1. AVVISATE LA BONINO CHE PER L’ITALIA SPUNTA L’ACCUSA DI VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI 2. NON SOLO NON È VERO CHE IL PASSAPORTO DI ALMA SHALABAYEVA ERA FALSO, MA LA MOGLIE DI ABLYAZOV, LA SERA DEL BLITZ, HA CHIESTO DI PARLARE CON I MAGISTRATI ROMANI, CHE PER TUTTA RISPOSTA L’HANNO MESSA SU UN AEREO E L’HANNO RIMPATRIATA 3. E POI, VOGLIAMO TAGLIARE LA TESTA AL TORO KAZAKO UNA VOLTA PER TUTTE? SE ABLYAZOV “È RICERCATO AI FINI DELL’ARRESTO DA TRE PAESI MEMBRI DELL’INTERPOL (KAZAKISTAN, RUSSIA E UCRAINA) PER GRAVI REATI”, RISPETTIVAMENTE PER APPROPRIAZIONE INDEBITA, TRUFFA E FALSO DOCUMENTALE; BENE, QUESTO COSA C’ENTRA, CON L’ESPULSIONE DECISA DALLE AUTORITÀ ITALIANE DELLA SHALABAYEVA E DELLA FIGLIA ALUA?

Guido Ruotolo per "La Stampa"

Scende in campo il numero uno dell'Interpol, Ronald K. Noble, per difendere gli italiani e più in generale le strutture Interpol nazionali. Bruciano le ferite aperte dalla gestione dell'affaire kazako, dell'espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua.

Noble punta le sue carte sul fatto che le autorità britanniche non abbiano mai voluto divulgare la notizia che al cittadino Ablyazov Mukhtar fosse stato concesso lo status di richiedente asilo: «Storicamente il Regno Unito non ha mai comunicato informazioni in merito alla concessione a un soggetto dello status di rifugiato/richiedente asilo, in quanto ritenuta questione riservata».

Ma il tentativo di giustificare così il comportamento italiano naufraga miseramente alla lettura del ricorso dei legali della signora Shalabayeva al Giudice di Pace di Roma, che si discuterà questa mattina. Perché accanto alla memoria difensiva, sono stati depositati gli allegati che confermano le ragioni della moglie dell'esule kazako.

RISARCIMENTI
Stamani gli avvocati Riccardo Olivo, Alessia Montani e Vincenzo Cerulli Irelli chiederanno al giudice di «pronunciare l'illegittimità del provvedimento prefettizio di espulsione. E ciò anche in prospettiva dell'eventuale promozione di ulteriori azioni giudiziarie, anche risarcitorie, nei confronti dello Stato italiano».

Illegittimo per l'assenza dei suoi presupposti. Illegittimo, perché la donna non doveva essere espulsa «per la sussistenza di gravi ragioni ostative al rimpatrio in Kazakhstan». È tremenda l'accusa che viene rivolta alle autorità italiane: «Aver compiuto gravi violazioni dei diritti umani, in particolare con riferimento al rispetto della vita privata e familiare, del diritto alla libertà e alla sicurezza». E sono state violate anche le Convenzioni internazionali che tutelano i fanciulli.

LATITANTE RIFUGIATO
Non sa, il numero uno dell'Interpol, Ronald K. Noble, che anche il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha cominciato a seguire la vicenda. Noble ritiene «davvero increscioso che il caso stia generando in Italia una attenzione mediatica così pressante».

Nella sua lunga nota spedita al Capo della Polizia, il prefetto Alessandro Pansa, Noble ricorda che Mukhtar Ablyazov «è ricercato ai fini dell'arresto da tre Paesi membri dell'Interpol (Kazakistan, Russia e Ucraina) per gravi reati». Rispettivamente per appropriazione indebita, truffa e falso documentale. Ma questo, ovviamente, con l'espulsione decisa dalle autorità italiane della signora Shalabayeva e della figlia Alua c'entra poco.

GEOGRAFIA DA RIPASSARE
Era stato l'Ufficio Interpol del Centro Africa, a riferire che «il passaporto esibito dalla signora Alma Shalabayeva, emesso dalla Repubblica Centro Africana, risulta falsificato». Nei due passaporti intestati alla donna, «quello rilasciato dal Kazakhstan e l'altro dalla Repubblica Centroafricana - si legge in una nota - risultano due luoghi di nascita differenti e in più, quello indicato nel passaporto della Repubblica Centro Africana, risulta addirittura inesistente».

Seccata la replica del legale della signora, Riccardo Olivo: «Il passaporto emesso dalla Repubblica Centroafricana è autentico, come confermato ancora una volta dal ministro della Giustizia di quello Stato, nella lettera del 18 luglio 2013. I luoghi di nascita sono gli stessi: in un passaporto viene menzionato il villaggio (Jezdi) nell'altro la regione (Karagandinskaya)».

GIUDICE A BERLINO
Le lettere del ministro della Giustizia della Repubblica Centroafricana, dei suoi ambasciatori a Ginevra e a Bruxelles confermano che quel passaporto mostrato dalla signora Shalabayeva era autentico. Come del resto spiegato anche dai giudici del Riesame del Tribunale di Roma: «L'intestazione ad Alma Ayan, anziché ad Alma Shalabayeva appare riferibile non a falsità ma alla necessità dell'indagata di sottrarsi a nemici politici del marito».

Del resto, prima di essere spedita su quel volo privato in Kazakhstan, la signora aveva chiesto di essere sentita dai magistrati romani. Ma non c'è stato tempo, la fretta è stata tiranna. Annotano i legali nel ricorso al Giudice di Pace, «che la polizia italiana fosse perfettamente a conoscenza sin dal 30 maggio della reale identità della signora Shalabayeva risulta inequivocabilmente dalla nota verbale dell'Ambasciata kazaka, ove si dà atto del possesso da parte della stessa di un valido passaporto kazako.

Roma disumana
Dunque, la moglie dell'esule voleva essere sentita dai magistrati romani. Scrivono i suoi legali: «A lei è stato impedito in ogni modo di esercitare i suoi diritti di difesa e anche di potersi esprimere nei confronti delle autorità di polizia nei tempi e nei modi necessari per la tutela dei suoi diritti».

A leggere la lettera del segretario generale dell'Interpol, Noble, ancora oggi la vicenda kazaka è una regolarissima vicenda amministrativa di espulsione e di ricerca di latitanti. «In sintesi, per qualsiasi Paese membro dell'Interpol che si fosse trovato a consultare le banche dati del Segretariato generale, il signor Ablyazov era un soggetto ricercato ai fini dell'arresto da tre Paesi membri dell'Interpol per gravi reati».

 

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