rivera meloni giorgetti

L’ASSE MELONI-GIORGETTI E’ UNA BELLA GRANA PER SALVINI - IL RAPPORTO TRA DONNA GIORGIA E IL MINISTRO DELl'ECONOMIA, MANDATO A VIA XX SETTEMBRE NONOSTANTE I MAL DI PANCIA DEL CAPITONE, È ATTESO A UNO STRESS TEST CHE RIGUARDA LA RIFORMA DELLA LEGGE BASSANINI E IL NUOVO GIRO DI NOMINE, A COMINCIARE DA QUELLA DEL DIRETTORE GENERALE DEL TESORO, CHE OGGI È ALESSANDRO RIVERA (MA LA MELONI VUOLE SILURARLO) – COME DAGO-RIVELATO DRAGHI HA PRESO LE DISTANZE DA RIVERA (“NON E’ UN DRAGHI-BOY") - I SUGGERIMENTI DI MARIOPIO A GIORGETTI SULLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO

Tommaso Labate per il Corriere della Sera

 

GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI

«Voi vi fidate di me, vero? Ecco, allora vi dovete fidare anche di lui». Nemmeno tre settimane fa, nel bel mezzo del complicatissimo rush finale della legge di bilancio a Montecitorio, Giorgia Meloni ha impacchettato questo messaggio che non prevedeva repliche; e, per tramite del capogruppo alla Camera Tommaso Foti e del ministro dei Rapporti col Parlamento Luca Ciriani, l'ha inviato a un pezzo del gruppo di Fratelli d'Italia che sotto traccia aveva iniziato a protestare contro il taglio ai fondi destinati al Parlamento, sceso all'improvviso da 400 milioni alla metà.

 

Il «lui» oggetto della discussione era Giancarlo Giorgetti, il ministro dell'Economia che nel chiuso della commissione Bilancio della Camera, in piena notte, aveva resistito alle pressioni di tutti i partiti della maggioranza - compreso quello della Meloni e il suo, per non parlare di Forza Italia - e blindato il testo della manovra rendendolo inaccessibile agli ultimi tentativi di assalto alla diligenza.

 

GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI

Ieri l'altro, dopo che il tandem Meloni-Giorgetti ha confezionato praticamente in solitaria la soluzione tampone per il caro-benzina, arginando tutte le voci in dissenso che erano pronte a levarsi dentro e fuori le stanze del governo, a più d'uno, dentro Fratelli d'Italia e anche dentro la Lega, è tornato in mente quel piccolo dettaglio di storia del dicembre scorso. Un dettaglio piccolo, ma neanche troppo, che racchiude il senso di una storia più grande, quella che racconta dell'asse portante del governo che pare costruito attorno allo strettissimo rapporto tra la presidente del Consiglio e il ministro dell'Economia.

 

Un inedito no, visto che la storia della Seconda Repubblica racconta di capi di governo politici e titolari del superministero che filavano d'amore e d'accordo, com' era stato nel biennio 2006-2008 con Romano Prodi e Tommaso Padoa-Schioppa. Ma visto che sulla retta che collega Palazzo Chigi a via XX settembre si sono spesso consumati scontri atroci, alimentate antipatie reciproche e manifestate opposte diffidenze, ecco che il rapporto privilegiato tra i due, Meloni e Giorgetti, diventa un elemento di novità.

giancarlo giorgetti giorgia meloni matteo salvini

 

Racconta un ministro del governo che «non è soltanto una questione di visione comune, come quella di attenersi ai dettami dell'Unione europea resistendo alla tentazione di sforare il budget»; e che «proprio Meloni e Giorgetti sono in piena sintonia», in un rapporto di amicizia che nasce da una stima reciproca lunga anni e mai accantonata, neanche nel momento in cui lei era l'unica leader di opposizione al governo (Draghi) di cui lui era ministro dello Sviluppo economico.

 

ALESSANDRO RIVERA

E che il fronte comune sia considerato un possibile elemento di disturbo, oltre che di pericolo, nel rapporto tra la presidente del Consiglio e il leader della Lega Matteo Salvini, lo dimostra la fermezza con cui - tra i corridoi di Palazzo Chigi - l'asse Meloni-Giorgetti venga di fatto smentito, derubricato a circostanze come «la legge di bilancio o il caro benzina in cui i due hanno avuto la stessa visione, il ché non vuol dire che la pensino allo stesso modo su tutto o che il loro sia un asse».

 

Fronte comune o meno, Meloni e Giorgetti sono stati finora l'asso e il tre di briscola che messi assieme, nel tavolo del consiglio dei ministri, si sono dimostrati imbattibili. Il loro rapporto è atteso a uno stress test che riguarda il nuovo giro di nomine (a cominciare da quella del direttore generale del Tesoro, che oggi è Alessandro Rivera) e la riforma della legge Bassanini, che agli atti è solo un foglio bianco. Più quello che verrà, e non è poco, sulla retta che collega Palazzo Chigi a Via XX settembre. Dove una volta si celebravano guerre aperte, adesso tira una brezza di pace che i protagonisti di questa storia tendono a nascondere.

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