
“L'UCRAINA SARÀ IL VIETNAM DI TRUMP” – I MEDIA RUSSI VICINI AL REGIME PUTINIANO ATTACCANO IL PRESIDENTE AMERICANO REO DI LESA MAESTÀ CON L'ENNESIMO ULTIMATUM RIVOLTO A MOSCA PER PORRE FINE ALLA GUERRA IN UCRAINA - PUTIN IGNORA IL MESSAGGIO DI TRUMP: “L’OPERAZIONE MILITARE CONTINUA E MANTENIAMO IL NOSTRO IMPEGNO NEL PROCESSO DI PACE PER RISOLVERE LA SITUAZIONE IN UCRAINA GARANTENDO I NOSTRI INTERESSI” – TRUMP MINACCIA NUOVE SANZIONI SE LA RUSSIA DOVESSE CONTINUARE LA GUERRA...
Marco Imarisio per corriere.it - Estratti
(…) ieri molti media parlavano dell’Ucraina come del «nuovo Vietnam» che incombe su Donald Trump, reo di lesa maestà statale con il suo ennesimo ultimatum rivolto alla Russia, reiterato ieri con la promessa che risparmierà la Federazione da nuove sanzioni solo se «metterà fine alla guerra da qui a dieci giorni». Ma una volta preso atto della reazione patriottica all’insegna del «nessuno può rivolgersi così a noi», che dice molto su un complesso da superpotenza che avvolge questo Paese e la sua verticale del potere, è subentrata la fase degli interrogativi.
Cosa farà ora Vladimir Putin? Al momento, anche lui prende atto, come ha sostenuto il suo portavoce Dmitri Peskov. «L’Operazione militare speciale continua e manteniamo ancora il nostro impegno nel processo di pace per risolvere la situazione in Ucraina garantendo i nostri interessi». Tutto e niente, insomma. Come sempre in questi frangenti, il Cremlino preferisce attendere lo sviluppo degli eventi.
L ULTIMATUM DI TRUMP A PUTIN - VIGNETTA BY ELLEKAPPA
Ma se cambiamenti di linea vi saranno, non riguarderanno di certo l’attuale conflitto, come dimostrano anche i 27 civili uccisi ieri dai bombardamenti in Ucraina. La fine delle illusioni su una intesa cordiale Usa-Russia sta già portando il sistema Russia a un ulteriore ripiegamento su sé stesso. Interpellato al telefono, Sergey Markov, consigliere per gli Affari esteri di Putin dal 2011 al 2019, oggi semplice professore universitario munito però di altolocati e bene informati interlocutori, disegna un quadro allarmante.
«Putin non vuole deflettere dall’attuale modello: i professionisti combattono, i volontari aiutano e la maggior parte della popolazione vive una vita normale e pacifica. Ma se gli Usa sceglieranno davvero di schierarsi contro di noi, ben presto entreremo in una dimensione da “Tutto per il fronte, tutto per la vittoria”, perché ormai non possiamo più tirarci indietro. Così vinse l’URSS. Questa è ora l’Ucraina. Se ad agosto qualche “cigno nero” americano farà precipitare la situazione, ci sarà un cambiamento radicale nella strategia politica. Ai miei amici sto consigliando di godersi le ultime settimane di una vita spensierata».
Nessun cedimento
Quella di una ulteriore stretta sulla società civile, propedeutica a troncare e sopire qualunque reazione a una Operazione militare speciale prolungata nel tempo o peggio a una vittoria mutilata, chiamiamola così, non è una possibilità ma una certezza in divenire, ne sono prova i provvedimenti delle ultime settimane, che restringono il perimetro già non ampio delle libertà individuali. Anche a livello geopolitico, è in atto un veloce ritorno ai fondamentali della dottrina multiculturale. «Allora cosa abbiamo in questo momento?» si chiede Mikhail Rostovskij, editorialista del Moskosvkij Komsomlets che può vantare una frequentazione di vecchia data con Putin. «Le logiche interne e di politica estera chiedono a Trump l’ammaestramento della Russia.
Ma ci sono due ostacoli. Il primo è la Cina. La minaccia di tariffe secondarie draconiane contro i nostri partner commerciali implica che anche Pechino dovrà capitolare agli Usa. Trump spara a zero sul duo Mosca-Pechino, cercando di strappare i "buoni" cinesi dai "cattivi" russi. Noi pensiamo che la leadership cinese sia ben consapevole del significato di questo gioco».
Appare ovvio quale sia il secondo ostacolo. Ieri il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha affermato che per la prima volta nella storia, la Russia combatte da sola contro l’intero Occidente. «Dobbiamo fare affidamento solo su noi stessi. Non dobbiamo ammettere né debolezza né cedimento». E questo riporta all’ulteriore torsione alla quale da tempo viene sottoposta la società russa. Perché in fondo, forse Putin e gli altri ci hanno senz’altro sperato, in un cambiamento radicale delle loro relazioni con la parte più importante dell’Occidente, ovvero l’America. Ma non ci hanno mai davvero creduto.