NON DITE AL BANANA CHE A TANTI, TANTI PEONES COL MUTUO DA PAGARE LA VOGLIA DI TORNARE AL VOTO E PERDERE LA CUCCAGNA DELLO STIPENDIO E’ PARI ALLO ZERO

Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"

È stata la più lunga e angosciosa domenica che si ricordi nei ranghi del Pdl (o di Forza Italia, se volete). La mattina fila via nei silenzi di quasi tutti i parlamentari. I telefonini cellulari spenti e riaccesi solo per spedire sms di puro terrore. «Quagliariello ce lo aspettavamo, la Lorenzin no. Non provi a chiamarmi, tanto non posso risponderle», scrive un povero disgraziato a mezzogiorno.

Da Napoli arrivano le immagini di una torta di compleanno dedicata a Berlusconi, intorno alla quale sorridono inspiegabilmente allegri e spensierati la Carfagna e Nitto Palma (anche se a Nitto Palma, istintivamente, il sorriso ad un certo punto si tramuta in un brutto ghigno). Un'ora dopo, un lancio dell'agenzia Italpress annuncia che un terzo ministro del partito, Maurizio Lupi, prende le distanze dai «cattivi consiglieri» del Cavaliere.

Riepilogando: Cicchitto gonfio d'ira già sabato sera. Poi le polemiche dimissioni con cui Quagliariello spiega di non avere alcuna intenzione di restare in un partito che assomiglia a Lotta Continua. Quindi la Lorenzin, giovane e brava, una carriera seguendo Berlusconi, dal tredicesimo municipio di Roma al Campidoglio, ma pure lei via, fuori dal partito che l'ha cresciuta politicamente fino a farla diventare ministro della Salute. Lupi, il cattolico Lupi, in qualche modo, che chiude il cerchio.

Qualcuno comincia a rispondere al telefonino.
«Premesso che Letta ha commesso alcune sciocchezze, accelerando così la crisi...» (questa è la voce del senatore Andrea Augello, 52 anni, da ragazzo già nel Msi e poi sindacalista, a Fiuggi per fondare An, la politica intesa come una cosa seria).

Premesso questo?
«Sono d'accordo con Cicchitto, con Lupi... non è possibile gestire una crisi di governo così, mettendosi lì, a cena, in tre, quattro...».

Continui.
«C'erano passaggi obbligati: avrebbero dovuto convocare i capigruppo, chiamare Alfano... Non si precipita in una scena drammatica solo perché due si alzano e dicono: facciamo dimettere tutti i ministri. Non è possibile. In queste ore abbiamo avuto la prova di quanti limiti abbia questo modello di partito».

Quindi? Che può succedere? Lo smottamento può...
«Smottamento? Aspettiamo che si riuniscano i gruppi. Non diamo per scontato alcun finale».

Aspettiamo, ma intanto nel partito, fino a poche ore fa muto, incerto, impaurito, cominciano a rimbombare i primi commenti ufficiali, e sono ruvidi, taglienti, non scontati. Sentite il senatore Francesco Colucci: «La storia di Berlusconi è la storia dell'Italia moderata. Alfano e i ministri ne prendano in mano la bandiera». E sentite anche Maurizio Sacconi, di vecchia osservanza socialista, abituato alle liturgie dei partiti classici, e quindi sorpreso, amareggiato: «Moltissimi militanti non condividono la deriva estremista del Pdl scatenata dai cattivi consiglieri di Berlusconi».

Gira voce che Alberto Giorgetti si sia dimesso da sottosegretario chiedendo però minacciosamente un immediato chiarimento ad Alfano. L'altro sottosegretario, il catanese Giuseppe Castiglione, tace, avendo già parlato esplicitamente in un «fuorionda» catturato dalla trasmissione «Piazzapulita».

«È chiaro che qui le elezioni non le vuole nessuno. C'è un gruppo di senatori a me più vicini, tra i quali Gibbino, Torrisi e Pagano, pronti a non seguire Berlusconi se si apre la crisi... nessuno vuole tornare a casa».

Chi vuole restare in Parlamento, chi parla del proprio mutuo. Come Antonio Razzi, voltagabbana di straordinario talento, che torna a riparlarne - non casualmente - proprio in queste ore, e non si capisce se sia una minaccia: nel settembre del 2010 denunciò la compravendita dei deputati da parte del Pdl, dichiarando che a lui, all'epoca nell'Italia dei Valori, era stato proposta l'estinzione di tutte le rate; tre mesi dopo lasciò Di Pietro per poter votare contro la sfiducia al Cavaliere; adesso siede a Palazzo Madama nei banchi del Pdl ma sembra che sul groppone gli siano però rimaste ancora parecchie rate. «Ognuno - chiude il discorso - ha qualche guaio da risolvere».

