POTENZE EMERGENTE – L’INDIA E’ LA NUOVA PROTAGONISTA SULLA SCENA MONDIALE

Michele Esposito per Lettera43.it

Dal caso dei marò alla sentenza contro le 'Big Pharma', dalla corsa alle armi al maggior peso specifico reclamato in seno alle Nazioni Unite: l'India punta i piedi sulla scena internazionale. E ormai non più solo sulla base di una crescita economica che può essere trascinante per le stagnanti economie occidentali.

A fare le spese della nuova ferrea volontà di imporsi indiana è stata di recente persino J Lo, alias Jennifer Lopez, già famosa per aver assicurato il suo didietro per svariati milioni di dollari: i suoi capricci da star non sono piaciuti ai leader del subcontinente. Che, senza pensarci due volte, hanno rinunciato all'esibizione della cantante, programmata per l'inaugurazione della stagione di cricket: gli indiani, era il messaggio, possono fare a meno di lei.

IL CASO LATORRE-GIRONE
L'ormai ex ‘Paese in via di sviluppo' amico dell'Occidente e contrappeso filo-statunitense al vicino gigante cinese è diventato un colosso che agisce a modo suo e alza la voce quando reputa calpestati i propri diritti. L'Italia, suo malgrado, ha toccato tutto questo con mano: la lunga vicenda dei due fucilieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, spina nel fianco della diplomazia italiana, è anche l'emblema della volontà indiana di giocare la parte del leone nei rapporti con le principali cancellerie mondiali.

CONTRO BAYER E LA ROCHE
Il caso Novartis, conclusosi il 1 aprile con una netta sconfitta per il colosso farmaceutico svizzero, appare così come una sorta di corollario alla nuova linea indiana. La sentenza con cui la Corte Suprema di New Delhi ha respinto il ricorso di Novartis sul brevetto di un medicinale anti-cancro, il Glivec, ‘copiato' dalle case farmaceutiche indiane è solo l'ultima puntata di una battaglia vecchia ormai diversi anni. Le prime vittime sono stati giganti del calibro della tedesca Bayer e della svizzera La Roche, che nel novembre 2011 si è vista revocare il brevetto di un farmaco contro l'epatite B dalla Corte d'appello indiana (Ipab).

LA BATTAGLIA DEL FARMACO
La linea del Supremo Tribunale ormai è chiara: scagliarsi contro l'evergreening, la pratica usata dalle ‘Big Pharma' per rinverdire un prodotto e rimetterlo sul mercato con un nuovo brevetto. A guadagnare da quest'ultima sentenza sono sì i malati, che risparmiano parecchi soldi, ma anche e soprattutto Cipla e Rambaxy, i principali gruppi farmaceutici indiani che possono vendere la ‘copia' del Glivec in tutto il mondo. Così New Delhi si conferma uno dei maggiori esportatori di farmaci generici.

Il caso Novartis ha peraltro riaperto il difficile rapporto tra l'India e la grandi multinazionali straniere. Lo scorso settembre, il governo guidato da Manmohan Singh aveva aperto il mercato nazionale alle grandi catene di distribuzione internazionali, prima relegate solo al controllo delle società di ingrosso, mettendo fine a una disputa lunga anni. Ma per le corporation le fatiche restano. Basti pensare a Walmart, il colosso della distribuzione americana, che puntava a diventare il leader del settore anche nel subcontinente: finora l'azienda è riuscita ad aprire solo cinque dei 22 punti vendita messi in cantiere. Colpa - hanno sottolineato fonti anonime dell'azienda al Wall Street Journal - delle «labirintiche procedure burocratiche» indiane a cui bisogna far fronte per sviluppare e rendere operativo un bene immobile commerciale. Walmart non è certo l'unica grande multinazionale ad aver toccato con mano il campo minato indiano e le rigidità del subcontinente.

DA VODAFONE A SHELL
Il primo aprile, in una lettera inviata al dipartimento delle telecomunicazioni di New Delhi, la divisione indiana della britannica Vodafone, secondo operatore per numeri di utenti nel Paese, ha contestato la decisione del governo di negare la proroga delle licenze per le attività della società in tre metropoli cruciali: New Delhi, Mumbai e Calcutta.

Il governo si è limitato a fornire al colosso una spiegazione stringata: «Cambio delle politiche nel settore». Ma l'India non fa sconti a nessuno: il gigante dell'It sudcoreano, Samsung, il 30 marzo ha ricevuto un avviso per mancato pagamento delle imposte - tra il 2006 e il 2007 - pari a oltre 1 milione di rupie. Simili avvisi sono arrivati nei mesi scorsi alla finlandese Nokia e al colosso olandese del petrolio, la Shell. Mentre la Posco, multinazionale sudcoreana dell'acciaio, attende da sette anni le licenze definitive per il suo mega-progetto nello Stato dell'Orissa, contestato dalla popolazione e dalle Ong locali.

IL BRACCIO DI FERRO ALL'ONU
Insomma: New Delhi si è scoperta dura con i partner commerciali. Ma ha anche cambiato strategia sui grandi palcoscenici internazionali: da tempo, ormai, reclama, un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, nonostante le resistenze con gli alleati. Ed è così convinta della propria forza da non aver problemi a manifestare un po' di scetticismo sullo storico Trattato internazionale sul commercio mondiale delle armi, approvato il 2 aprile dall'Assemblea generale dell'Onu. L'accordo, infatti, danneggerebbe i grandi importatori di armi. E l'India, tra il 2007 e il 2011, è divenuta il primo importatore al mondo con il 10% del mercato. Per fare la voce grossa, d'altra parte, bisogna essere ben piazzati. E New Delhi, di recente, non si lascia scappare un'occasione per ribadire la propria supremazia.

 

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