SCAJOLA-LAVITOLA-BERLUSCONI, SEMPRE PIU’ IN ALTO! - MENTRE LE “PROVVIGIONI” (EUFEMISMO) PER GLI AFFARI DI FINMECCANICA CON GLI STATI ESTERI ERANO DEL 10%, SCIABOLETTA AVREBBE CHIESTO L’11% - L’AD DI FINCANTIERI BONO CONVOCATO A PALAZZO GRAZIOLI DOPO AVER RIFIUTATO DI PAGARE LA “COMMISSIONE” A VALTERINO - “BERLUSCONI MI DISSE, ALLA PRESENZA DI LAVITOLA, DI TENERE BEN PRESENTE CHE ERA IL SUO FIDUCIARIO PER IL BRASILE…”

Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

Ogni commessa di Finmeccanica che veniva trattata a livello internazionale prevedeva una «tangente» per i mediatori. Le dichiarazioni dell'ex responsabile Relazioni istituzionali Lorenzo Borgogni, trovano conferma nei verbali di interrogatorio di altri manager che hanno partecipato in questi anni alle trattative con i governi stranieri.

E svelano come anche Silvio Berlusconi, quando era presidente del Consiglio, abbia sollecitato il pagamento di una percentuale sugli appalti per i suoi «emissari». Lo racconta Giuseppe Bono, direttore generale di Fincantieri, nel suo interrogatorio di fronte ai pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock del 26 settembre scorso.

«CONVOCATO A PALAZZO GRAZIOLI»
Borgogni già ha svelato la richiesta presentata dal ministro Claudio Scajola «di una percentuale dell'11 per cento per la vendita di undici fregate al governo brasiliano». A Bono viene dunque chiesto di chiarire che cosa accadde. E lui dichiara: «Dopo le intese che c'erano state a livello governativo, Valter Lavitola venne in Fincantieri e sostanzialmente mi disse esplicitamente che riteneva di meritare un compenso per l'attività svolta nella firma degli accordi governativi dove, a suo dire, Berlusconi si era determinato grazie al suo intervento.

Io gli feci osservare che l'intervento del presidente del Consiglio era doveroso, data la sua posizione istituzionale e quindi non ritenevo che l'azienda dovesse alcunché a Lavitola, anche perché non aveva mai ricevuto alcun incarico in tal senso. Successivamente fui convocato telefonicamente da Berlusconi a palazzo Grazioli nel 2011. Lavitola mi aveva preannunciato che mi avrebbe chiamato Berlusconi e quando mi arrivò questa telefonata pensai di recarmi accompagnato dall'avvocato Ioannucci.

Quest'ultima, per la verità, aveva ricevuto da Fincantieri un incarico per studiare la questione delle navi alla Guardia costiera di cui parlerò da qui a un attimo. Mi recai con Ioannucci a palazzo Grazioli e lì venivo ricevuto da Berlusconi e Lavitola. In quell'occasione Berlusconi mi disse, alla presenza di Lavitola, di tenere ben presente che Lavitola era il suo fiduciario per il Brasile. In quell'occasione ebbi la netta sensazione che Berlusconi era pressato da Lavitola.

L'incontro non ebbe altro contenuto che quello ora descritto, a parte gli «sfoghi» di Berlusconi sulle vicende giudiziarie che lo coinvolgevano. Mi riservo, consultando le mie agende di far conoscere con precisione la data dell'incontro avvenuto tra febbraio e marzo 2011. A partire da questo incontro non ho poi avuto più occasione di incontrarmi con il Lavitola per la questione del Brasile».

I 17 MILIONI ALLA CAPITANERIA
È lo stesso Bono a rivelare ai pubblici ministeri le procedure simili seguite per un altro affare che coinvolgeva Finmeccanica: la fornitura di navi alla Guardia costiera italiana. Racconta il manager: «Il bando - indipendentemente dal prezzo a cui si sarebbe aggiudicata la gara - prevedeva che nella determinazione del prezzo bisognava tenere conto di due navi usate della Guardia costiera che sarebbero state consegnate all'aggiudicataria. Il valore stimato dalla stessa Guardia costiera italiana era di 17 milioni di euro per tutte e due. Insomma nel prezzo bisognava tenere conto che per 17 milioni di euro avrebbero dato le navi e la differenza sarebbe stata pagata in monete.

Devo aggiungere che in questo stesso periodo (siamo sempre nel 2011) Lavitola riprese contatto con me per comunicarmi che le due navi che avremmo dovuto ritirare Berlusconi le aveva promesse al presidente del Panama Ricardo Martinelli all'interno dell'accordo stipulato dall'Italia con quel governo. Io risposi che le predette navi usate facevano parte del prezzo che la Guardia costiera avrebbe dovuto pagare per la nuova fornitura a Fincantieri e quindi se la Guardia costiera italiana non ce le avesse dato indietro avrebbe dovuto corrisponderci i 17 milioni.

In quel contesto dissi a Lavitola che se Berlusconi aveva promesso al governo di Panama le suddette navi, si sarebbe dovuto impegnare a far comunque confluire nella disponibilità della Guardia costiera i 17 milioni. In effetti così accadde, tant'è che di lì a poco vi fu un intervento normativo con il quale furono stanziati 17 milioni di euro alla Guardia costiera che la stessa Guardia costiera destinò a Fincantieri».

LA TANGENTE AL 10 PER CENTO
Il 4 giugno scorso viene interrogato Emilio Dalmasso, responsabile della vendita di elicotteri civili per AgustaWestland sin da quando l'azienda era guidata dall'attuale amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi. E dunque si è occupato della fornitura al governo di Panama nell'ambito dell'accordo più ampio firmato dal governo italiano. I magistrati gli chiedono se è al corrente del «contratto collaterale con una società di diritto panamense».

Si riferiscono alla Agafia che, dice l'accusa, è riconducibile a Lavitola e al presidente Ricardo Martinelli ed è il veicolo che sarebbe stato utilizzato per il pagamento di «mazzette». Il manager annuisce e svela i dettagli: «Fu Camillo Pirozzi, collaboratore di Paolo Pozzessere, con una mail inviatami qualche giorno prima della conclusione del contratto con Panama a segnalarmi che bisognava concludere anche il collaterale contratto con l'agente straniero che aveva favorito la conclusione degli accordi. Pirozzi mi comunicò i dati relativi alla percentuale concordata del 10 per cento». È la cifra stabilita anche per tutti gli altri affari esteri. Soltanto Scajola avrebbe chiesto un rialzo di un punto arrivando all'11 per cento.

 

Berlusconi e Scajola SILVIO BERLUSCONI CLAUDIO SCAJOLA berlusconi e lavitola a panamalavitola-berlusconiGiuseppe Bono - AD FincantieriI PM WOODCOCK E PISCITELLILorenzo Borgogni BERLUSCONI E RICARDO MARTINELLIRicardo MartinelliPAOLO POZZESSERE

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”