Va bene: forse è meglio avvertire Verdini, ditegli che cominci a contare i suoi, qualcuno ha cominciato a mettersi in fila per andarsene. Dicono che stia contando anche Quagliariello. E Lupi avrebbe già una lista di parlamentari d'area ciellinformigoniana (da settimane, noto, un certo disagio di Eugenia Roccella).
«Si fidi. Certo che si stanno contando» (Giorgio Stracquadanio, ex parlamentare Pdl, ex falco berlusconiano, ma sempre in Transatlantico, osservatore attento, furbo, spregiudicato).

Lei che ne sa?
«Ragioni. E osservi la sequenza delle dimissioni dei ministri: prima Quagliariello, poi la Lorenzin, infine Lupi. È chiaro che si sono messi d'accordo. E da tempo».

Sia più chiaro.
«Tutti avevano capito che il Cavaliere si muoveva spinto dal panico di poter finire in galera, e consigliato male da chi sappiamo: così è stata preparata una rete di sicurezza per questo governo Letta, che poi verrà chiamato Letta bis. Cesa, del resto, da giorni ha annunciato che il gruppo dell'Udc chiuderà per dare vita ai "Popolari per l'Europa", il contenitore su misura per i pezzi che arriveranno, appunto, dal Pdl».

Quanti ne arriveranno?
«Stima complicata. Ma direi che una ventina, al Senato, sono già in lista».
Insomma i discorsi sono questi, e anche, più o meno, i numeri (pure il senatore Paolo Naccarato di Gal - gruppo di berluscones voluto esplicitamente dal Cavaliere - ripete senza indugi: «Il disagio attanaglia, da mesi, decine di parlamentari del Pdl. A questo punto, sono certo che molti, ormai soli con le loro coscienze innanzi al Paese, preferiranno scegliere un'altra strada»).

Inevitabile fare uno squillo al leggendario Domenico Scilipoti.
«Ah! È lei... grazie di avermi chiamato, grazie...».

Senatore Scilipoti, lei che fa? Resta con Berlusconi oppure...
«Guardi, lo dico con il cuore: ci deve illuminare a tutti lo Spirito Santo...».

 

lorenzin TORTA DI COMPLEANNO PER BERLUSCONI NITTO PALMA CARFAGNA TORTA DI COMPLEANNO PER BERLUSCONI NITTO PALMA CARFAGNA Andrea Augello Maurizio Sacconi ANTONIO RAZZI CON LO STAFF DI KIM JONG UN IN COREA DEL NORDScilipoti saluta le masse

Ultimi Dagoreport

ali larijani khamenei vladimir putin xi jinping

A TEHERAN QUALCOSA STA CAMBIANDO – SI NOTANO CURIOSI MOVIMENTI NEL SISTEMA DI POTERE IRANIANO: MENTRE RICOMPAIONO VECCHI VOLPONI COME ALI LARIJANI, STA NASCENDO UN NUOVO CENTRO DECISIONALE NON UFFICIALE, A GUIDARE LE MOSSE PIÙ DELICATE DEL REGIME. I PASDARAN PERDONO QUOTA (LA LORO STRATEGIA È FALLITA DI FRONTE ALL’ANNIENTAMENTO DI HEZBOLLAH, HAMAS E ASSAD), AVANZA UN “CONSIGLIO OMBRA” DI TRANSIZIONE, CON IL CONSENSO DI KHAMENEI – “L’ASSE DEL MALE” CON RUSSIA E CINA PROSPERA: TEHERAN HA BISOGNO DELLE ARMI DI PUTIN E DEI SOLDI DI XI JINPING. ALLA FACCIA DI TRUMP, CHE VOLEVA RIAPRIRE IL NEGOZIATO SUL NUCLEARE…

