE UN PREMIO A SALVINI CHE SI È BATTUTO PER IL PONTE SULLO STRETTO - ORA LA BASE DEI 5STELLE E' IN SUBBUGLIO, NON AVENDO MAI DIGERITO L'ALLEANZA COL PD - LA PROVA DEL FUOCO E' ATTESA IN CAMPANIA DOVE IL CANDIDATO CHE CONTE HA IMPOSTO A ELLY E DE LUCA, ROBERTO FICO, NON PARE COSI' GRADITO AGLI ELETTORI DEL CENTROSINISTRA...    

giuseppe marotta giovanni carnevali

DAGOREPORT! GIUSEPPE MAROTTA STRINGE ANCORA PIÙ LE MANI SULLA FIGC. IN SETTIMANA SI VOTA LA SOSTITUZIONE NEL CONSIGLIO FEDERALE DI FRANCESCO CALVO, EX MARITO DI DENIZ AKALIN ATTUALE COMPAGNA DI ANDREA AGNELLI, E IL PRESIDENTE DELL’INTER STA BRIGANDO PER PORTARE AL SUO POSTO IL SODALE, NONCHÉ TESTIMONE DI NOZZE, GIOVANNI CARNEVALI, AD DEL SASSUOLO (MA C'E' ANCHE L'IDEA CHIELLINI) - IN CONSIGLIO FEDERALE SIEDEREBBERO COSÌ MAROTTA, CARNEVALI E CAMPOCCIA, IN QUOTA UDINESE MA LA CUI FEDE INTERISTA È NOTA A TUTTI. MILAN, JUVENTUS, NAPOLI E LE ROMANE RIMARREBBERO CON UN PALMO DI NASO…

giorgia meloni pro palestina manifestazione sciopero

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI QUESTA VOLTA SBAGLIA: SBEFFEGGIARE LA MANIFESTAZIONE PRO PALESTINA È UN ERRORE DI CALCOLO POLITICO. IN PIAZZA NON C’ERANO SOLO I SOLITI VECCHI COMUNISTI IPER-SINDACALIZZATI O I FANCAZZISTI DEL “WEEKEND LUNGO”. TRE MILIONI DI PERSONE CHE IN TRE GIORNI HANNO SFILATO E MANIFESTATO, NON SI POSSONO IGNORARE O BOLLARE COME "DELINQUENTI", COME FA SALVINI. ANCHE PERCHÉ SEI ITALIANI SU DIECI SONO SOLIDALI CON IL POPOLO PALESTINESE – LA DUCETTA È LA SOLITA CAMALEONTE: IN EUROPA FA LA DEMOCRISTIANA, TIENE I CONTI IN ORDINE, APPOGGIA L’UCRAINA E SCHIFA I SUOI ALLEATI FILORUSSI (COME IL RUMENO SIMION, A CUI NON RISPONDE PIÙ IL TELEFONO). MA QUANDO SI TRATTA DI ISRAELE, PERDE LA PAROLA…