matteo salvini luca zaia giorgia meloni

DAGOREPORT – COSA SI SONO DETTI GIORGIA MELONI E LUCA ZAIA NELL'INCONTRO A PALAZZO CHIGI, TRE SETTIMANE FA? - TOLTA SUBITO DI MEZZO L'IDEA (DI SALVINI) DI UN POSTO DI MINISTRO, LA DUCETTA HA PROVATO A CONVINCERE IL “DOGE” A PRESENTARE UNA SUA LISTA ALLE REGIONALI IN VENETO MA APPOGGIANDO IL CANDIDATO DEL CENTRODESTRA (ANCORA DA INDIVIDUARE) - MA TRA UNA CHIACCHIERA E L'ALTRA, MELONI HA FATTO CAPIRE CHE CONSIDERA ZAIA IL MIGLIOR LEADER POSSIBILE DELLA LEGA, AL POSTO DI UN SALVINI OSTAGGIO DELLE MATTANE DI VANNACCI – UN CAMBIO DI VERTICE NEL CARROCCIO EVOCATO NELLA SPERANZA CHE IL GOVERNATORE ABBOCCHI ALL’AMO...

elly schlein giorgia meloni beppe sala ignazio la russa maurizio lupi marcello viola

DAGOREPORT - NESSUNO VUOLE LE DIMISSIONI DI BEPPE SALA: DA SINISTRA A DESTRA, NESSUN PARTITO HA PRONTO UN CANDIDATO E TRA POCHI MESI A MILANO COMINCIANO LE OLIMPIADI MILANO-CORTINA – MA SALA VUOLE MANIFESTARE ALL'OPINIONE PUBBLICA UNO SCATTO DI DIGNITÀ, UN GRIDO DI ONESTÀ, UNA REAZIONE D'ORGOGLIO CHE NON LO FACCIA SEMBRARE  ''LU CIUCCIO 'MIEZZO A LI SUONI'' - L’UNICO A CHIEDERE IL PASSO INDIETRO DEL SINDACO È IGNAZIO LA RUSSA, CHE INVECE UN CANDIDATO CE L’HA ECCOME: MAURIZIO LUPI. METTENDO SOTTO LA SUA ALA IL PARTITO DI LUPI, "NOI MODERATI", ‘GNAZIO SOGNA IL FILOTTO: CONQUISTARE SUBITO IL COMUNE DI MILANO E NEL 2028 LA REGIONE LOMBARDIA – MOLTO DELL’INCHIESTA SULL’URBANISTICA DIPENDERÀ DALLA DECISIONE DEL GIP, PREVISTA PER MERCOLEDI': SE IL GIUDICE NON ACCOGLIERÀ LE RICHIESTE DEI PM (CARCERE O DOMICILIARI PER GLI INDAGATI), LA BUFERA PERDERÀ FORZA. VICEVERSA…

ravello greta garbo humphrey bogart truman capote

DAGOREPORT: RAVELLO NIGHTS! LE TROMBATE ETERO DI GRETA GARBO, LE VACANZE LESBO DI VIRGINIA WOOLF, RICHARD WAGNER CHE S'INVENTA IL “PARSIFAL'', D.H. LAWRENCE CHE BUTTA GIU’ L'INCANDESCENTE “L’AMANTE DI LADY CHATTERLEY’’, I BAGORDI DI GORE VIDAL, JACKIE KENNEDY E GIANNI AGNELLI - UN DELIRIO ASSOLUTO CHE TOCCO’ IL CLIMAX NEL 1953 DURANTE LE RIPRESE DE “IL TESORO D’AFRICA” DI JOHN HUSTON, SCENEGGIATO DA TRUMAN CAPOTE, CON GINA LOLLOBRIGIDA E HUMPHREY BOGART (CHE IN UN CRASH D’AUTO PERSE I DENTI E VENNE DOPPIATO DA PETER SELLERS). SE ROBERT CAPA (SCORTATO DA INGRID BERGMAN) SCATTAVA LE FOTO SUL SET, A FARE CIAK CI PENSAVA STEPHEN SONDHEIM, FUTURO RE DI BROADWAY – L’EFFEMMINATO CAPOTE CHE SI RIVELÒ UN BULLDOG BATTENDO A BRACCIO DI FERRO IL “DURO” BOGART - HUSTON E BOGEY, SBRONZI DI GIORNO E UBRIACHI FRADICI LA NOTTE, SALVATI DAL CIUCCIO-TAXI DEL RISTORANTE ‘’CUMPÀ COSIMO’’ - QUANDO CAPOTE BECCÒ IL RE D’EGITTO FARUK CHE BALLAVA ALLE 6 DEL MATTINO L’HULA-HULA NELLA CAMERA DA LETTO DI BOGART… - VIDEO + FILM

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...